Così parla un capo mafia

Le parole di Vito Bigione, il boss arrestato dalla Polizia ieri in Romania, quando fu intercettato a parlare con i gregari a Mazara

Pizzini, e ancora lettere e pizzini. Sebbene resi carta straccia sono risultati fondamentali alla Polizia per scovare il nascondiglio rumeno del narcotrafficante mazarese Vito Bigione. Alcune lettere stracciate sono state trovate dai poliziotti italiani in un contenitore di rifiuti vicino la palazzina dove Bigione, facendosi chiamare “Matteo”, abitava, pare da solo. Erano lettere e forse anche pizzini facenti parte della corrispondenza del ricercato. Materiale definito interessante dagli investigatori della Squadra Mobile di Trapani che sulla latitanza di Bigione non avrebbero finito di lavorare. Ma una certezza i poliziotti trapanesi l’hanno già “certificata”, Vito Bigione aveva preso in mano il mandamento di Mazara, rimasto sempre in bilico dopo la morte degli ultimi due capi, Mariano Agate, “don Marianino” e Vito Gondola, inteso “Coffa”. L’ultimo erede dei due padrini sarebbe stato Dario Messina, arrestato però pochi mesi addietro durante il blitz antimafia Anno Zero. Interessanti sono i colloqui tra Messina e Vito Bigione che all’epoca era ancora libero di muoversi. I poliziotti del Servizio Centrale Operativo, lo Sco, infatti lo hanno ascoltato mentre spingeva Messina a “fare qualcosa” e Messina rivendicava le proprie capacità di capo del mandamento ricordando lo stretto legame con Gondola, di aver frequentato “le sue scuole” e di rispettare il suo volere come se fosse il “Vangelo”. Chiare le risposte di Bigione: Io ci sono stato come te … io ci sono stato come te, Ninuzzo non c’è stato, io invece c’ero … io mi sono fatto il resto, il contorno e tutte cose …Io! Ed io, quando ero là dentro, ero là dentro onorato … con cristiani che sono ancora per ora a Mazara, io mi sono fatto quello che mi sono fatto, per i fatti miei …Io mi sono fatto …mi sono abbracciato le mie cose, nel mio piccolo me le sono abbracciate le mie cose, Dariù”.Vito Bigione nella gerarchia mafiosa trapanese, indicato ora come il “commercialista” ora e forse meglio come “l’ambasciatore”, ma sempre comunque un gradino sotto del capo mafia assoluto Matteo Messina Denaro, il latitante ricercato dal 1993. Lui per anni abitò in un paese africano della Namibia, ufficialmente imprenditore del settore ittico e ristoratore in una delle località più turistiche della Namibia. Da dove però dovette andare via quando un cambio di regime gli fece venire meno tutta una serie di guarentigie per la sua latitanza dorata. Intanto però per conto di Cosa nostra e la ‘Ndragheta riuscì a gestire un vorticoso traffico di cocaina verso Sicilia e Calabria, ragione questa per la quale nell’estate scorsa è diventata definitiva la sua condanna a 15 anni. Nel 2004 fu arrestato dalla Squadra Mobile, e tornò libero in attesa della pronuncia definitiva della Cassazione. In tempo prima della sentenza riuscì a scappare verso la Romania, da qui forse gli è più attinente la figura di ambasciatore. Perché a quanto pare in Romania non sarebbe rimasto a far nulla. Lui intanto da libero a Mazara cercava di riprendere in mano il mandamento e con Dario Messina spesso si confidava . “Ma tu lo sai … tu lo sai che io bene ne ho fatto pure assai? Io mi sono messo a disposizione e rischiare la galera … il carcere… Io Ed io, quando ero là dentro, ero là dentro onorato … con cristiani che sono ancora per ora a Mazara, io mi sono fatto quello che mi sono fatto, per i fatti miei . E là dentro ero onorato e rispettato, mi sono fatto qualche sciarra per difendere a questo o a quello, Dariù … il Signore qua mi guarda, se …”. L’idea che gli frullava in testa in tutte le sue discussioni era quello di sistemare l’organigramma del mandamento mafioso: “Dario vediamo cosa c’è di strumentare, Dariù … mi segui Dario? Ah?”. Dialoghi e chiacchiere che spesso finivano sempre sullo stesso argomento. Il fatto che Epifanio Agate, figlio del padrino don Mariano, non era propenso a succedere al padre. Già di questa circostanza i poliziotti in una intercettazione avevano sentito parlare lo stesso anziano Vito Gondola, che infine chiosava, lamentandosi, in questo modo: Ma lui (Epifanio ndr) perché non si mette in testa? Perché non si mette in testa, lui?Anzi di stare dietro al muro…”.Comportamento di Agate jr del quale Bigione parlando con Messina si è mostrato essere a conoscenza: “Non se ne vuole abbracciare cose di mano, cose non se ne vuole abbracciare”.Arrestato adesso anche Bigione la poltrona di capo del mandamento di Mazara resta vuota, ma gli investigatori scommettono solo per poco tempo ancora.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.