Così è se vi pare

Niente sindaco, niente Consiglio e forse è presto per parlare già di prossime elezioni.

Non siamo tra quelli che sostengono la convergenza di tutti i mali possibili sulla prossima gestione commissariale del Comune di Trapani. Siamo tra quei pochi che sostengono invece come i trapanesi si sono fatti male da soli per avere rinunciato all’esercizio del diritto dovere del voto in un momento parecchio delicato per la città. I cittadini trapanesi hanno dimostrato che possono essere condizionati e lo hanno fatto a danno dell’esercizio  di uno dei diritti e dei doveri più importanti che stanno scritti sulla Costituzione, il diritto al voto. E’ bastato che due leader politici, Fazio e D’Ali’ ,  decidessero la via dell’astensione al ballottaggio del 25 giugno, in attesa di tempi, per loro, migliori, e subito i trapanesi hanno scelto di ubbidire. Abdicando a danno di diritti e doveri. Fazio e D’Ali’ si sono inventati la qualsiasi contro l’unico candidato rimasto in corsa, il “dem” Pietro Savona. Hanno dipinto tutti i mali possibili attorno a questo candidato, dimenticandosi dei loro guai, i contatti con la mafia, prescritti giudiziariamente, ma veri, reali, e ancora le mazzette e le tangenti per far diventare potente e monopolista l’armatore Morace. Ma Trapani è questa, disattenta rispetto a fatti giudiziari veri, concreti, ma pronta a riconoscere reati e colpevoli laddove non ce ne sono. Perché a Trapani tutto è sempre a posto, soprattutto quando a posto non c’è nulla. La sostanza finale di questa campagna elettorale è questa: Trapani non doveva più votare dopo che D’Alì e Fazio al primo turno sono stati sostanzialmente sconfitti. Sia pure detentori del 60 per cento dei consensi elettorali alle ultime amministrative, un consenso però diviso e quindi insufficiente ad ognuno dei due per vincere. Fazio non ha acciuffato l’elezione a primo turno, D’Alì addirittura è stato tagliato fuori dal ballottaggio. Fazio ha preferito non rischiare l’immagine dell’uomo forte affrontando un ballottaggio contro Savona, e dinanzi all’incertezza di un secondo turno a suo favore ha preferito fuggire via, capeggiando poi l’appello al non voto. Fingendo fino all’ultimo che lui non era responsabile di nulla, presentandosi al seggio a votare, presumibilmente annullando il voto. Seguito in questo da D’Alì che ha di fatto sposato la strategia del suo ex enfant prodige. Strategia politica diversa quella dei Cinquestelle, insoddisfatti del consenso raccolto, speranzosi di riguadagnare terreno, ma nella sostanza anche loro hanno cavalcato l’astensione targata Fazio e D’Alì. Anche loro si sono fatti condizionare. I trapanesi hanno sposato la tesi dei padroni del vapore, D’Alì e Fazio hanno detto, con parole ed azioni, ottenendone incredibile ragione, che senza di loro la città non può permettersi di votare. A Trapani può esserci solo il loro governo, non altri governi. Dobbiamo dirvi che ci viene difficile indicare quali errori abbia potuto commettere l’unico candidato rimasto in corsa, Pietro Savona, sappiamo invece gli errori che ha commesso il suo partito, il Pd, incapace ancora una volta di parlare alla città, al cuore della città. Anzi, il Pd ha cominciato a parlare alla città fuori tempo massimo. Averlo cercato di farlo nelle due settimane dopo il voto del primo turno è stato troppo tardi, avrebbe dovuto farlo già all’indomani di quel voto del maggio 2012, uscendo da quel disastro che lo aveva visto diviso. Doveva immediatamente allora recuperare compattezza, ma invece abbiamo assistito a tanti balletti, ad un certo punto raggiungendo l’apice dell’essere inconcludente, con un gruppo consiliare tanto diviso così da perdere il diritto alla sua stessa esistenza nell’aula di Palazzo Cavarretta. Pietro Savona ha fatto il massimo, ma per troppo tempo lo ha fatto senza avere per intero dietro di se tutto il partito. Ma nonostante tutto questo siamo fermamente convinti che la sua amministrazione era quella che serviva alla città per ripartire. Savona non sarebbe stato un uomo solo al comando, ma un uomo che al comando ci sarebbe stato con un pezzo di città. Ma ai trapanesi non piace la partecipazione alle scelte, amano sempre qualcuno che comandi a loro nome. Anche a loro apparente insaputa. Trapani ha scelto di restare ferma al palo, in attesa che lo starter torni a sparare per far ripartire la corsa. Ai nastri di partenza sono tornati D’Alì e Fazio. In assoluta arroganza e spregiudicatezza. Forse passeranno il testimone ad altri, forse potrebbero trovare un candidato che possa andare bene a tutti e due. Oggi pensano , forti dell’esito del ballottaggio,  che loro hanno vinto. Ma non hanno vinto. Non hanno vinto perché hanno fatto male i loro conti. Una città che appare condizionabile nell’esercizio del voto, una amministrazione, quella uscente, che come ha deciso di raccontare il sindaco Vito Damiano, avrebbe subito pressioni e inquinamenti nell’attività quotidiana, con dirigenti pubblici che si sarebbero prestati a demolire di pomeriggio quello che la mattina si riusciva a definire, è una città che non è libera, ma che risulta pesantemente occupata. Da chi e da cosa non spetta noi dirlo, ma siamo sicuri che gli organi istituzionali preposti se ne interesseranno molto presto. Quello che sta accadendo in queste ore, il sindaco non eletto, il Consiglio comunale non proclamato, non sono fatti frutto solo di una campagna elettorale partita con i botti e conclusasi con altri botti. Ma sono il risultato di una politica capace negli anni solo di servire interessi privati e per nulla pubblici. Questo è uno scenario che a nostro avviso non porterà a nuove elezioni fra 12 mesi. Forse per tornare a votare di mesi ne occorreranno 18, quelli classici che servono per ripulire una amministrazione prima e una città dopo , da gravi incrostazioni. Trapani è una città dove la mafia ha ampiamente dimostrato di esistere, Trapani è una città dove la corruzione non è stata qualcosa di occasionale, ma strutturata, bene strutturata. Dove certe condanne sono diventate assoluzioni, dove prescrizioni sono state presentate come dichiarazioni di non colpevolezza. E allora c’è bisogno di un commissariamento, che non potrà che essere il minore dei mali, un commissariamento lungo e salutare. Intanto ci sorbiremo quello che verrà deciso dal Governo Crocetta. Ma dopo ne potrebbe arrivare un altro. Quello che si mette sul campo quando infiltrazioni e inquinamenti hanno un odore criminale. Le condizioni ci sono tutte. Così è se vi pare.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.