Proposta la confisca di 30 milioni di beni contro il gruppo imprenditoriale trapanese, i giudici acquisiscono il fascicolo “D’Alì”, pm discute il 17 ottobre
A quattro anni dal sequestro preventivo è giunto alla discussione finale il procedimento che riguarda la proposta di confisca dei beni al gruppo imprenditoriale Morici di Trapani. La proposta, frutto di un lavoro investigativo di Polizia e Finanza, colpì Francesco e Vincenzo Morici, padre e figlio. Francesco Morici è deceduto qualche mese addietro. Il patrimonio a rischio confisca, oggi soggetto a sequestro preventivo, disposto dal Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani, ammonta a circa 30 milioni di euro. Il prossimo 17 ottobre comincerà la discussione con l’intervento della pubblica accusa. All’ultima udienza, martedì scorso il Tribunale ha dichiarata conclusa la fase della acquisizione delle prove, pm e difesa hanno prodotto gli ultimi documenti. Il pm Andrea Tarondo ha chiesto e ottenuto l’acquisizione dell’intero fascicolo relativo alla proposta di sorveglianza speciale che la Dda di Palermo ha avanzato nei confronti dell’ex sottosegretario all’Interno e attuale senatore di Forza Italia, Tonino D’Alì. Il nome di D’Alì peraltro è stato parecchio ricorrente nel corso del procedimento, sin dalle sue battute finali. Il procedimento ha messo in luce negli interventi della pubblica accusa le collusioni tra mafia, politica e impresa, dove il gruppo imprenditoriale Morici avrebbe avuto un ruolo preminente. In questo crocevia di collusioni si inserisce il ruolo di complicità della politica che secondo il pm è rappresentato dal senatore forzista trapanese. Grazie al crocevia criminale di interessi, già secondo il rapporto informativo condotto da Polizia e Finanza, tra il 2001 e il 2013 gli imprenditori colpiti dal sequestro hanno fatto incetta di appalti, grandi appalti. I Morici ai giudici sono stati rappresentati come i maggiori e più famosi imprenditori edili siciliani, inseriti nell’ambito della cosidetta “borghesia mafiosa”, “quella alla quale appartengono soggetti non per forza punciuti ma la cui aggressività imprenditoriale sembra essere mutuata proprio sul modello mafioso”. L’holding dei Morici a Trapani hanno costruito di tutto: dai quartieri popolari Iacp, ai complessi residenziali abitativi, rioni dove si sono insediati uffici e abitazioni, urbanizzazioni e servizi, grandi opere, le nuove banchine del porto, la Funivia tra Trapani ed Erice, si sono occupati del risanamento del litorale della città, con il recupero di antiche mura, ma i loro interessi sono stati esercitati anche nella cantieristica navale o ancora, nell’editoria e nell’informazione televisiva. Appalti anche in altre parti dell’isola e d’Italia, negli anni 2000 i Morici si sono posti per l’accusa a capo di uno strutturato cartello di imprese. L’indagine al suo primo apparire fu denominata “Corrupti mores”, comportamenti, usi, “corrotti”. Dentro l’indagine appalti che sarebbero stati condotti non rispettando i capitolati in ogni loro parte così da ricavare ingente denaro servito a corrompere pubblici funzionari, a pagare i politici, a sostenere le necessità dell’associazione mafiosa. Come si diceva agli atti dell’inchiesta compare più volte il nome dell’ex sottosegretario all’Interno, sen. Antonio D’Alì, lui avrebbe fatto da garante negli appalti pilotati della mafia, anche, quindi, agli appalti conquistati dalla holding imprenditoriale dei Morici, “D’Alì ha garantito per noi” avrebbero detto in diverse occasioni i Morici che in qualche caso proprio grazie a questo appoggio politico sarebbero stati in condizioni di influenzare la stesura di bandi di gara e capitolati o di conoscere in tempo i requisiti chiesti per alcuni lavori, così da aggiudicarseli ancora più facilmente. Anche se nel processo penale, il senatore D’Alì per questa parte di accuse ha ricevuto una assoluzione per insufficienza di prove. Dentro il processo fiumi e fiumi di intercettazioni. Spesso Morici senior è stato ascoltato dagli investigatori a discutere di appalti e di rapporti con la politica con l’imprenditore valdericino, Tommaso Coppola, nel frattempo condannato per essere stato il deus ex machina dell’aggiudicazione pilotata di molti appalti per conto della mafia. Addirittura dal carcere Coppola avrebbe dato incarico ad un suo parente per fare sapere a Morici senior che “si stava facendo la galera anche per lui”. Le imprese del “giro” dei Morici quelle più note sono la Coling, la Eumede, la Trapani infrastrutture portuali. L’ultimo assalto alle grandi opere da parte del gruppo Morici avvenne nel 2005, quando sul porto di Trapani arrivò una pioggia di ingenti finanziamenti per sistemare le infrastrutture con tanto di deroghe alle norme, per garantire le infrastrutture occorrenti ad accogliere le gare preliminari della Coppa America di vela. la difesa ha chiesto e ottenuto di fare transitare nel procedimento le pronunce di appello e Cassazione relative ad uno stralcio del procedimento contro i Morici e cioè il sequestro preventivo revocato a danno di alcune imprese associate ai Morici . Pronunciamenti che in parte escludono contatti tra i Morici e l’associazione mafiosa, ma che comunque delineano un coacervo di rapporti “pericolosi” intrattenuti dagli imprenditori trapanesi. Ammesso dai giudici, sempre su richiesta della difesa, anche un verbale di interrogatorio reso dall’ex prefetto di Trapani Giovanni Finazzo.