La storia di Totò “la belva” è arrivata al capolinea, ma non quella della mafia

Dopo la morte di Totò Riina molti si interrogano sul possibile successore al vertice di Cosa nostra. Ma chi prenderà il suo posto? La cupola esiste ancora? Domande attualmente senza risposte. Di una cosa siamo certi: con lui vanno via tanti segreti. Tante verità nascoste per anni. Tanti morti innocenti senza giustizia.

Ma la mafia ha ancora bisogno di un leader? Sicuramente in questi anni le inchieste ci hanno mostrato una Cosa nostra sempre più distante da un leadership centralizzata. Ad eccezione della mafia trapanese, ancora fortemente legata all’ultimo vero padrino rimasto libero: Matteo Messina Denaro.

Il capo dei capi della mafia siciliana è morto l’altro ieri nel reparto detenuti dell’ospedale di Parma. La Procura ha disposto l’autopsia sulla salma perché il decesso è avvenuto in ambiente carcerario e quindi richiede completezza di accertamenti per fugare ogni dubbio sulla sua morte. Il pm di Parma, Umberto Ausiello, ha ipotizzato il reato di omicidio colposo, fascicolo a carico di ignoti. Scelta normale, visto il personaggio. Di conseguenza ha informato del procedimento, in quanto persone offese, la moglie Antonietta Bagarella, e i figli Maria Concetta, Giuseppe, Lucia e Giovanni, attualmente detenuto per reati di mafia.

I familiari del sanguinario boss corleonese hanno ottenuto il permesso per andare in ospedale solo ieri, quindi non sono riusciti a incontrarlo prima della morte. La figlia maggiore del boss mafioso, Maria Concetta, sulla sua pagina Facebook ha pubblicato una rosa nera in segno di lutto e una foto molto esplicita: un dito che tappa la bocca con la scritta “shhh” ovvero silenzio. E giù un fiume di commenti di cordoglio di “addolorati” utenti di facebook. Poi in serata, sempre sui social, ha spiegato che “la foto sfondo del mio profilo Facebook non vuole affatto essere un messaggio mafioso dove si intima il silenzio, bensì la richiesta di rispettare questo mio personale momento di dolore”.

Riina, anche se malato da anni, per gli inquirenti, nonostante la detenzione al 41 bis, il regime di carcere duro, da 24 anni, era ancora il capo di Cosa nostra.

Sicuramente con la morte di Riina si chiude una pagina buia, nera, infamante, della storia siciliana e italiana. Dopo Provenzano, adesso Riina. Due dei più sanguinari boss mafiosi della storia. Due capitoli chiusi, di una storia però ancora aperta. Una storia che “ha avuto un inizio e avrà sicuramente una fine”, ma non è questa.

E adesso? Adesso Matteo Messina Denaro, latitane dal 1993, assume ancora di più un ruolo di primo piano al vertice di Cosa nostra. Riina, anche se in carcere e ormai sofferente, era ancora il capo indiscusso. Era un punto di riferimento per i mafiosi: Rispetto per i familiari, rispetto e fedeltà al vecchio padrino che non si è mai pentito, ma che dal carcere, anzi, sapeva ancora mandare messaggi chiari. Messaggi di morte. Inequivocabili. Oltre alle ammissioni su omicidi e stragi, messaggi di morte contro magistrati ed esponenti della società civile: da Nino Di Matteo a don Luigi Ciotti. Se fossimo stati negli anni ’90 sarebbero state sentenze di morte esecutive.

Sulla morte di Riina il presidente di Libera don Luigi Ciotti ha commentato: “La morte di Riina, come la morte di ogni persona, chiede rispetto. Ma questo non cancella il ricordo di una vita che, nel caso di Riina, è stata violenta, incompatibile con l’etica del Vangelo, strumento di sofferenza, di omicidi, di stragi. Una vita che non ha mostrato segni di ravvedimento, nemmeno dopo la scomunica di papa Francesco ai mafiosi in quanto “adoratori del male” e nemmeno dopo il suo “pressante invito” affinché si convertano e aprano il cuore a Dio. Non solo Riina non si è pentito del male commesso, ma lo ha rivendicato, quindi non lo ha riconosciuto come tale. Mi auguro – nel pensiero caro che rivolgo alle persone uccise e ai loro famigliari, vittime di tanto odio – che almeno nel momento della morte abbia avuto il coraggio di guardare nel profondo di sé e di aprirsi così alla misericordia di Dio. Quanto al futuro di Cosa Nostra, non bisogna illudersi che la morte del capo attenui la forza e la pericolosità di una mafia che ha dimostrato capacità di adattamento e rinnovamento, e che da tempo adotta lo strumento della corruzione e delle complicità politico-economiche per rubare la dignità e la speranza delle persone oneste”.

Oggi la mafia ha sicuramente abbandonato la strategia di fuoco. Ma sa ancora sparare e uccidere ad ogni evenienza. La strategia della “sommersione”, portata avanti da Provenzano, e mai condivisa da Riina, è ancora quella vincente. Permette a Cosa nostra di entrare nell’economia legale, di fare affari nell’ombra e di munirsi di protezioni eccellenti. Ed è proprio questa la strada portata avanti da Matteo Messina Denaro. Affari, soldi, potere, massoneria, finanza. Una strategia che guarda al futuro. Una mafia “camaleontica”, moderna, innovatrice, che ha abbandonato ormai da anni la strategia di Riina per passare a quella più “liquida” di Messina Denaro.

Quella di Totò “la belva” è arrivata a capolinea. È arrivata al capolinea la storia del suo periodo stragista. Ma la storia della mafia è ancora lontana dal capolinea. Ci sono ancora tanti protagonisti da “scoprire” e tante carte da svelare.

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Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.