“Tra i sopravvissuti ci sono anche un bambino di tre anni che ha perso la madre e una famiglia di undici persone in cui si sono salvati solamente in tre”
CATANIA. Tragico è il bilancio del naufragio del giorno dell’Epifania al largo delle coste libiche. Il portavoce italiano dell’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) Flavio Di Giacomo, su twitter, ha raccolto diverse testimonianze a Catania. Infatti dei 150 migranti a bordo del gommone al momento della partenza sarebbero 64 i morti, anche se si aspettano ancora i dati ufficiali. A Catania la nave “Diciotti” della Guardia Costiera Italiana ha sbarcato 86 migranti salvati in mare lo scorso 6 gennaio. Tra i migranti portati in salvo, che oggi stanno bene, diversi bambini che hanno visto morire le rispettive madri. Attualmente, come riferito dall’Oim, sono 8 i cadaveri recuperati al largo della Libia, quindi probabilmente sono 56 i dispersi, tra questi ci sarebbero anche diversi bambini. Una tragedia immane.
Al porto di Catania per assistere i migranti scampati alla morte, presenti, tra gli altri, anche i volontari di Medici Senza Frontiere che con diverse équipe sono intervenuti per il primo soccorso psicologico.
“Dalle prime ricostruzioni, – dichiara il coordinatore di MSF in Sicilia Teo Di Piazza sul sito ufficiale – sembra che i sopravvissuti abbiano aspettato almeno due ore l’arrivo dei soccorsi. Aggrappati a quel che restava del gommone, si aiutavano gli uni con gli altri, mentre osservavano altre persone lottare per sopravvivere. Purtroppo, in questo lasso di tempo almeno 64 persone, tra cui molti bambini, avrebbero perso la vita in mare”.
Delle 14 persone assistite dagli psicologi di Medici Senza Frontiere, 9 hanno perso almeno un membro della famiglia. “Tra i sopravvissuti ci sono anche un bambino di tre anni che ha perso la madre e una famiglia di undici persone in cui si sono salvati solamente in tre” – conclude Teo Di Piazza.
“Il barcone – secondo le testimonianze raccolte da MSF – sarebbe partito la notte precedente al soccorso dal porto di Garabulli, a est di Tripoli, con circa 150 persone a bordo”, dopo mezzogiorno avrebbe cominciato ad imbarcare acqua a causa delle avverse condizioni del mare.
“Nonostante gli sforzi delle autorità europee ed italiane per chiudere ad ogni costo la rotta mediterranea e bloccare le persone in Libia, uomini, donne e bambini continuano a rischiare la vita e a morire in mare. – dichiara Tommaso Fabbri, capo missione di MSF in Italia – Questa continua tragedia non si risolverà con stretti corridoi umanitari per pochi. Solo l’apertura di vie legali e sicure stabili e sostenibili per chi è in cerca di protezione potrà evitare che persone disperate mettano i loro destini e quelli dei loro figli nelle mani dei trafficanti”.