IL CAPITOLO V DELLE “ISTRUZIONI” DEL MAESTRO SEGRETO CHIUDE DEFINITIVAMENTE L’EVOLUZIONE LEGISLATIVA DELLE REGIE TRAZZERE INVENTATA DAI RE PER OLTRE SEI SECOLI. ABBIAMO DIMOSTRATO LA MANCANZA TOTALE DI REGIE TRAZZERE CON LA STORIA DELLA SICILIA MILLENARIA.
DI ANTONINO MESSANA
Il V capitolo dell’Istruzione reca il seguente titolo: “Descrizione delle Regie Trazzere, Vie pubbliche e dei pubblici passaggi”. Osservo che il termine “descrizione” è improprio perché ciò che leggeremo non è una descrizione ma una autentica “definizione”. Leggere nel proseguo che le Trazzere e le Vie pubbliche sono state equiparate se non in larghezza, ma come strade con uguali percorrenze non è del tutto accettabile. Per capire bene questa equiparazione bisogna risalire all’invenzione originaria, come fonte storica del “demanio”. A tal proposito il nostro autore Lopresti con argomenti puntuali, chiari, inequivocabili e retorici illustra tutto l’iter storico cominciando da Ruggero II re di Sicilia (1130). Riporto alcuni brani nevralgici che ci fanno capire a chiare lettere l’autorità e l’abuso dei regnanti germanici per l’invenzione del demanio, delle regalie e relativi provvedimenti legislativi. Detti provvedimenti sono stati tramanadati fino ad oggi ed ereditati “ad majora” dall’Ufficio Trazzere. Il primo brano inizia con parole abbastanza simpatiche e confacenti con questa mia rubrica, leggeremo a primo achitto che “…l’Italia madre è maestra di tutte le favelle!”. Che dire allora per transitività dell’Ufficio Trazzere di Palermo che ha inventato 11.500 Km. di Trazzere? Questa si che una grandiosa favella da eccellenza!
Seguendo i brani del Lopresti, entriamo subito negli albori dell’età feudale e come un sogno, con l’istituzionalizzazione del “demanio” questo diventa il pretesto dei Regnanti per contrastare e combattere la volontà Baronale. Sono certo che l’avvocato Lopresti è stato uno dei primi giuristi pioniere critico del marchingegno (riscrivo le sue stesse parole) della “teoria demaniale nata proprio nella città di Napoli”. Fin da Ruggero II la Corona si appropriò delle Trazzere e delle Vie pubbliche,”malgrado la viva resistenza e l’ostinata guerra dalla baronale e feudale famiglia, brutta distillazione della superbia umana ed altima forma storica della vita patriarcale.
Con l’istituzionalizzazione del demanio frutto dell’età feudale e della concezione patrimoniale di tutti i poteri e diritti concentrati nei Regnanti, il diritto demaniale fu riconosciuto, custodito e conservato in tutte le epoche come patrimonio di tutta la nazione.
Chiaramente le nostre Trazzere, in quanto Vie pubbliche specialistiche, assolutamente non si potevano escludere dalla concezione demaniale. Infatti con provvedimenti legislativi (Vedi tra l’altro le Istruzioni del Maestro Segreto in parola) le nominate Trazzere verranno collocate nelle categoria delle Vie Pubbliche.
Adesso questi antichi concetti scritti dal Lopresti vengono confermati anche dagli studiosi di questa nostra epoca, perchè li troviamo nel più volte citato “Nuovissimo Digesto Italiano-UTET”. Come prova è sufficiente il piccolo brano qui sotto riportato.
UTET Volume V pagg. 423, 424 terza edizione 1957 ristampa del 1979
Infine, riescono molto significative le parole di quest’ultimo brano di Lopresti sotto riportato, filosofico e retorico che peraltro stento a interpretare. Tuttavia faccio un tentativo accettando a priori eventuali onesti commenti. “Le trazzere prendono il posto delle vie pubbliche (così che le vie pubbliche sono diventate pure tutte trazzere) e rientravano nel patrimonio del Re come Regalie e poi (oggi) come demanio. L’autenticità di siffatto assunto potrebbe essere contestabile dalla bramosia sfrenata di qualche possessore di terre, però detto assunto (cioè la demanialità della trazzera) è logicamente inconfutabile (“apoditticamente”), vale a dire inoppugnabile perché è verità pienamente dimostrata da atti legislativi.Ecco il brano.
