Domenica il referendum, per rilanciare il territorio
La scena è quella di una famosa pubblicità. C’è un uomo in bicicletta che percorre le vie di una città. A tracolla porta un grande pennello. Così da intralciare il traffico e renderlo pericoloso. L’immagine dello spot ad un certo punto ci fa vedere il vigile urbano fermo ad un crocevia che blocca quell’uomo per chiedergli ragione di quel grande pennello che si porta appresso. Lui, serafico, senza scomporsi, risponde che deve dipingere una grande parete, per cui ha bisogno di un pennello grande. La pubblicità è quella dedicata ad una marca di pennelli, a me serve a dire altro. E cioè che per fare grande un territorio non c’è bisogno di un territorio grande. Ma c’è bisogno di idee e progetti buoni e positivi. Servono servizi efficienti, va garantita la vivibilità. Non debbono esistere cittadini di serie A e serie B e peggio ancora di serie C. Questione quanto mai attuale. L’idea di una grande città, una Trapani che si possa estendere fin sotto Marsala da una parte, sfiorare Paceco e incunearsi in questa porzione di territorio, e infine estendersi tutto attorno sotto la montagna di Erice-San Giuliano, dal mare all’entroterra. Da qualche tempo una buona parte del dibattito politico è in questo impegnato, senza grandi risultati per la verità, solo slogan elettorali. E questo la può dire lunga su quanto questo confronto sia fondato e realmente attuabile. I promotori di questo progetto,la cosiddetta “grande città”, continuano a non volere fare i conti con un’altra realtà, e cioè quella che in Europa c’è semmai una attenzione in controtendenza. E se è con l’Europa che bisogna convivere, è agli indirizzi europei che dobbiamo attenerci. Cosa chiede l’Europa? Chiede di fare quello che per esempio a Misiliscemi hanno intenzione di fare. E cioè valorizzare le piccole aggregazioni urbane. Gli indirizzi che arrivano da Bruxelles e Strasburgo sono di quelli che vogliono privilegiare le piccole comunità invece delle grandi. Viene privilegiato un utilizzo di risorse sparso in una determinata e ben limitata, geograficamente, porzione di territorio, per poi attivare una serie di meccanismi di coesione e partecipazione tra territori limitrofi. Insomma l’Europa non chiede alle città di espandersi a dismisura ma semmai di creare zone omogenee marcate in pochi spazi. Misiliscemi si presta: è un territorio esteso 72 chilometri quadrati, comprende le frazioni trapanesi di Pietretagliate, Salinagrande, Fontanasalsa, Marausa, Locogrande, Rilievo, Guarrato e Palma. Un territorio che in se racchiude tutto, la storia e la cultura, fatte di agricoltura e mare, perché qui c’è anche un antico approdo, c’è una ex salina, quella San Francesco, testimoni di un ricco passato sono gli oltre 50 bagli disseminati nelle diverse frazioni, ma anche qualche schifazzo che ogni tanto nell’ex porticciolo della salina si fa vedere. Misiliscemi esiste già come aggregazione organica, è costruita, è una entità precisa che va valorizzata. E’ legittima la volontà dei suoi abitanti, costituitisi in comitato promotore per perseguire l’autonomia, la nascita di un Comune che si possa chiamare Misiliscemi. Un progetto che è stato messo in moto, che i soliti noti hanno tentato di fermare e che adesso arriva al referendum. Nel nostro Paese c’è una regola sovrana che impone di rispettare la volontà e l’orgoglio di chi giunge ad ottenere un referendum, come nel caso di Misiliscemi, che ricerca legittimamente una sua identità, anzi vuole meglio offrire ad altri la propria identità. Misiliscemi paga ogni anno tributi milionari , soldi che finiscono nelle casse comunali. E’ ora che una parte di queste risorse trovino investimento concreto nel territorio di Misiliscemi dove c’è bisogno di delegazioni municipali operative, infrastrutture efficienti, strade e marciapiedi sicuri, scuole, i servizi a rete, condotte idriche e fognarie. A non volere l’autonomia per Misiliscemi è proprio quella politica che ha fatto progetti per pochi e non per tutti come dovrebbe essere. Ecco gli abitanti di Misiliscemi agli amministratori della città, nel dichiarare i propri intenti, hanno detto a chiare lettere che il territorio delle frazioni se oggi è salvaguardato e tutelato è più per merito di chi qui vive giammai per gli interventi pubblici. E non hanno torto. Ed è forse ora di mettere rimedio ai torti fatti patire. Solo così Trapani può diventare davvero grande, il punto è quello di vedere una politica diversa, capace di potere costruire un’area metropolitana ma nel rispetto delle autonomie, il referendum di domenica punta a questo e non come qualcuno lo ha spacciato punta a tracciare con un colpo di matita linee e confini sulla carta geografica della nostra provincia. E poi, visto che qualcuno ha lanciato anche questo sul campo referendario, Trapani capoluogo di provincia può restarlo anche senza Misiliscemi, il capoluogo è in pericolo semmai per colpa di certi gallinai della politica. Loro si vanno rimossi con le ruspe della volontà popolare.