Dopo la cattura dei fuggiaschi che erano reclusi nel carcere di Favignana, il procuratore Morvillo conferma che l’inchiesta adesso si rivolge verso eventuali basisti e complici ma anche a riguardo all’efficienza delle misure di sicurezza del penitenziario
“Stiamo accertando se ci sono stati reati in qualche modo colposi o dolosi che hanno permesso la fuga dal carcere di Favignana dei tre soggetti stanotte catturati”. Il procuratore della Repubblica di Trapani Alfredo Morvillo pesa le parole, non ne pronuncia molte, è sempre stato il suo stile, ma ai giornalisti convocati oggi per la conferenza stampa successiva alla cattura nella notte dei tre evasi dal carcere di Favignana, l’ergastolano Adriano Avolese, Massimo Mangione e Giuseppe Scardino, tutti e due con fine pena dopo il 2030, fornisce i dettagli che confermano la prosecuzione dell’inchiesta sui versanti interni quanto esterni al penitenziario dell’isola. Alla ricerca di complici (aspetto doloso) nella fuga o comunque di comportamenti che in modo colposo l’hanno agevolata. In questi giorni si è tanto parlato di strumentazione di video sicurezza all’interno del carcere non funzionante, se la notizia fosse vera o meno bisognerà attendere l’esito dei controlli in corso, ma insomma si pensa che non ci vuole molto tempo per appurare la circostanza e sembra proprio che l’accertamento sia stato fatto e la notizia sarebbe così fondata. Bisognerà appurare se i tre evasi ora riacciuffati sapessero o no della circostanza e nell’eventualità come o chi l’ha loro riferita. C’è di certo che il carcere di Favignana, nuovo di zecca, che ha soppiantato quello vecchio le cui celle erano di sotto alla soglia stradale, ha superato indenne tutti i collaudi, anche quelli che si riferiscono alla robustezza delle sbarre, sbarre però che i tre sono riusciti a spezzare usando pare una semplice lima, forse quella trovata con altri arnesi, cacciaviti e chiave inglese, dentro uno dei borsoni che, loro si stavano portando appresso durante la fuga in modo rocambolesco conclusasi con la loro cattura. E anche sugli arnesi si stanno facendo accertamenti, possono essere stati sottratti da uno dei laboratori dove uno dei tre era quotidianamente impegnato a lavoro nelle ore diurne. Ultime due cose sulle quali s’indaga sono il numero di lenzuola usate dai tre per realizzare una sorta di fune con la quale calarsi dall’alto delle mura del carcere verso l’esterno e ancora il fatto che per salire sul muro di cinta i tre hanno usato una provvidenziale scala a pioli posata all’interno del carcere non distante pare dalla cella dalla quale erano scappati via. Il procuratore Morvillo ha parlato di una “mano dell’uomo” che in modo colposo o doloso possa essere stato d’aiuto. Dentro il carcere, dove le indagini in corso sono per intero affidate al nucleo investigativo centrale della Polizia Penitenziaria, ma anche all’esterno del carcere dove il lavoro investigativo è condotto dai carabinieri del nucleo investigativo provinciale e della stazione dell’arma dell’isola. E stanotte è stato proprio il maresciallo Di Girolamo ad avere acciuffato in mare Avolese e Scardino che si sono gettati in acqua con Mangione al sopraggiungere dei militari mentre tentavano di rubare un gommone e darsi così alla successiva fuga. Il maresciallo con altri due carabinieri non hanno esitato a tuffarsi anche loro, acciuffando due dei tre evasi. Il terzo, Mangione, che era riuscito a risalire guadagnando la terraferma, è stato arrestato individuato dalla motovedetta della Penitenziaria che navigava costeggiando la costa e avvertendo così le pattuglie a terra che hanno messo fine all’inutile corsa verso la libertà di Mangione. Tutto è avvenuto la scorsa notta tra l’una e le tre. I tre evasi pensando di cogliere il momento opportuno, bonaccia in mare, la luna piena che permetteva loro di muoversi senza difficoltà, sono usciti dal loro nascondiglio, forse una villetta nella zona di Punta Longa, per raggiungere il porticciolo di quel lato di costa dell’isola, usato da piccoli pescatori e da diportisti, per rubare così un gommone con il quale da quel punto se non fossero stati bloccati sarebbero riusciti a raggiungere Marsala in poco meno di 20 minuti. Carabinieri e Polizia penitenziaria però da giorni tenevano sotto controllo tutti gli approdi dell’isola e quei luoghi usati dai diportisti per ormeggiare i loro natanti. Anche i militari come gli evasi hanno pensato che quella poteva essere la notte giusta, gli evasi pensavano di scappare via, gli agenti hanno ben fiutato che la notte trascorsa era quella giusta per mettere fine a quella triplice evasione, ed hanno avuto ragione. Nella notte hanno visto le ombre furtivamente muoversi nei pressi di un gommone si sono fatti avanti, hanno pronunciato il classico alt carabinieri, e il resto della storia ve l’abbiamo già raccontata. Comune denominatore di questa vicenda quindi è “la mano dell’uomo”, l’indagine in corso dovrà appurare se esista la “manina” che può aver agevolato il piano di fuga dei tre pericolosi reclusi, intanto c’è sicuramente la “mano” di quegli agenti che da giorni non hanno smesso di cercare gli evasi e che stanotte hanno posato le loro mani sulle spalle dei tre riportandoli in cella. C’è dunque la mano coraggiosa, ligia al dovere e c’è la solita mano che si mette a disposizione della illegalità. Adesso si attende l’eventuale evoluzione della vicenda. Le indagini sono condotte dai pm Verzera e Tarondo, il primo era di turno la notte della clamorosa evasione tra il 27 e il 28 ottobre, il secondo era di turno ieri al momento della cattura. I tre evasi sono stati sentiti dopo il loro fermo ma ovviamente hanno tenuto cucite le loro bocche, sono adesso nel carcere di Trapani, si attende la convalida, scontata, del loro fermo da parte del gip. Sull’isola di Favignana sindaco in testa, Giuseppe Pagoto, tutti hanno tirato un sospiro di sollievo, si dovrà ancora fare i conti col sospetto che qualcuno residente sull’isola abbia dato aiuto ai tre evasi, soggetti parecchio pericolosi della criminalità organizzata della Sicilia orientale, di Vittoria e Pachino.