Chiarito che le Trazzere e le Vie pubbliche fanno parte del demanio, meditato, professato, fatto valere e tramandato nei secoli con forzosi provvedimenti legislativi, potremmo rientrare nella “descrizione” o meglio definizione delle Regie Trazzere e Vie Pubbliche riportata nel V capitolo delle Istruzioni scritte e impartite dal Maestro Segreto nel 1806. Tuttavia ancora ritengo opportuno rievocare alcuni altri argomenti introduttivi per buona memoria che ci aiuteranno a comprendere la valenza delle Istruzioni medesime. Comincio con una primissima definizione di Regia Trazzera e Via pubblica già scritta di pugno dal Maestro nella Consulta del 1° febbraio 1788. Riporto le testuali parole: “Nel Regno li segreti e proconservatori credettero trazzera tutte le vie, anco le vicinali che dal pubbico portano ai rispettivi luoghi privati”. Per il momento devo evidenziare che la suddetta credenza è certamente corretta perchè trova numerosi riscontri e conferme. Come primo fatto devo osservare che nei vocabolari della lingua Italiana la parola “trazzera” è del tutto inesistente. In particolare ho consultato le seguenti opere: l’enciclopedia Treccani; il Grande Dizionario Enciclopedico UTET fondato da Pietro Fedele–terza Edizione-1972; il Dizionario Enciclopedico Universale – SANZONI FIRENZE 1972; il GRANDE DIZIONARIO DELLA LINGUA ITALIANA di Salvatore Battaglia-UTET-ristampa 1972. In tutte queste opere non esiste la parola “Trazzera”. Quindi, la “Trazzera” è solo un idioma non peculiare della lingua italiana ma, di lingua dialettale, usata nel linguaggio popolare in tutto il territorio siciliano. Tuttavia il termine trazzera l’ho trovato in alcuni vocabolari ”on line” con il significato di “Pista tracciata attraversi i campi per il passaggio delle greggi”. Infine il Vocabolario Treccani “on line” riporta la seguente etimologia: dal Francese antico dreciere, dressièr “via dritta”. La dottrina trazzeriale è concorde con i linguisti ortodossi e accetta l’etimologia francese drecier=raddrizzare (Vedi capitolo II-parte I, pubblicato il 19 dicembre 2015). L’origine francese della parola Trazzera mi fa pensare che i Siciliani l’hanno assimilata e accolta nel proprio linguaggio classico lessicale dall’occupazione francese di Carlo d’Angio (1266-1282) e tramandata nei secoli. Tuttavia il Lopresti ci fornisce queste altre versioni: la voce trazzera deriva da traccia, cioè quella via che i viandanti con le loro orme segnano e formano tracciati e quindi l’intero percorso attraversato a piedi. Altra versione, è una derivazione della lingua Rumena della voce traceiros che vuole significare via pubblica.
Mutatis mutandis, i provvedimenti legislativi del tempo non dubitano affatto che le vie destinate al transito degli animali sono appunto le trazzere (eventualmente ben distinte dalle vie pubbliche). Come prova soccorre il primo dispaccio del 21 aprile del 1785 a firma Caramaico (Vedi capitolo V-parte II, pubblicato il 13 maggio 2017).
Nonostante la netta separazione tra Via e Trazzera, il Maestro Segreto nel capitolo V delle sue Istruzioni, come tra poco leggeremo, arbitrariamente le unifica al solo fine di confondere e scambiare vicendevolmente le Vie pubbliche con le Regie Trazzere inesistenti. Il percorso etimologico intrapreso della parola trazzera, a mio giudizio, si allaccia bene in primo luogo con la sua storia arcaica e poi con la sua storia antica e moderna. Chiaramente l’argomento non è proprio breve, si allunga di un bel pezzo, ma testardamente devo ancora cogliere le forze, la pazienza e la caparbietà di non tralasciare neanche una virgola (perlomeno me lo auguro). I lettori che si avventurano a leggere sono sicuro che non resteranno delusi.
Adesso la parola“Trazzera” la troviamo nei vocabolari dei dialetti Siciliani. A tal proposito cito due Vocabolari antichi: VOCABOLARIO SICILIANO ETIMOLOGICO, ITALIANO E LATINO DELL’ABATE MICHELE PASQUALINO-PALERMO 1785; NUOVO VOCABOLARIO SICILIANO-ITALIANO compilato da ANTONINO TRAINA-PALERMO 1868.
