Dallo stereotipo al pregiudizio

 

Riconoscere la diversità non è razzismo. È un dovere che abbiamo tutti.
Il razzismo però deduce dalla diversità degli altri uomini la diversità dei diritti.
Noi invece pensiamo che i diritti siano gli stessi per tutti gli uomini. 
Giuseppe Pontiggia

La parola stereotipo deriva da un termine tecnico dell’ambito tipografico,  indicava, infatti, uno stampo in carta pesta particolarmente rigido e resistente e usato svariate volte per imprimere un simbolo. Mutuato nelle scienze sociali è diventato sinonimo di scorciatoia mentale ma anche di valutazione rigida e inflessibile, capace di attribuire caratteristiche stabili ad intere categorie di persone. In effetti è sia l’una che l’altra cosa, senza stereotipi non potremmo categorizzare la realtà nè accedere facilmente alla quotidianità, ma il rischio è che uno schema utile per certi versi diventi una valutazione e un giudizio tanto grossolano da non essere corretto, in primis, e immodificabile, come causa secondaria e ben più grave.

Strategie mentali, dicevamo, perchè permettono di accelerare processi come la categorizzazione (gli anziani hanno i capelli bianchi, i bambini sono di bassa statura) ma approssimativi perchè non descrivono ciò che c’è di diverso tra i membri della categoria, ma sono appunto modo schematico di mettere insieme gli aspetti comuni, quindi quelli più superficiali. Schemi che diventano rigidi quando non permettono alla realtà circostante di darci nuove informazioni, specie con l’esperienza diretta, il miglior caso da cui prendere spunto per rivedere queste categorizzazioni.

Un altro rischio è quello che nutrire i pregiudizi modifichi il nostro comportamento al punto da generare le classiche profezie che si autoavverano. Facciamo un esempio più pratico per capire: immaginiamo che uno stereotipo sia quello di considerare i siciliani come gente poco calorosa, anzi fredda e distaccata, e che una volta conosciuto un isolano cominciamo a comportarci aspettandoci questa reazione a qualsiasi nostra richiesta, è chiaro che il nostro atteggiamento avrà influenza su quello che farà il nostro interlocutore, e che se ci mostriamo freddi e distaccati a nostra volta è tanto più probabile che dall’altra parte torni un atteggiamento simile. Aspettandoci, dunque, determinate conseguenze agiamo in modo da causarle. Il nostro stereotipo intanto si è trasformato in un pregiudizio che non ci ha dato modo di conoscere altro di chi abbiamo di fronte e con tutta probabilità l’esperienza di conoscenza, piuttosto, non farà altro che confermare la nostra idea iniziale.

Se a ciò aggiungiamo che tendiamo a ricordare meglio e con più precisione gli episodi che confermano le nostre credenze o le nostre ipotesi, sempre perchè il nostro cervello tende a mettere in atto delle scorciatoie, il danno è fatto. Da una facilitazione lo stereotipo si è trasformato in un pregiudizio precludendoci, invece, la possibilità di andare oltre apparenze e categorie. L’antidoto? Provare a guardare sempre con occhi nuovi ogni nuova esperienza, soprattutto quella di conoscenza di persone nuove, di modo che si possa dare a noi stessi e all’altro la possibilità di sorprenderci e di crescere grazie alle nostre diversità.

 

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Simona De Simone, psicologa e psicoterapeuta. Divoratrice instancabile di libri e del buon cibo. Appassionata di scrittura e mamma di Alqamah sin dal principio.