Addabbanna!

Inaugurata a Trapani la mostra fotografica di Anna Franca Lombardo dedicata al prefetto Fulvio Sodano. Immagini che suonano la sveglia ad una città dove si continua a pensare che la mafia non esiste

Chi è di Trapani sa bene che quando c’è qualcuno che non segue il “pensiero felice”, del genere, la mafia non c’è, qui va tutto bene ed è tutto a posto, la corruzione non è un male terribile, e che, per esempio ancora, le nostre fognature funzionano bene e che gli allagamenti sono colpa delle intemperie violente, e ancora che il porto funziona e che per l’aeroporto arriverà il tempo del ritorno del sereno, ecco la domanda che si pone al “cattivo” che non si adegua all’andazzo quotidiano è questa: ma tu a cu apparteni, tu a chi appartieni. Fotografando dodici persone Anna Franca Lombardo ha dato in generale la risposta che funziona per comune denominatore per tutte le persone ritratte, e non solo per loro: addabbanna! Stare, non appartenere, alla parte di chi ritiene che il “pensiero felice” è una cosa sbagliata perché serve semmai a nascondere i mali di questa terra. Un territorio, quello trapanese, circondato da un muro di gomma dove tutto quello che dà fastidio sparisce. La provincia di Gommopoli ho scelto oramai da tempo di definirla. Una terra, questa, che non è solo quella che continua a nascondere un mafioso sanguinario, spietato, terribile che si chiama Matteo Messina Denaro, ma dove opera una congrega di colletti bianchi, professionisti, che sono al servizio della moderna Cosa nostra. Quelli che amano, dispensano, il “pensiero felice”. La mafia che si è data invisibilità riscoprendo la strategia della sommersione, la mafia che non spara perché è bene infiltrata nel tessuto politico, sociale ed economico, e non ha bisogno di farlo, perché nel territorio le estorsioni, l’usura, non vengono denunciate così da sembrare che non esistano, una mafia che in questa terra è andata a braccetto con i depistatori ed i depistaggi, che frequenta le logge massoniche, sopratutto quelle deviate e le cui colonne sono state alzate ad hoc, una mafia che è stata capace di far spostare prefetti, magari far promuovere magistrati sensibili al richiamo, di far rimuovere investigatori. Tutto questo non lo racconta il giornalista, ma c’è scritto in decine di sentenze, raccontato in rapporti investigativi, racchiusi nei verbali delle Commissioni nazionali antimafia. La mostra fotografica di Anna Franca Lombardo tutto questo lo mostra, con dodici scatti che fino al 15 novembre si potrà visitare, è collocata all’ingresso dello storico Palazzo Senatorio di Trapani, Palazzo Cavarretta, sede del Consiglio comunale della città. Un progetto fotografico dedicato a Fulvio Sodano che fu prefetto di Trapani dal 2001 al 2003 e morto prematuramente qualche anno addietro. In silenzio fu una sentinella posta alla frontiera tra lo Stato e la mafia. Cosa nostra non poté oltrepassarlo, riuscì a farlo quando in 24 ore il Governo Berlusconi lo cacciò via da Trapani. Intanto una indagine accertò quanto odio i mafiosi avevano contro di lui e quanta importanza il lavoro del prefetto Sodano era servito ai poliziotti della Squadra Mobile di Trapani per scoperchiare la pentola degli affari tra mafia, politica e impresa. Un gruppo di consiglieri comunali chiese al sindaco della città, Mimmo Fazio, di concedere a Sodano la cittadinanza onoraria di Trapani, Fazio, all’epoca parecchio stretto al sottosegretario D’Alì, componente di quel Governo che rimosse Sodano, rifiutò l’onorificenza che poco tempo dopo venne data a due giornalisti che venuti a commentare le gare di Coppa America, descrivevano ogni giorno la bellezza del posto e le buone arancine. Sodano parlava di altro, non la meritò. Pochi si ricordano di questa storia trapanese, Anna Franca Lombardo ha dato un contributo a rimetterla d’attualità in questa città di Trapani. I dodici personaggi in mostra, tra questi anche io, immeritatamente e non tanto per dire, sono la Calcestruzzi Ericina Libera, Liliana Riccobene e Roberta Gatani, il magistrato Andrea Tarondo, il preside Francesco Fiordaliso, il presidente di Sicindustria Gregory Bongiorno, il sacerdote Baldassare Meli, il marsalese coordinatore provinciale di Libera Salvatore Inguì, i castelvetranesi Giuseppe Cimarosa e Pasquale Calamia, il partannese Nicola Clemenza. Fotografati e descritti. Con le loro storie che non sono del tutto personali. Altro che la mafia non esiste. Ognuno di loro lo può raccontare magari mentre c’è chi va dicendo , magari con una informazione rassicurante, che la mafia è sconfitta, affermazione che è soloespressione di una propaganda di regime che non vuole rompipalle di mezzo la mafia. “Queste sono foto necessarie – ha scritto Giacomo Pilati, scrittore e giornalista che ha accompagnato sabato sera Anna Franca Lombardo nel presentare la mostra – Arrivano in fondo al cuore e ci restano un poco. Giusto il tempo di capire. Giusto il tempo di sperare. Anna Franca Lombardo racconta dodici storie di resistenza. Dodici storie che si appiccicano al comune senso della dignità umana. La luce, la profondità degli occhi. Dodici storie da vedere.Condividere. Scatti. In avanti. Dentro la cultura dell’attenzione.Attenzione Alle fragilità. Al dolore. Alla speranza. All’amore. Che aprono le porte alla civiltà dell’attenzione. Addabanna”. La mostra di Anna Franca Lombardo è importante perché accende l’attenzione sul fenomeno mafioso, presentandolo nella sua tranquilla ordinarietà. La gente è stanca, è vero, ma perché la mafia è stata sempre presentata come fenomeno emergenziale, e invece non è così e la verità è che la gente è stanca di sentire parlare della mafia come emergenza. Come può essere una emergenza se la mafia esiste da secoli. Oggi il messaggio è terribile e da anni nelle agende di Governo la lotta alla mafia non è ai primi punti. Deve tornare ad esserlo. Oggi concedendo immediatamente risorse a chi indaga. Diverse indagini hanno fatto scoprire l’esistenza di “intrusi” nel mondo dell’antimafia, da quella giudiziaria a quella sociale. Ma c’è chi su questo gioca sporco. Inducendo a far pronunziare con sospetto la parola antimafia. Con quel sospetto che mai è stato concesso per parlare della mafia. Indagini che sono diventate argomento per chi vuole gettare fango su tutta la lotta alla mafia, da qualunque frontiera viene condotta, c’è chi vuole distruggere ciò che è stato fatto per diffondere la convinzione che è tutto inutile ed è tutto sporco. E’ vero nell’antimafia c’è chi ha avuto condotte da impostura, ma per fortuna l’antimafia è un mondo popolato anche da chi ci crede davvero. Infangare l’antimafia è il desiderio primo della mafia, chi parla a vanvera, sparge fango, o lo fa per irresponsabilità o lo fa perché sa di servire Cosa nostra. O meglio l’area grigia, laddove si nascondono non organici alla mafia, ma quei soggetti che sono nemici di chi denuncia, indaga, che praticano l’isolamento sociale, che trattano i condannati da eroi e condannano senza tanti processi gli incensurati. Per fortuna c’è la possibilità di stare addabbanna da tutti questi.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.