L’abate Pasqualino attribuisce alla parola in discorso il seguente significato: “Trazzera via dei campi, via, sentiero, via semita. Forse voce formata dal trans dei latini quasi transea, trazzera, transeo, transera, tracce”. Il significato in buona parte è innovativo. Nella letteratura riscontriamo: via dei campi cioè strada di campagna, sentiero ed anche traccia. L’etimologia latina di trans, transea, transeo mai incontrata nel corso di questi miei studi la ritengo nuova di zecca e confaciente con i nostri fini. Come abbiamo visto sopra, la letteratura in materia di trazzere richiama la parola francese deciere o dressièr “via dritta”. Ecco i significati di “trans e transeo” ricavati dal dizionario Ferruccio Calonghi.
Le parole “trans e transeo” (autore Pasqualino 1785) si prestano a numerosi significati, tuttavia colgo i seguenti come “passare, andare, passare oltre, trascorre ect..”; sostanzialmente indicano i “cammini” che incontreremo e su cui soffermeremo tra poco.
Più tardi nel 1868 Antonino Traina si esprime nella seguente maniera:
Abbiamo letto come significato di trazzera viottolo, mulattiera, via dei campi. In comune con il Pasqualino riscontriamo le seguenti parole:, viottolo, mulattiere (che ritengo vale sentiero) e via dei campi. Tuttavia quello che mi ha colpito è la seguente frase “ Da traccia cioè Striscia di terra rispettata (a mio giudizio non solcata) dall’aratro”. Qui osservo una analogia con ciò che Lopresti ci ha fatto appena leggere: traccia erano le orme che lasciavano i passanti lungo la loro percorrenza segnando così la trazzera. (Vedi anche capitolo V-parte I, pubblicato il 1° aprile 2017). Per altro verso questa“traccia (segnata dai passanti che indica la via”) è equivalente ai “cammini” (Vedi capitolo I-parte II, pubblicato il 30 maggio 2015). A questo punto il sotto riportato paragrafo di Tesoriere, in primis convalida tutt’oggi le tesi di traccia adoperati da Lopresti e da Traina; ci elimina, qualsiasi dubbio sull’analogia di “traccia segnata da passanti” e i cammini di epoca arcaica. Ciò significa che gli itinerari in origine si sono formati con i cammini cioè con le tracce (orme) lasciate dai camminatori o dai passanti (uomini e bestie). Aggiungiamo così un episodio nuovo, concreto e determinato per la descrizione o definizione delle trazzere.
MAPPA DI GIUSEPPE TESORIERE RIELABORATA DALL’ARCHITETTO VERA MESSANA
Fonte: Tesoriere Giuseppe – Viabilità antica in Sicilia.
Ecco i percorsi attuali.
Vedi capitolo I-parte IV, pubblicato il 3 ottobre 2015.
In conclusione dalla parola traccia nasce la trazzera.
La letteratura trazzeriale vuole che le antiche trazzere risalgano all’epoca arcaica in discorso. A tal proposito riporto alcuni brani dell’architetto Santagati, unico e solo studioso degli arcaici percorsi delle trazzere di transumanza che peraltro ci precisa che non ha riscontrato studi, particolari approfondimenti, libri e neanche articoli sulle vie armentizie di quell’epoca, ma solo indicazioni verbali di pastori anziani che a loro volta avevano avuto notizie da altri pastori nella loro gioventù. Come prima cosa constatiamo che all’epoca non si chiamavano neanche Trazzere. Per approfondimenti esorto il lettore a rivisitare il capitolo I-parte II, pubblicato il 30 maggio 2015.
In quest’altro brano apprendiamo che la transumanza avveniva nella primavera con lo spostamento degli armenti dalle zone marine per esempio del Trapanese, oppure dalla piana di Catania o dalle zone marine Siracusane rispettivamente verso le Madonie, i Peloritane e i Nebrodi.
Non poteva esistere transumanza invernale per l’assenza di basse temperature o di neve per lunghi periodi (Vedi capitolo II-parte IV, pubblicato il 5 marzo 2016). Riporto la mappa del Servizio Idrografico Italiano che individua le catene montuose e i giorni di manto nevoso.
Abbiamo l’Etna fino a 50 giorni di neve; la catena di collegamento Nebrodi Madonie fino a 10; le zone costiere segnate in giallo solo giorni 1; il restante territorio giorni 10.
