I racconti dei migranti

Diciotti: in corso gli interrogatori, e qualcuno conferma le minacce all’equipaggio della Vos Thalassa. I due indagati se non fermati potrebbero uscire liberi dall’Hot Spot di Milo

“Caso Diciotti” in evoluzione. Le indagini puntano ad accertare se a bordo della Vos Thalassa alcuni tra i 67 migranti salvati domenica notte si sono “ammutinati” contro l’equipaggio del rimorchiatore. A Salvini in pressing sulla Procura di Trapani per gli arresti dei rivoltosi ha risposto il presidente Anm Francesco Minisci: “Il lavoro dei magistrati della Procura di Trapani venga lasciato proseguire senza interferenze, ogni richiesta di intervento, da chiunque provenga, è ingiustificata e non in linea con i principi di autonomia e indipendenza fissati dalla Costituzione”. Dalla notte di giovedì e ancora ieri per tutto il giorno gli agenti della Squadra Mobile diretta da Fabrizio Mustaro hanno sentito presso l’Hot Spot di Milo molti dei 67 migranti arrivati con il nostro guardiacoste Diciotti a Trapani per farsi raccontare cosa successo sulla Vos Thalassa contro quell’equipaggio. Qualcuno avrebbe ammesso che qualcosa più delle minacce ci sarebbe stato, ma solo per la paura di essere riportati in Libia. “Abbiamo minacciato semmai di buttarci noi in mare”. L’equipaggio della Vos Thalassa sentito dagli agenti dello Sco, della Squadra Mobile e del nucleo speciale investigazioni della Guardia Costiera, nella giornata di mercoledì mentre era fermo al largo di una piattaforma petrolifera al largo da Zuara, hanno raccontato versioni più gravi, anche di chi rivolto al primo ufficiale avrebbe fatto con le mani il segno che gli avrebbero tagliato la gola. La Procura di Trapani, l’indagine è coordinata dal procuratore Alfredo Morvillo e condotta dai pm Morri, Tarondo e Verzera, intanto hanno disposto l’acquisizione di tabulati, registrazioni radio e comunicazioni mail tra il rimorchiatore e la Guardia Costiera per capire in che modo si è deciso di far cambiare rotta, non più verso la Libia ma verso Lampedusa. Indagati, per violenza privata, restano Ibrahim Bushara, sudanese, e di Hamid Ibrahim, ganese. Sono stati denunciati anche per impossessamento di nave. Ma in assenza di fermo, già lunedì potrebbero essere liberi, come tutti gli altri migranti. In assenza di richiesta di asilo politico potrebbero ricevere un ordine di presentazione alla frontiera con i loro mezzi, in altre parole saranno liberi di sparire. Tra i migranti poi non ci sono gli scafisti. I migranti infatti hanno raccontato di essere partiti sabato sera da Zuara, gli scafisti hanno messo la prua dell’imbarcazione verso la zona delle “piattaforme”, a est dalla costa libica, verso la Tunisia, poi hanno abbandonato e sono tornati indietro con un’altra imbarcazione. Racconti che hanno provato che per i traffici di essere umani, in assenza delle navi Ong, gli scafisti sono tornati all’antico, ad usare barconi in legno facendoli dirigere verso le zone marine petrolifere, dove ci sono i rimorchiatori a vigilare, pronti per i dovuti salvataggi. Nei verbali quello che non cambia sono i racconti delle violenze. Hanno detto che per due giorni sono stati trattenuti dentro una delle tante “safe house”, veri lager, una donna ha detto che lì ha subito una violenza sessuale. Non confermata dagli investigatori la notizia di un minore al quale sia stato tagliato un dito per costringere i genitori a pagare una tariffa in più per il viaggio verso l’Italia. Frattanto già la scorsa notte può essere arrivato fin sotto Lampedusa il peschereccio di 20 metri con a bordo altri 470 migranti. Una imbarcazione in legno, lunga 20 metri, per la quale ieri i ministri Salvini e Toninelli hanno alzato la voce contro Malta. Era atteso un intervento di soccorso mentre l’imbarcazione era vicino a Malta, ma i maltesi non si sono mossi e il ministro dell’Interno ha ancora alzato con il solito glossario la sua protesta, “come promesso io non mollo. Sappiano Malta, gli scafisti e i buonisti di tutta Italia e di tutto il mondo che questo barcone in un porto italiano non può e non deve arrivare”. D’accordo con lui Toninelli. Intanto già ieri sera attorno alle 21,30 il barcone era già a cinque miglia da Linosa. In acque quindi italiane. Insomma il “caso Diciotti” non è chiuso e già è pronto a riaprirsene un altro.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.