Trapani, niente sindaco ci sarà il commissario

Il “dem” Savona non riesce a sfondare, non raggiunto il quorum degli elettori. I commenti del dopo voto e si parla di “poteri forti” che hanno condizionato le elezioni. Il sindaco uscente Damiano parla di presenze condizionanti ed evanescenti

Il candidato “dem” Pietro Savona al ballottaggio “anomalo” di Trapani è stato battuto da un avversario invisibile, il quorum. Gli elettori trapanesi, all’incirca 60 mila, hanno scelto di seguire gli appelli a non andare a votare arrivati innanzitutto dai candidati che all’inizio di queste elezioni sono stati dati per accreditati alla vittoria, e cioè l’ex sindaco Girolamo Fazio e il senatore di Forza Italia, separati e avversari dentro la casa del centro destra. In piena campagna elettorale Fazio e D’Alì sono stati raggiunti da provvedimenti giudiziari che li hanno azzoppati ma non li hanno indotti a ritirarsi: Fazio è finito per due settimane ai domiciliari perché accusato di corruzione nell’ambito dell’indagine “Mare Monstrum”, l’inchiesta che ha fatto scoprire una vera e propria tangentopoli all’interno della gestione dei trasporti marittimi siciliani; D’Alì si è ritrovato con una richiesta di soggiorno obbligato a Trapani, soggetto socialmente pericoloso, definito così dalla Dda di Palermo per via dei rapporti con i famigerati mafiosi Messina Denaro. Fazio non ha acciuffato l’elezione ma è stato il più votato, a primo turno e si è fermato al 31 per cento, accedendo al ballottaggio assieme a Savona (28 per cento) riuscito a superare di cinque punti percentuale il senatore D’Alì. Fazio è rimasto tanto male per la mancata elezione a primo turno che ha deciso di autoescludersi dal ballottaggio, non presentando la lista degli assessori. Ha così lasciato da solo il candidato del Pd Pietro Savona. La legge elettorale della Regione Sicilia in questo caso prevede un doppio quorum da battere, l’affluenza alle urne della metà più uno degli aventi diritto, e la conquista del 25 per cento dei consensi. Savona non ha avuto bisogno di attendere la conta delle preferenze, già alle 19 con una percentuale dei votanti del 16 per cento ha ammesso la sconfitta. “Non mi sento deluso da Trapani per il fatto stesso che siamo arrivati al ballottaggio battendo sul campo il sen. D’Alì è un segnale chiaro che la città ha dato alla politica cittadina e ritengo che se Fazio non avesse gettato la spugna avremmo conseguito un ulteriore risultato straordinario. Era una battaglia difficile con una legge elettorale che ha posto una asticella così elevata che ha generato ulteriore demotivazione tra i cittadini. A questo aggiungiamo la feroce propaganda palese per il “non voto” che ha visto accomunati D’Alì e Beppe Grillo in particolare, che ha ulteriormente creato confusione; sono prevalsi gli interessi di bottega a danno di quelli dei cittadini. Devo dare atto, invece, alla Chiesa locale di avere percepito la gravità delle vicende trapanesi. Oggi il Governo regionale dovrà nominare il commissario che si insedierà a Palazzo D’Alì, sede del Municipio con pieni poteri sostitutivi del sindaco, della Giunta e del Consiglio comunale. Il nome del commissario è già pronto, il Governatore Crocetta ha deciso di nominare l’ex procuratore della Repubblica di Palermo Francesco Messineo, che ha appena finito di essere commissario straordinario al Comune di Castelvetrano, dove svolgeva le funzioni proprie del Consiglio comunale: ha passato i poteri alla commissione straordinaria insediata dopo lo scioglimento per inquinamento mafioso del Comune. E a Trapani per la verità lo scenario non appare molto diverso da quello di Castelvetrano. Lo dice proprio il sindaco uscente, Vito Damiano, ex generale dei Carabinieri e protagonista di un quinquennio parecchio agitato per lui, sopratutto dopo avere rotto, già a pochi mesi dalla sua elezione, con i suoi sostenitori, che sono gli stessi protagonisti assoluti della campagna elettorale appena conclusasi, ossia D’Alì e Fazio. A fine mandato Damiano ha deciso di parlare tanto, tracciando il bilancio della sua amministrazione, tra azioni portate a termine e incompiute. “A Trapani – ha detto Damiano – c’è un qualcosa che determina o cerca di determinare le scelte, un condizionamento evanescente, con intralci che compaiono improvvisamente, una sorta di condizionamento occulto, fatti da approfondire”. Mafia e massoneria? “Non lo so, mi dispiace che i trapanesi non siano profondamente responsabili, l’immagine che ho è quella di un paese che sta a guardare da dietro le persiane”. Anche Savona non nasconde il ruolo esercitato da quelli che definisce “poteri forti”.“I poteri forti di questa città quali interessi potevano avere alla mia elezione? Questa battaglia elettorale a Trapani avrebbe dovuto assumere connotazioni nazionali per la difesa delle Istituzioni dal malaffare, dalla corruzione e dalla criminalità organizzata, ma questo messaggio non è stato capito dalle forze politiche, purtroppo anche del mio partito nazionale che ha perso una grande occasione in Sicilia”. E questo è uno scenario che potrebbe far saltare le previsioni di nuove elezioni in coincidenza della tornata amministrativa dell’aprile 2018, Trapani forse mai come ora è vicina ad una procedura di accesso, come è già accaduto a Castelvetrano, a caccia dell’inquinamento mafioso.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.