Ong, sviluppi clamorosi

Indagato don Zerai che esclude contatti però con la Iuventa. Dai racconti dei migranti la storia di violenze subite e dei 1500 dollari chiesti per il viaggio dai trafficanti di uomini. Il nuovo procuratore Morvillo al fianco dei pm

C’è anche il sacerdote eritreo don Mussie Zerai tra gli indagati della Procura di Trapani nell’ambito dell’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che ha condotto lo scorso 2 agosto al sequestro della nave Iuventa della Ong tedesca Jugend Rettet. Don Zerai è noto per essere fondatore e presidente dell’agenzia di informazione Habeshia, per “la Cooperazione allo Sviluppo”, definita “il salvagente dei migranti”. Con una chat offre assistenza telefonica ai migranti. Un’attività di solidarietà, tesa a salvare le vite dei migranti, che se nel 2015 lo ha portato ad essere candidato al Nobel per la Pace, oggi lo ha fatto finire indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. A dare notizia del provvedimento è stato lo stesso sacerdote, con una nota scritta sul suo blog. Il nome di don Zerai è venuto fuori dalle dichiarazioni rese alla Polizia da Cristian Ricci, titolare della Imi Security Servicers, la società incaricata della sicurezza sulla nave di un’altra Ong, la Vos Hestia della Ong Save the children. Nell’ordinanza del sequestro della Iuventa è poi riportata una intercettazione tra Ricci e un altro operatore della stessa security, Pietro Gallo. La Procura infatti per sincerarsi della genuinità delle denuncia di Ricci, l’aveva apposta sottoposto a intercettazioni. Ricci dopo essere stato sentito dalla Polizia ha chiamato Gallo per informarlo. E Ricci svelava: “gli ho detto quella storia di quegli eritrei, di quello che dicevano che un prete aveva mandato un messaggio …già lo sapevano questo fatto! che gli è arrivato il messaggio dal prete eritreo e noi ci siamo recati là e abbiamo trovato il barcone di legno ..esatto! e a bordo avevamo il mediatore eritreo .. una cosa strana … esattamente …”. Insomma nell’indagine che vede la Iuventa come una sorta di “taxi del mare” per i migranti, e non una sorta di vera e propria nave per i salvataggi, entra clamorosamente don Zerai che sul blog ha così replicato: “Io ho sempre agito con trasparenza, comunicando prima al telefono e poi via mail, le richieste di soccorso che mi arrivavano alla guardia costiera italiana maltese e all’Unhcr, come richiesto dalle procedure. Non ho mai fatto parte di chat segrete con le Ong. Il mio scopro è la mia priorità sono sempre stati salvare vite umane”. Don Zerai ha tenuto a indicare una per una le Ong con le quali è in contatto, Medici Senza Frontiere, Sea Watch, Moas e Watch the Med, “ogni volta ho informato la centrale operativa della Guardia Costiera italiana e il comando di quella maltese. Se il provvedimento che mi riguarda è da mettere in relazione alla Iuventa e alla Ong Jugend Rettet affermo che non ho invece mai avuto contatti diretti con loro, le mie comunicazioni sono state sempre inoltrate tramite un normalissimo telefono cellulare. Tutte le segnalazioni sono il frutto di richieste di aiuto che mi sono state indirizzate non da battelli in partenza dalla Libia, ovvero al momento di salpare, ma da natanti in difficoltà al largo delle coste africane, al di fuori delle acque territoriali libiche e comunque dopo ore di navigazione precaria e pericolosa”. Oggi a Trapani si è insediato il nuovo procuratore, Alfredo Morvillo, fratello di Francesca, morta con il marito Giovanni Falcone nella strage di Capaci del 1992. Morvillo ha risposto alle domande dei giornalisti sull’indagine:“Il nostro perimetro è segnato dall’ipotesi di reato. Se c’è, si deve indagare”. Parole che confermano il suo sostegno all’indagine in corso. L’inchiesta dei pm trapanesi Tarondo e Sgarrella, condotta da Squadra Mobile Trapani e Sco, dunque va avanti, e a parte il caso Zerai, ancora da meglio conoscere nelle circostanze, ha messo in evidenza la eccessiva confidenza tra equipaggi della Iuventa e i trafficanti di uomini, gli stessi che trattano i migranti come vera e propria merce da spedire verso l’Europa, in cambio di circa 1500 dollari pagati in media da ognuno dei clandestini, e che nell’attesa delle partenze schiavizzano gli uomini e violentano le donne. Persone dunque da far arrestare e non aiutare a tornare indietro una volta compiuti i trasbordi.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.