Giulietti (Fnsi): «Chi colpisce un cronista colpisce la democrazia»
L’elenco è lungo. Fatto di nomi e di storie, da un lato. Di poteri più o meno occulti, di governi e autorità di Paesi diversi, dall’altro, che in maniera diversa cercano di mettere il bavaglio alla stampa libera. Ci sono i giornalisti intimiditi e minacciati, ci sono i cronisti che finiscono in prigione o vengono trascinati in tribunale con intenti intimidatori. Ci sono i reporter che vengono uccisi per le loro inchieste.
A tutti loro e al loro lavoro, con cui cercano di ‘illuminare’ le periferie di tutto il mondo dove si annidano malaffare e corruzione, è stata dedicata l’iniziativa organizzata alla vigilia della XXV Giornata internazionale per la libertà di stampa da Fnsi, Usigrai, Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Articolo21, Odg Lazio, Amnesty International Italia e Rete NoBavaglio e ospitata dal liceo ‘Terenzio Mamiani’ di Roma.
Ad aprire l’incontro, dal titolo ‘L’informazione accerchiata’, la portavoce di Articolo21, Elisa Marincola e il presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana, Giuseppe Giulietti, che hanno ricordato i tanti cronisti, «molti dal nome ignoto, che operano in Sicilia, in Calabria, in Puglia, in Campania, ragazzi e ragazze che hanno fra i 20 e i 30 anni e che spesso lavorano con contratti precari. Molti di loro – ha ribadito Giulietti – sono stati picchiati e minacciati dalla camorra, dalla mafia, dalla corruzione e dal malaffare».
Giulietti e Marincola hanno anche rivolto un pensiero particolare ai cronisti turchi da poco condannati in primo grado a diversi anni di carcere, al fotoreporter Giorgio Bianchi, fermato ieri in Ucraina e ai dieci giornalisti rimasti uccisi due giorni fa nell’ennesimo attentato kamikaze a Kabul.
«Con Amnesty, ma anche con Articolo 21 e Ordine dei giornalisti, abbiamo deciso poco fa di chiedere la liberazione di Giorgio Bianchi, fotoreporter conosciuto per i suoi reportage da teatri di guerra come la Siria», ha detto il presidente Giulietti, anticipando che «oggi chiederemo tutti insieme al ministero degli Esteri di informarsi sulla situazione riguardante questo giornalista».
Poi gli studenti del liceo, insieme ai rappresentati delle organizzazioni promotrici, hanno dato vita a un flash mob: si sono alzati in piedi e hanno innalzato dei cartelli recanti i nomi dei dieci morti di Kabul. Quindi il ricordo di Jan Kuciak e Daphne Caruana Galizia, uccisi in Slovacchia e a Malta, e di Giulio Regeni, sulla cui morte al Cairo, più di due anni fa, ancora non è stata fatta chiarezza.
Spazio quindi agli interventi di Nico Piro, giornalista Rai per lungo tempo inviato in Afghanistan, che ha ripercorso gli anni della guerra in quel martoriato Paese. Ad Antonella Napoli, che ha raccontato il suo viaggio in Turchia (Paese nelle cui carceri restano attualmente circa 150 giornalisti), dove ha potuto seguire il processo ai lavoratori del quotidiano Cumhuriyet e l’esperienza della campagna Free Turkey Media. E a Paolo Borrometi, che con gli studenti ha parlato della sua vita sotto scorta, delle minacce subite dalla mafia per via delle sue inchieste, del piano per ucciderlo, sventato da magistratura e forze dell’ordine.
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia ha ricordato quello che avviene in Paesi come il Messico, l’Egitto, la Cina, l’Uzbekistan, l’Iran, «dove – ha detto – fare il giornalista può costare la vita anche se questi posti non sono teatro di guerre. Luoghi pericolosi per quei giornalisti che vogliono essere liberi di raccontare quello che accade. E in tutti questi luoghi – ha concluso – la richiesta dei reporter è sempre la stessa: chiedono di non essere lasciati soli».
Stesso concetto che ha ribadito anche Peter Bardy, il direttore di Aktuality.sk, il giornale online per cui lavorava Jan Kuciak. Bardy ha spiegato agli studenti l’inchiesta costata la vita al cronista e i rapporti tra ‘ndrangheta e politica in Slovacchia; ha raccontato la sua esperienza di giornalista e parlato della rete internazionale di reporter che ha ripreso il lavoro di Kuciak, ampliandolo per andare a indagare sugli interessi della mafie e sulla corruzione in Europa e nel mondo. «Io e Jan avevamo lo stesso sogno: cambiare il nostro Paese. Perché un Paese in cui regna la corruzione non può essere la normalità», ha detto.
Renato Parascandolo ha ripercorso le tappe del concorso ‘Rileggiamo l’articolo 21 della Costituzione’, patrocinato dal Miur e rivolto a tutte le scuole d’Italia, arrivato alle fasi finali. E infine il presidente del Cnog, Carlo Verna, ha concluso i lavori ricordando l’esempio di Giancarlo Siani e rilanciano di concetto di ‘scorta mediatica’, «che – ha detto – deve valere per i giornalisti, ma anche tra voi ragazzi. Come nel giornalismo tutti insieme dobbiamo lavorare con spirito di comunità per risolvere i problemi comuni, così anche voi studenti nelle vostre classi non lasciate mai nessuno solo».
Il compito del giornalista, ha detto ancora Verna, «è quello di garantire ai cittadini il loro diritto ad essere informati. Noi siamo i postini che, pur tra mille difficoltà, recapitano ai cittadini ogni giorno questo loro diritto. Sarebbe bello se nelle scuole si insegnasse una materia come l’educazione a discernere l’informazione».
fonte fnsi.it