E’ scomparso Gioacchino “Jachino” Cataldo, l’ultimo capo della ciurma dei tonnaroti di Favignana. Aveva 77 anni, i funerali domani nella chiesa madre dell’isola
Dell’ultima “mattanza” di tonni del 2007 fino a ieri nelle Egadi, a Favignana, restava lui, Gioacchino Cataldo, l’ultimo rais di tonnara. Adesso non c’è più nemmeno lui. E’ scomparso a 77 anni rais Jachino, dopo avere combattuto contro una grave malattia. Combattente lo era sempre stato, la sua vita è stata dedicata alla strenua difesa della sua isola, Favignana, del suo mare e paradossalmente anche di quel tonno che lui per 44 anni è andato a pescare con la sua ciurma di tonnaroti, seguendo un rito millenario. “Io amo la natura – raccontava così di se stesso – pesco i tonni perché se non lo facessi qualcun altro lo pescherebbe, lo faccio per sopravvivenza…La tonnara è come piantare un albero di frutta, il frutto è poi il tonno, l’attesa è bella, non si deve fare aspettare più di tanto, il tempo giusto …”. “E la gente capiva – dice il giornalista e scrittore Ninni Ravazza per decenni il subacqueo delle tonnare – che anche quella che poteva apparire un’azione cruenta aveva una sua etica, una valida ragion d’essere”. Ad annunciare la sua scomparsa è stata la figlia Antonella che con la mamma e l’altro fratello Pino, ha voluto scriverla sulla pagina Facebook dedicata al padre. “Ci lascia una persona perbene, un Uomo onesto e generoso, una persona d’altri tempi e dalle buone maniere; va via un personaggio controverso, sicuramente non perfetto ma che in tutte le vicende della sua vita ci ha sempre messo la faccia e il cuore; ci lascia un Uomo che ha vissuto la sua vita intensamente, che l’ha amata e avrebbe voluto viverla appieno ancora; e poiché questo non era più possibile, ha preferito lasciare. Favignana perde il suo Rais, noi perdiamo un papà unico e speciale”. La leggenda vivente di Jachino Cataldo adesso è diventata storia. Lui ha raggiunto quei personaggi ai quali somigliava da vivo. Sembrava un personaggio uscito dai libri, da “Il vecchio e il mare” di Hemingway, lui poteva essere anche il capitano Achab di Moby Dich. Era un uomo conosciuto in tutto il mondo, il suo nome resta impresso dal 2006 nel Registro delle Eredità immateriali della Sicilia (Libro dei tesori umani viventi), istituito con il beneplacito dell’Unesco nel 2005 con l’obbiettivo di salvaguardare gli elementi essenziali dell’identità regionale. A chi lo chiedeva sorridente si presentava declinando la sua altezza, 1,93, i suoi 130 chili e i sandali misura 48 ai piedi. Barba da nostromo “lupo di mare”, sembrava una sorta di Mangiafuoco o Polifemo, “ma era ed è stato sempre un gigante buono” ricorda tra le lacrime Carmelo Ventrone, oggi rimasto l’ultimo tonnaroto di rais Jachino. Ventrone, era il suo vice, è stato con lui fino alla fine, come lo era stato vicino sempre, in tutte le foto dedicate alla mattanza di Favignana, secolare pesca del tonno oramai abbandonata, affianco al rais c’è sempre lui, contraddistinguendosi con la sua chioma a ricci e bionda. “Con lui se ne va un pezzo di storia di Favignana, lo si ricorda per il suo amore immenso per il mare e la tonnara – ricorda Ventrone – amore per Favignana detta anche l’isola farfalla per la sua forma, ma purtroppo oggi senza la mattanza è una farfalla con le ali tagliate. Così diceva Jachino, così oggi tocca e me da solo ripetere”. Cataldo fino a 14 anni lavorò in tonnara, poi giovanissimo emigrò in Germania, dove divenne capo operaio in una fabbrica tedesca, autodidatta, sapeva parlare tedesco, finlandese e serbo croato, capace di fare a memoria i calcoli matematici anche i più