Con le idee di Peppino noi continuiamo

Quarant’anni fa la morte del giornalista Peppino Impastato

CINISI. Sono passati 40 anni dall’uccisione di Peppino Impastato per mano dei mafiosi. Un omicidio avvolto ancora da misteri e mezze verità. Peppino oggi è vivo, le sue idee continuano a camminare sulle gambe di chi crede ancora nella libertà. In questi giorni a Cinisi in tanti ricordano la sua figura: eventi, incontri, mostre e la marcia dalla sede di Radio Aut a Terrasini fino a “Casa Memoria di Peppino e Felicia”. Da quella radio lanciava i suoi massaggi di lotta e resistenza a “Mafiopoli”. Una mafia spietata che “comandava e sapeva imporsi”, e in parte lo fa ancora. “Don Tano seduto”, il boss Gaetano Badalamenti, era lì, a soli cento passi da casa sua. Ed è in quei cento passi che è stato deciso l’omicidio spacciato per suicidio/attentato. Peppino è stato fatto passare per terrorista, la città doveva archiviare tutto come il gesto folle di un comunista eversivo e dimenticare in fretta. Invece grazie al coraggio del fratello, degli amici e in particolare della madre Felicia Bartolotta si è raggiunta una prima verità a distanza di 23 anni dalla sua morte. Ma non tutta. Il feroce boss don Tano seduto, grazie all’immenso coraggio di mamma Felicia, è stato condannato all’ergastolo come mandante dell’omicidio. Ma niente killer.

Oggi, infatti, sono ancora un mistero gli esecutori materiali dell’omicidio. Il mandante don Tano seduto re di Mafiopoli è morto. Gli “eredi” sono scappati, tornati, emigrati. Ma su Peppino regna il silenzio. Le indagini nel ’78 furono chiuse in fretta, i carabinieri guidati all’epoca da Antonio Subranni (condannato poche settimane fa in primo grado per la trattativa Stato-mafia), chiusero frettolosamente le indagini.

Il fratello Giovanni, intervistato da Repubblica, parla di diversi depistaggi. In particolare la notte dell’omicidio i carabinieri portarono via dalla casa di Peppino, tra le altre cose, le carte di una sua inchiesta sulla strage di Alcamo Marina. Anche questa vicenda avvolta da un fitto mistero.

Oggi i Badalamenti non comandano più Cinisi. Anche la casa che fu di don Tano adesso è stata confiscata e assegnata al “Centro Impastato”. I figli sono divisi tra l’America e la città di Castellammare del Golfo, in cui si è trasferita la vedova di don Tano Teresa Vitale.

Peppino ancora oggi continua ad essere un esempio di ribellione e con la sua frase più famosa “La mafia è una montagna di merda” segna un solco di speranza e resistenza. Un montagna che Peppino riuscì a sconfiggere nonostante la morte. Una lotta, quindi, che continua ancora oggi. Una lotta che, con il coraggio e le idee di Peppino, non si arresterà mai.

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Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.