La DIA di Palermo ha dato esecuzione ad un decreto di confisca, emesso dal Tribunale di Palermo – I Sezione Penale e Misure di Prevenzione (presieduta dal Dr. Raffaele Malizia e composta dai giudici Luigi Petrucci e Giovanni Francolini), nei confronti degli eredi di Vincenzo RAPPA, deceduto il 28 marzo del 2009, all’età di 87 anni. Il provvedimento scaturisce da una proposta del Direttore nazionale della DIA, che nel 2014 aveva portato al sequestro dei suoi beni. Le indagini (coordinate dal Procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dal Procuratore Aggiunto Marzia Sabella e dal Sostituto Procuratore Claudia Ferrari) hanno consentito di ricostruire la biografia e la parabola economica dell’imprenditore edile Vincenzo RAPPA, già condannato in via definitiva nel 2004 dalla Corte d’Appello di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio aggravato. Gli accertamenti eseguiti, confortati dalle convergenti dichiarazioni rese, tra gli altri, da importanti collaboratori di giustizia: Angelo SIINO, Giovanni BRUSCA, Vito GALATOLO, Salvatore CANCEMI, Giovan Battista FERRANTE, Francesco ONORATO, Salvatore CUCUZZA, Antonino AVITABILE, Calogero GANCI, Francesco Paolo ANZELMO, Tullio CANNELLA, Antonino GALLIANO e Salvatore LANZALACO, hanno fatto emergere: – una rilevante sperequazione fra i redditi dichiarati e gli investimenti effettuati da RAPPA (cl. 1922), peraltro viziati dall’impiego di capitali illeciti; – i suoi legami con numerosi personaggi di spicco di cosa nostra: Raffaele GANCI, della famiglia della Noce; i MADONIA della famiglia di Resuttana; i GALATOLO della famiglia dell’Acquasanta, la famiglia di Borgetto. Al riguardo, il Tribunale afferma che “…le condotte poste in essere (da Vincenzo RAPPA, classe 1922, n.d.r.) di certo non si sono limitate alla mera contiguità o vicinanza a cosa nostra, ma si sono sostanziate in azioni senz’altro funzionali agli scopi associativi”. L’intesa con cosa nostra si è principalmente concretizzata nel versamento consapevole ad esponenti di spicco di quella consorteria mafiosa di ingenti somme di denaro, ottenendo, in cambio, la possibilità di realizzare importanti operazioni immobiliari, traendo indubbi vantaggi, sia nel settore dell’edilizia privata, che in quello dei pubblici appalti. La condotta del RAPPA Vincenzo, descritta nel processo penale che nel 2004 portò alla sua condanna, ha fatto emergere come egli, pur non essendo organico, avesse fornito a cosa nostra un contributo concreto, specifico e volontario, che permetteva di consolidare in maniera decisiva l’apparato strutturale dell’associazione criminale.
Sempre nel corso del processo, erano emersi nei suoi confronti anche elementi di reità per riciclaggio aggravato, in quanto alcuni collaboratori di giustizia avevano dichiarato di essersi avvalsi di lui, all’epoca insospettabile imprenditore, per sottrarre, dal rischio di eventuali iniziative giudiziarie, beni di loro proprietà, anche se formalmente intestati agli imprenditori GRAZIANO. Ciò ha portato all’emissione del provvedimento di confisca odierno, che ha colpito i beni riconducibili a Vincenzo RAPPA e acquisiti dagli eredi: intero capitale sociale e relativo compendio aziendale di 3 società di capitali (attive nel comparto delle costruzioni edilizie e nel campo finanziario), 1 società di persone, quote in partecipazioni societarie di una società di capitali, 183 immobili, un intero edificio di otto piani, rapporti bancari e disponibilità finanziarie. In particolare, sono stati interessati immobili dall’indubbio valore storico-artistico, oltre che economico: – l’intero edificio del Settecento denominato “Palazzo Benso”, oggi sede del T.A.R. di Palermo, in via Butera, angolo piazzetta Santo Spirito, confinante con la passeggiata delle Cattive e Palazzo Butera, composto di piano terra, due piani elevati con ammezzati e piano sottotetto, con terrazza a mare, esteso per mq. 1.200; – “Villa Tagliavia”, ubicata al civico 123 di via Libertà: un immobile in pieno centro, esteso per 2.300 mq., oltre 15.000 mq. di giardino; – l’intero edificio sempre a Palermo, in via Ugo La Malfa n. 153, ove è ubicata la sede regionale del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il valore complessivo del patrimonio confiscato è stimato in oltre 200 milioni di euro. È bene precisare che con lo stesso provvedimento, il Tribunale ha ora disposto il dissequestro di altri beni e società, intestati agli eredi del RAPPA, già interessati da sequestro nel marzo 2014; in merito ai quali l’A.G. non li ha evidentemente ritenuti riferibili e/o collegabili all’attività imprenditoriale di RAPPA Vincenzo cl. ’22.