Era il 23 dicembre 1995, Cosa nostra trapanese ammazza l’agente penitenziario Giuseppe Montalto, l’ultimo delitto eccellente prima di inabissarsi
Ci sono immagini, foto, video, che a iosa testimoniano la violenza sanguinaria di Cosa Nostra. Vedere quei morti ammazzati suscita ribrezzo, angoscia, ma spesso come momenti passeggeri, non c’è la rabbia che con il desiderio di riscatto dovrebbero scatenarsi. Ancora siamo in ritardo perché Cosa nostra, a Trapani, prima di essere un movimento criminale e sanguinario, è un movimento culturale, prima di mettere mano alle armi, la mafia trapanese ha saputo incunearsi tra la gente, non a caso oggi continua a valere come legale un sistema profondamente illegale, come hanno disvelato ulteriormente le ultime operazioni antimafia condotte nella provincia di Trapani. Quando mi capita di raccontare delle malefatte della mafia trapanese, quella che “governa” la società con l’aiuto della massoneria, racconto sempre del delitto di Giuseppe Montalto, agente della Polizia Penitenziaria. Trapanese, in servizio all’Ucciardone di Palermo, dopo essere stato in servizio nel carcere di Torino, fu ammazzato la sera del 23 dicembre 1995 dal sicario di fiducia della mafia, il valdericino Vito Mazzara. Killer spietato quanto preciso, sparò a Montalto mentre questi era risalito in auto dove ad attenderlo già sedute c’erano, al suo fianco la moglie, Liliana Riccobene e la figlioletta Federica di appena 10 mesi, sul sedile posteriore. Restarono illese, Liliana vide accasciarsi il marito, senza poter far nulla, mesi dopo saprà che in grembo portava la loro seconda figlia Ilenia. Giuseppe Montalto fu ucciso perché i mafiosi in libertà dovevano fare avere un regalo ai mafiosi detenuti al 41 bis, l’omicidio di Giuseppe Montalto fu il regalo di Natale della spietata mafia trapanese. I mafiosi si ricordarono di lui quando ci fu da scegliere il bersaglio, perché Giuseppe Montalto aveva intercettato in carcere molti mesi prima della sua uccisione , uno scambio di pizzini. Nell’aprile del 1995 ad un certo punto si trovarono in carcere a Palermo, a distanza ravvicinata, durante l’ora d’aria, un paio di pezzi da novanta, Mariano Agate, il capo della mafia di Mazara, i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano e Raffaele Ganci, tutti e tre boss palermitani. Un agente notò uno strano movimento, decise di mettere a parte i quattro per la perquisizione, in questo frangente Giuseppe Montalto vide Raffaele Ganci far scivolare dietro una tubatura un foglietto, lo prese e lo consegnò al suo superiore raccontando quello che aveva visto. Per avere intercettato quel «pizzino» fu segnato a morte dai boss e per questa ragione fu ucciso Questa la voce corsa in un summit di mafia a Salemi prima del delitto,“dobbiamo vedere di fare il più presto possibile, così per Natale ci facciamo un regalo a qualche amico che è in carcere…”. Con il delitto di Giuseppe Montalto i detenuti al 41 bis “si facevano il Natale più allegro”. Vito Mazzara, condannato all’ergastolo, è lo stesso sicario che uccise il giornalista Mauro Rostagno, quella sera non agì da solo, c’era un altro complice ad accompagnarlo, è rimasto il sospetto di chi fosse, sotto processo per il delitto Montalto finì anche un ex consigliere comunale del Psi trapanese, Franco Orlando, ufficialmente politico e “portaborse” del deputato regionale Bartolo Pellegrino, ma di fatto mafioso riservato a tempo pieno. Orlando però è stato assolto in forma definitiva. E il secondo sicario del delitto Montalto resta senza nome. Un delitto che attende ancora giustizia e completa verità quello di Peppe Montalto. Bisognerebbe ancora indignarsi solo per questo, ma bisognerebbe riempirsi di rabbia a rileggere le parole scritte anni addietro dalla figlia, Federica, oramai cresciuta come la sorella Ilenia, tutte e due non hanno conosciuto il papà, oggi sono diventate due donne bellissime, la vita che reagisce alla mafia con la bellezza di Federica e Ilenia. Non possiamo continuare a restare distaccati rispetto alle orrende azioni della mafia sopratutto rileggendo le parole scritte da Federica: “Caro Papà, mi manchi. Siamo stati insieme per pochi mesi e non mi ricordo niente di te. Ho imparato a conoscerti solo attraverso i racconti della mamma che mi diceva molte cose belle sulla nostra