La transumanza primaverile è corretta perché le greggi potevano pascere erbe fresche in alte montagne e così proteggersi della calura delle zone pianeggianti (per esempio piana di Catania) e zone marine.
Le trazzere ben descritte nella mappa che evidenziano nei particolari i percorsi ed i collegamenti con le città sono le seguenti: Via dei Jenchi e delle Vacche, trazzera mari e monti, il guado di Imera sul Salso.
(Vedi Capitolo I-parte II, pubblicato il 30 maggio 2015).
Non metto in dubbio sulla validità scientifica e storica di questo lavoro di Santagati, pur tuttavia restano belle pagine di storia da leggere, ma i percorsi fissati in mappa approssimativamente forse non raggiungono neppure i Km. 500; allora l’Ufficio Trazzere con un simile e breve percorso non avrebbe ragione di esistere. Con 11.500 Km. l’Ufficio ha maggiore lavoro e più costante nel tempo ed anche maggiori introiti di denaro, sicuramente di grande interesse per le casse regionali e a danno di innocenti proprietari che non hanno usurpato un bel niente ed hanno già pagato sicuramente per eventuale acquisto in piena buona fede. Qui mi tornano in mente i primordiali studi di latino (Lupus et Agnus). Ecco la favola di Esopo: diretta essenzialmente a politici distratti dagli studi.
IL LUPO E L’AGNELLO
Un lupo vide un agnello vicino a un torrente che beveva,
e gli venne voglia di mangiarselo con qualche bel pretesto.
Standosene là a monte, cominciò quindi ad accusarlo
di sporcare l’acqua, così che egli non poteva bere.
L’agnello gli fece notare che, per bere, sfiorava appena l’acqua
e che, d’altra parte, stando a valle non gli era possibile
intorbidire la corrente a monte.
Venutogli meno quel pretesto, il lupo allora gli disse:
<< Ma tu sei quello che l’anno scorso ha insultato mio padre ! >>
E l’agnello a spiegargli che a quella data non era ancora nato.
<< Bene >> concluse il lupo, << se tu sei così bravo a trovare
delle scuse, io non posso mica rinunciare a mangiarti. >>
La favola mostra che contro chi ha deciso di fare un torto
non c’è giusta difesa che valga.
Anche i capi di stato, quando hanno in mente di ottenere
un vantaggio usando la forza inventano pretesti, e non è possibile
farli desistere con argomenti giusti e fondati.
inrete.ch/cult/FAVOLE/Esopo/Esopo-Il%20lupo%20e%20l’agnallo.htm
Proseguiamo con il nostro discorso. Come abbiamo letto dal Tesoriere che i Romani dai viottoli e sentieri ereditati dai Greci realizzano un’intera rete viaria. Vediamo che cosa è rimasta dell’intera rete dopo la caduta dell’impero (Vedi capitolo II-parte I, pubblicato il 19 dicembre 2015).
Gli studi di Uggeri ci hanno già confortato illustrandoci lo stato di abbandono della viabilità nella nostra isola dopo la decadenza dell’impero Romano fino ad arrivare all’alto medioevo. Ecco un brano per ricordare i viottoli e le mulattiere: La redina livellava progressivamente le esigenze di tutte gli itinerari, dalle grandi strade romane alle “trazzere” ed ai percorsi più modesti, ma pur sempre accessibili per redine e lettighe e per muli.
La cronaca sulle strade di Sicilia dell’epoca del Maestro Segreto è vasta, per brevità ne cito solo due ampiamente già illustrati nei precedenti capitoli: 1) “MEMORIA sulle strade pubbliche della Sicilia” di Carmelo Guerra della Reale Accademia delle Scienze e delle Lettere di Napoli del 1784; 2)I manoscritti di Villabianca: “NOTIZIA STORICA delle strade pubbliche Regie antiche e novelle della Sicilia” del 1788. Questi illustri personaggi che operano nello stesso periodo del Maestro marchese Buglio ci confermano una storia millenaria sulla mancanza assoluta di strade di Sicilia che abbiamo letto e riletto dall’intera bibliografia riportata in tutto questo mio lavoro. Infatti i nostri autori Guerra e Villabianca scrivono a chiare lettere rivolgendosi con indulgenza ai Regnanti (al Re Ferdinando ed al vice Re Caracciolo) la decadenza e la necessità impellente di creare le strade in Sicilia. Infatti la primissima strada costruita Palermo-Vallelunga (Vedi l’intero capitolo VII, pubblicato da giugno a settembre 2018) per raggiungere la città di Messina per le montagne intendeva collegare le città centrali della Sicilia. Risulta abbastanza chiaro che il Maestro Segreto e l’intera amministrazione governativa giocano a “Guardie e Ladri” volendo far risorgere le Trazzere come strade adatte al passaggio di animali, in particolare le greggi allorquando non esistono neanche le strade.