difficili, non aveva per nulla l’accento siciliano, ma apparteneva a questa terra, al mare siciliano, delle Egadi, ne era parte integrante. Nei primi anni ’70 il ritorno a Favignana, per 33 anni è stato tonnaroto, per altri 11 e sino al 2007 rais. Teneva però alla pronuncia. “Rais con l’accento sulla i è Gheddafi, noi non siamo rais come lui, la pronuncia è con l’accento sulla a”. Uomo di mare stupiva per le sue lezioni di vita: “Per catturare un tonno bisogna avere occhio, intelligenza e poi forza. Con la forza da sola non si conquista niente”. Il tonno più grosso catturato pesava 540 chili, la pesca più ricca fece finire in tonnara 680 tonni. I turisti anche stranieri si avvicinavano a lui quasi con timore, ma li affascinava con i racconti sulle “mattanze”. Ad una teneva in modo particolare ma non poté viverla come voleva. Quella del 24 maggio 1992. Quel giorno su una delle barche che seguivano la pesca del tonno doveva essere Giovanni Falcone. Non arrivò mai ucciso dalla “mattanza” decisa dalla mafia sull’autostrada per Palermo. “La nostra è la vera mattanza – diceva – perché è vita, è una pesca, quella dei mafiosi è solo morte”. “Quando cominciai a fare il tonnaroto trascorrevo la notte non vedendo l’ora che fosse giorno per andare in mare, o per andare allacamparla (il magazzino dove si custodivano e si preparano le reti e gli arnesi per la mattanza ndr)” e lo raccontava in modo tale da apparire come un romantico, un romantico del lavoro e del mare. Il suo impegno coincide con la cancellazione di un diritto feudale che sopravvisse a Favignana fino ai primi anni del 2000, quando bisognava che i tonnaroti pagassero all’erede dei Florio, la famiglia che a Favignana regnava su tutto, anche sulla tonnara. I Parodi di Genova, a capo della società Tornare Florio di Favignana e Formica, hanno ricevuto il dazio fino a quando la Regione non ha abrogato questo loro diritto. Loro vantano in virtù di un regio decreto i diritti di pesca. “In un crescendo di tensioni – ricorda l’ex sindaco Lucio Antinoro che sostenne la lotta di rais Cataldo – i tonnaroti di Favignana hanno deciso di cambiare padrone e di diventare padroni di se stessi”. Battaglia dura, perché a Favignana c’era chi non era d’accordo e il rais ricordava così quei giorni: “Ho lasciato anni addietro la Germania dove ho conosciuto il muro di Berlino – dice il rais Gioacchino Cataldo – e mi trovavo un altro muro qui nella mia isola”. Era facile incontrare a Favignana Jachino Cataldo, o vicino alla tonnara adesso ristrutturata e diventata museo industriale o al porticciolo di Punta Longa. Fino a quando ha potuto ha navigato da solo con la sua barca, o portando con se i turisti. “Si distingueva anche lì – dice l’avv. Donatella Buscaino – a fine giro dell’isola offriva un pasto di pesce ai turisti, servito esclusivamente su piatti di ceramica, mai di plastica”. Lo si incontrava mentre guardava sempre il mare e schietto ti confidava: “Da quando non si fa più mattanza ho smesso di vivere in simbiosi con gli uomini, a me piace di più stare con i gabbiani”. E poi tidiceva di vedere i tonni passare, “oggi li possiamo vedere e saltare, non sono loro diventati più furbi sono gli uomini che sono diventati meno intelligenti“. “Ti vedo papà – ha scritto infine la figlia Antonella – sei sulla tua barca al porticciolo di punta lunga, Fai buon viaggio papà.Anche se non ci è dato di sapere dove sei diretto, siamo sicuri che stai andando in un posto bellissimo dove potrai finalmente lasciarti cullare dalle onde del mare e riposare: riposare in quel mare che hai tanto amato e che è stato per te lavoro, sacrifici, passione, vita”.