vita insieme. Mi sarebbe piaciuto conoscerti e trascorrere dei bei momenti con te, come tutti i papà fanno con i propri figli. Ma questo non ci è stato permesso perché ti hanno portato via da me quando ancora non potevo capire cosa stava succedendo. Non mi ricordo il momento in cui hanno detto che non c’eri più e sono cresciuta con il vuoto della tua assenza. Quella sera quando te ne sei andato, io la mamma e Ilenia, che era nella sua pancia, abbiamo corso un grande pericolo e tu sei morto per salvarci. Tante volte mi sono chiesta perché ti hanno portato via da me e a questa domanda non ho mai saputo rispondere. La mia vita con te sarebbe stata più facile perché è molto difficile crescere senza un padre. Ogni volta che ti penso, ti immagino felice e sorridente, come nelle poche foto che abbiamo insieme. Per quello che sei stato, ti voglio bene e sei il mio eroe”. Peppe Montalto pochi giorni addietro è stato ricordato con una manifestazione sportiva indetta da Libera e Uisp, un torneo di pallavolo che è una costante ma che non riceve adeguata pubblica attenzione come invece meriterebbe. Giuseppe Montalto non è stato mai considerato un morto ammazzato eccellente, perché non era uomo che sedeva nei posti alti delle istituzioni, era un semplice uomo, agente di Polizia Penitenziaria, secondino si diceva una volta, oppure guardia carcere. Giuseppe Montalto era soprattutto un uomo servitore dello Stato, fedele sempre, traditore mai, un comportamento che, dopo la sua morte, gli è valsa una medaglia alla memoria che però non ha restituito pieno onore perché sono mancate nel tempo memoria e ricordo del sacrificio di questa persona che ha pagato con la vita, come altri, alcuni celebrati, molti no, il senso dello Stato. Un omicidio che per i mafiosi era “una cosa buona”…parole di Matteo Messina Denaro il capo di Cosa nostra trapanese e forse non solo della mafia di Trapani. Mentre la sera di Natale del 1995 in un casa alla periferia di Trapani una famiglia piangeva Giuseppe Montalto, i boss si incontravano per la cena degli auguri, in un banchetto organizzato a Valderice, a pochi chilometri da Trapani, a casa di uno dei fidati fiancheggiatori dell’allora latitante capo mafia Vincenzo Virga e dalle cucine di un albergo valdericino uscirono e arrivarono importanti portate: pasta con l’aragosta, pesci al cartoccio, cacciagione, ma soprattutto le bottiglie di champagne. «Brindammo – ha raccontato il pentito Vincenzo Sinacori – con lo champagne», 24 ore dopo che era stato assassinato Giuseppe Montalto. Anni dopo, nel 1999, un’intercettazione della squadra Mobile colse il colloquio tra due cugini di Virga, Franco e Baldassare: «A pecora mia “dammaggio” non ne fa, ma sempre pecora è», così, con questa frase tipicamente trapanisi, Vincenzo Virga spiegava a loro perché Giuseppe Montalto era stato ucciso, nell’immaginario crudele dei mafiosi la pecora era lui, lui era l’animale, perché’ faceva il suo lavoro onestamente, e aveva fatto tanto danno da meritare di essere ucciso. La storia giudiziaria, i libri, certe fiction efficaci, come quella appena trasmessa dalla RAI e firmata da Pif, ci hanno consegnato la storia di una mafia palermitana spietata. A Trapani invece c’è un muro di gomma, che avvolge tutto e inghiotte ogni cosa, tanto che ieri si diceva che la mafia non esisteva, anche davanti ai morti ammazzati, e oggi si sostiene che la mafia è sconfitta, nonostante la scandalosa perdurante latitanza di Matteo Messina Denaro. A Trapani , è successo fino a ieri, quando si arrestano complici diretti o indiretti di questa latitanza, c’è chi alza la voce…contro chi fa gli arresti, e chi fa questi trova anche applausi. A Trapani la mafia ancora oggi sa come reagire a chi cerca di ribaltare le false verità che sono servite a coprire affari e inciuci criminosi e criminali, contro chi fa vedere che la mafia di oggi non ha più bisogno di coppole e lupare, ma anche di qualcuno che sappia solo scrivere bene e origliare ancora meglio. Oggi c’è una società che non reagisce con rabbia e dolore dinanzi anche alla morte di Montalto, e alle parole di Federica, perché c’è anche una informazione che non è libera, non ha bisogno di essere complice di qualcuno per forza, basta solo che sappia non essere libera e che serva solo a continuare a far fare affari illegali.