Andiamo avanti con le implorazioni di Guerra rivolte al vice Re Caracciolo per rimediare i mali della Sicilia…per l’abbellimento della Capitale, e delle principali città, e pella costruzione delle pubbliche strade. Per maggiori approfondimenti vedi capitolo IV-parte IV, pubblicato il 23 luglio 2016.
Invito i lettori a rivisitare il capitolo IV-Parte IV, pubblicato il 23 luglio 2016.
Infine con Francesco Maria Emanuele Gaetani Marchese di Villabianca che in copertina del suo manoscritto sopra citato debutta con la seguente frase: “ Le opere migliori, che i paesi illustrano Son le facili strade, e i bei Cammini”.
Biblioteca comunale di Palermo-Casa Professa, Coll, QqD 10700343
Biblioteca comunale di Palermo-Casa Professa-coll. QqD10700342
Con tutto che nella città dell’antica Grecia fiorito ni avessero le Selciate di strade per salutar dalli fanghi i pubblici cammini. Pur tuttavia nella Sicilia li Primi che nela introdussero furono i Cartaginesi. Li Romani ce le mantennero né loro tempi, necessari questi nè decaderono. Queste strade di fatto furono la Valeria, la Pompeja, la Elorina. Di esse ma per disgrazia nostra non c’è ne rimane altro che la ricordanza del solo nome ne Romani fatti la Sicilia che il può negare che sinora delle più belle parti dell’Italia, se non dico l’onore della medesima perle nobilissime don che a lei fù adonar la natura ma per punto di Strade si può dir miserabile perché ni di è avuta per esse una detestabile sempre….
Per osservarsi le antiche strade Romane di Elorina, Valeria e Pompeja che sopra avanti citate vennero se stimato Più qui…portarne la figura nel….Sicilia che sta di antiporta…(pag. 7) Si compiacque la maestà del Re con sui dispaccio del di Ottobre 1788. Contribuire ugualmente la sua rata pella fabbrica di questa strada e la fè ascendere alla somma di mille solvibili però in cinque anni alla…di 200 l’anno.
La copia di questa grazia corse affissata nelle pubbliche strade di Partinico.
Porta intanto la disgrazia del Paese, che essendo la Sicilia trattata di Provincia della Corona, i di lei Governanti procurano a scurare l’una con l’altro la sua persona.
La storia delle Regie Trazzere termina con tanta eloquenza dai racconti dei viaggiatori stranieri del 1700 che hanno attraversato in lungo ed in largo la Sicilia con muli e cavalli e molti tratti a piedi su viottoli e sentieri fangosi e pietrosi e persino con enormi massi rischiando anche la vita (Vedi l’intero capitolo IV). A tal proposito ripropongo ciò che ha scritto e disegnato Goethe il 19 aprile 1787 lasciando Monreale per dirigersi verso Alcamo Vedi capitolo IV-parte III, pubblicato il 25 giugno 2016).
Carlo Gastone Rezzonico (Vedi capitolo IV-parte V, pubblicato il 17 settembre 2016) arriviamo al 1793 e ci racconta i seguenti episodi: 1) “Per stimolarne la lettura, anticipo le seguenti frasi, a mio giudizio, simpatiche e inaudite che i mulattieri pronunciavano ad alta voce per indirizzare muli e cavalli a camminare in viottoli di grosse pietre e sassi: “A ogni rivolta di strada i buoni letticari (conduttori di lettiga) usavano ripetere (gridando con voce assordante) un pio intercalare; e chi va per la via, evviva santa Rosalia, e con ciò credevano d’essere immuni da ogni pericolo di smucciar loro i piedi” ; 2) Altra frase scritta in occasione di attraversare il paese di Sferracavallo è la seguente: …”A Sferracavallo la strada per la somma scabrosità dell’acute pietre ben merita tal nome…”; 3° e ultimo passo: è fuor d’ogni dubbio, che i mulattieri siciliani veggendosi obbligati a gridare di continuo alle bestie per animarle al cammino in sì difficili strade, e renderle attente a posar i piedi…quindi udiva uno di loro esclamare di tratto in tratto: Au cane cane, spaccafurno cane! E chiedendogli io cosa volesse dire, mi rispose, che spaccafurno (città di Ispica ricca di allevatori) era il nome della bestia comprata a spaccafurno e cane cane l’ingiuria con cui stimolava a mutar con diligenza il passo”.
