Rita, l’impegno e la ricerca di verità

L’ulivo, i giovani e le battaglie di Rita Borsellino

È venuta a mancare in un momento storico molto importante per la lotta alla mafia. Un momento un cui è in atto un “mascariamento” che vorrebbe travolgere tutto e tutti. Un “tutto è mafia” e “niente è mafia”. La mafia, che ancora qualcuno nega l’esistenza, esiste e continua a tessere la sua tela. Ma esiste anche (e ancora) l’antimafia, quella vera, credibile, fatta di fatti e principi. Non solo quella repressiva, quella dello Stato che spesso è in chiaroscuro. Esiste l’antimafia civile, concreta e vigile come quella di Rita Borsellino. La sua eredità oggi, non retorica ma concreta, è stata già recepita dalle nuove generazioni. Donna instancabile semina da oltre 25 anni semi oggi cresciuti rigogliosi come il suo ulivo palestinese piantumato al posto del cratere che uccise il fratello Paolo e gli uomini della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina in via Mariano D’Amelio il 19 luglio 1992.

Rita, donna forte, libera e con un sorriso contagioso. In tutti questi anni ha saputo trasformare il suo immenso dolore in gioia e amore per la vita. Un sorriso perenne che ha dato (e dà ancora) forza e coraggio. Chi ha conosciuto Rita sa bene che sapeva rincuorare e volere bene. Del resto, chi può dire di non averla conosciuta? Del dopo stragi ha raccolto l’eredità del fratello e della sua lotta diventando un simbolo dell’antimafia vera, concreta, viva, attiva, civile. Con il suo impegno politico, dal Parlamento Europeo (dal 2009 al 2014) fino alla candidatura alla Presidenza della Regione Siciliana nel 2006, è entrata nelle case e nei cuori degli italiani. La sua “Carovana antimafia” ha diffuso amore e speranza in giro per l’Italia e ha accolto migliaia di giovani ogni anno in via D’Amelio. Rita mancherà alla nostra terra. Mancheranno i suoi appelli, i suoi ricordi. Ma una cosa non mancherà: l’impegno di chi resta. L’impegno di chi continua a portare avanti la ricerca di verità e giustizia.

Con l’Associazione Libera ha contribuito in maniera determinante all’approvazione della legge n.109/96 sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie e ha sostenuto attivamente il progetto Libera Terra.

Oggi il testimone è passato ai figli e ai nipoti, i figli del giudice Paolo. Fiammetta, la figlia più piccola, sta portando avanti senza sosta una battaglia che riguarda tutti noi: la ricerca di verità e giustizia per uno dei periodi più bui del nostro Paese.

Dalle motivazioni della sentenza sulla trattativa Stato-mafia che ha portato alla condanna di politici e vertici del Ros dei Carabinieri, sono stati evidenziati depistaggi e avvenimenti che accelerarono il corso degli eventi e il periodo stragista.

Stessa cosa per la sentenza del processo Borsellino quater, per la prima volta, infatti, ha riconosciuto il depistaggio delle indagini ad opera di apparati dello Stato. Rita non ha mai smesso di lottare e di crederci, anche lo scorso 19 luglio non ha rinunciato a partecipare alla commemorazione in via D’Amelio, già provata dalla malattia. Ha incontrato tantissimi giovani e raccontato la storia dell’albero di ulivo palestinese. Un albero dato da tutti per “spacciato” ma che invece è cresciuto rigoglioso, così come i semi seminati in questi anni da Rita e dai familiari del giudice Paolo. Semi che, siamo sicuri, continueranno a crescere.

Questa mattina a Palermo, a dare l’ultimo saluto a Rita Borsellino presso la chiesa Madonna della Provvidenza don Orione, un fiume di gente, uomini delle Istituzioni e tantissimi giovani. A celebrare la messa l’arcivescovo Corrado Lorefice e don Luigi Ciotti.

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Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.