In appello condanna confermata per due ex consiglieri comunali
Anche in appello due ex consiglieri comunali di Campobello di Mazara, Antonio Di Natale e Giuseppe Napoli sono stati condannati, rispettivamente a tre anni e mezzo e due anni, per avere preteso da un imprenditore una mazzetta per non contrastarlo nell’approvazione di progetto di natura edilizia. I due già in primo grado ebbero derubricato il reato, da concussione a “induzione indebita a dare o promettere utilità”. Cifra chiesta, poco più di 20 mila euro. La Corte di Appello di Palermo, presidente Garofalo, ha quindi respinto il ricorso delle difese dei due imputati ed ha dichiarato il non doversi procedere nei confronti del terzo imputato, l’ex sindaco Ciro Caravà che era stato anche condannato dai giudici del Tribunale di Marsala, perché nel frattempo deceduto. I fatti sono risalenti al 2009. A denunciare gli episodi è stato l’imprenditore Vito Quinci, costituitosi nel processo come parte offesa con gli avvocati Fausto Maria Amato e Carmelo Miceli. “Denunciare conviene sempre” dice l’imprenditore. Conviene sempre denunciare anche se per attendere giustizia talvolta occorrono anni, oppure subire le reazioni , e le disattenzioni, di un contesto sociale che seppure non complice direttamente finisce con il non dar credito a chi ha denunciato, preferisce fargli terra bruciata attorno, soffermandosi solo a dire che bisogna attendere l’esito giudiziario per sapere come stanno le cose. Un contesto sociale che, in nome di questa attesa, però ha saputo isolare il denunciante a favore dei denunciati. Per arrivare alla sentenza di primo grado di questa vicenda ci sono voluti quasi 6 anni. Il progetto che interessava a Quinci riguardava la costruzione di un albergo con 220 camere, da costruire su un’area di circa 80 mila metri quadrati, nella frazione balneare di Tre Fontane. Di Natale e Napoli hanno preteso da Quinci una “mazzetta” di 21 mila euro, abusando, scrissero i giudici di primo grado, del loro potere, da pubblici ufficiali quali erano, cioè consiglieri comunali. Il Tribunale ha anche riconosciuti come danneggiati le parti civili costituite, oltre a Quinci con gli avvocati Amato e Miceli, come il Comune di Campobello di Mazara, l’associazione antiracket Sos impresa, le imprese Tre Fontane family srl e Mokarta costruzione. Riconoscendo risarcimenti. Sono trascorsi anni ma come ha dimostrato la recente operazione antimafia “Anno Zero”, Campobello di Mazara resta un territorio “zona franca” per la mafia anche per i forti intrecci che qui (r)esistono con la massoneria deviata, come peraltro misero in evidenza i due provvedimenti di scioglimento per inquinamento mafioso dell’amministrazione comunale, decisi dal Viminale nell’arco di pochi anni. Non c’è un forte coinvolgimento sociale contro Cosa nostra, ci sono ovviamente iniziative di rivolta sociale che crescono, in mezzo a mille stenti, e così accade che imprenditori come Quinci si trovino pressocché isolati. A Campobello di Mazara poi di recente è tornato ad abitare Salvatore Messina Denaro, fratello del boss latitante. Salvatore Messina Denaro ha infatti appena finito di scontare le condanne per associazione mafiosa. Di “uomini d’onore” in giro non ce ne sono molti, le “lupare” restano inutilizzate, rispettando l’ordine del boss latitante che ha scelto la strategia della sommersione dell’organizzazione, ma Cosa nostra qui si percepisce come continua a mantenere un controllo del territorio, anche con i suoi pochi “picciotti” rimasti liberi.