Infine rievoco il viaggio in Sicilia del 1808 di Paolo Balsamo (Vedi l’intero capitolo IV formato di nove parti) fatto due anni dopo la pubblicazione delle Istruzioni del Maestro Segreto. Senza indugio dico subito che da Vallelunga a Modica non morì per grazia ricevuta perché per ben due volte la lettiga si ribalta. A Modica cammina a piedi e a cavallo, costretto a lasciare la lettiga per la frequenza di “dirupi” e strade a “rompicollo”. Sono parole testuali quelle in corsivo e tra virgolette. Impiegò per buona fortuna una sola giornata attraversando la primissima nuova strada carrozzabile Palermo-Vallelunga (Vedi capitolo VII-parte I, pubblicato il 23 giugno 2018) terminata pochi anni prima.
In conclusione affermo pedantemente che in Sicilia non ci sono strade, esistono sentieri e mulattiere, però si cercano le Regie Trazzere. Quelle cattive strade allora esistenti che collegavano le città sono state chiamate e trasformate in Trazzere Regie. Paradossalmente per la costruzione della nuova strada Palermo-Vallelunga (Vedi capitolo VII-parte I, pubblicato il 23 giugno 2018) tracciata nella strada consolare Palermo-Agrigento le terre limitrofe alla costituenda strada sono state usurpate proprio dalla Corona al conte S. Marco, al Principe dell’Ogliastro ed altri nobili fino al raggiungimento della città di Vicari a causa dell’allargamento della strada a canne 18.2. Infine, ricordo che il Re con decreto dell’11 febbraio 1792 ha permesso la vendita delle inventate trazzere inutili.
Nell’ultimo secolo di storia delle Trazzere i governanti Borbonici spinti con forza e volontà di popolo a costruire in Sicilia le strade rotabili, hanno usurpato con le vendite, reintegrato e permutato parti di Trazzere del tutto inesistenti.
Dopo questa tornata lunga ma riepilogativa e conclusiva della storia millenaria delle Trazzere andiamo al V capitolo delle Istruzioni.
Non mi dilungo a commentare l’intero capitolo perché a colpo d’occhio è un imbroglio. Accoppiare le Regie Trazzere con le Vie pubbliche è inaudito. Le Trazzere, come abbiamo visto sopra non sono altro che strade di campagna; non cominciano da un “luogo pubblico”, ma dal sito ove sono ubicati gli ovili o le stalle quindi dai feudi. Luogo pubblico è una piazza, un giardino pubblico, una villa, uno spiazzo adibito a mercato e non so cos’altro da aggiungere. E’ impossibile che da questi luoghi cominciano Trazzere. Chiaramente la Trazzera essendo una strada di campagna si può unire con una pubblica strada per raggiungere una città, un paese, un piccolo centro abitato, una fiera.Tuttavia ritengo che le grandi mandrie (formate almeno da 500 capi, come ha scritto il Maestro Segreto nella Consulta) si spostano, però solo in Sicilia e nella calda stagione per la transumanza e per raggiungere le alte montagne; sicuramente non è ragionevole pensare che mandrie di 500 capi di bestiane si spostano per raggiungere paesi, città o centri abitati. Solo le grandi fiere le potranno ospitare, ma saranno ospitate in estesi luoghi di campagna in zona periferia lontana da città o paesi. Infine, le Regie Trazzere o meglio Vie Regie, non sono altro che le “Regalie” sufficientemente larghe per il passaggio di due carri nei due sensi. Anticipo che il termine Via Regia lo troveremo più avanti nei testi latini.
Le Vie pubbliche sono invece le strade cittadine e quelle che collegano le città e attraversano campagne, contrade, feudi. Queste Vie possono benissimo condurre in luoghi pubblici come piazze, mercati periferici, laghi, fiumi, fonti di acque pubbliche, ect. Non ho altri argomenti per definire la Via pubblica, ma questa sicuramente non si sposa con la Trazzera intesa strada di campagna o strada armentizia. Nonostante la comune descrizione di Trazzera e Via rimescolata e impastata dal Maestro Segreto e sancita nel capitolo V delle “Istruzioni” in argomento, le due strade sono rimaste ben distinte in tutto il restante breve periodo governato dai Borboni. La prova l’abbiamo già cercata e resa pubblica con il “processucolo” celebrato ad Erice (Vedi capitolo VIII-parte I. pubblicato il 27 ottobre 2018).
Provvidenzialmente per l’Ufficio Trazzere di Palermo, tutte le 11.500 Km di Regie trazzere e tutte di larghezza m. 37,68 formano oggi l’intero patrimonio armentizio della Regione. Ciò significa che tutte le strade di Sicilia già inesistenti nei millenni passati e le nuove strade comprese erano e sono per detto Ufficio Trazzere solamente grandissime strade armentizie. Ecco un esempio di attestazione che impartisce l’Ufficio Trazzere.
Abbiamo letto che la zona colorata in giallo della planimetria sottostante indica la trazzera larga m. 37,68 di proprietà del pubblico demanio armentizio. La medesima attestazione verrà sempre ripetuta per ben 11.500 Km di Regie Trazzere.
La planimetria qui sotto riportata è il foglio 40 del Catasto del comune di Ispica. La linea continua marcata in nero e colorata in giallo mostra la strada allargata a m. 37.68 rispetto a quella catastale. La planimetria in argomento non fa testo. Tutti sappiamo che il catasto italiano non è probatorio.
Puta caso, questa strada Ispica-Pachino nelle mappe stradali antiche IGM non esiste. Pertanto è una nuova strada costruita dopo l’avvento del Maestro Segreto. In assenza di altre mappe più antiche che evidenziano la strada in parola, la mappa IGM fa fede.
Andando avanti col capitolo V incontriamo la voce PASSAGGI PUBBLICI. Dico subito che i passaggi pubblici non rientrano nella fattispecie dei diritti reali assoluti (erga omnes) come la proprietà, perciò detti passaggi non sono stati mai citati e classificati come possessioni del Re o “Regalie”. Pertanto non esistevano. Sono solo invenzioni del Maestro Segreto Buglio. Infatti le fonti stradali del diritto romano, come vedremo tra poco, non ne fanno alcun cenno. Quindi dico che non è vero che i passaggi fanno comodo ai feudi e terre del Regno, conducono ad altri feudi, portano a pubbliche strade e conducono a pubblica fonte o mercato od altri.
Per il diritto Romano i citati collegamenti con fuedi, strade pubbliche, fonti e così via sono assolti, come leggeremo tra poco dalle Vie vicinali. Quindi nuova invenzione del Maestro Segreto.
Ma dov’erano i passaggi? Nessuna citazione è avvertita. La letteratura in materia di Tratturi richiama i Tratturelli o bracci dei Tratturi ed erano derivazioni secondarie del Tratturo. Se allora c’erano i passaggi che fine hanno fatto adesso? Sono certo che nessuno li conosce. Tuttavia il nostro diritto moderno riconosce il “passaggio” come un diritto reale di godimento classificandoli come “servitù prediali”. Il Nuovissimo Digesto Italiano elenca i seguenti: Passaggio arbitrario delle Linee dell’Armistizio, Passaggio Coattivo, Passaggio d’acqua a scopo di bonifica e passaggio iniffensivo (volume XII, pagina 544) . Chiaramente queste fattispecie di servitù non trattano di strade che collegano feudi o altri collegamenti. Fa eccezione il Passaggio d’acqua che è una servitù provvisoria per permettere una bonifica.
Tirando le somme, queste Istruzioni non sono altro che “fortezza” ( sicuramente per il nostro Maestro che li ha scritti) senza però alcun fondamento. La prova finale e definitiva di questa mia affermazione ce la fornisce il libro che ci ha fatto sempre compagnia del nostro caro Lopresti e che ci ha sostenuto nel corso di questo lungo e interminabile lavoro; adesso ci assiste con la classificazione delle strade formulata dai giuristi romani. Qualcuno può chiedere il perché spolverare il diritto Romano. La risposta è immediata. Perché in Sicilia le strade le hanno costruite proprio i Romani. Infatti, sono stati loro i nostri maestri e autori; oggi sono per antonomasia i nostri unici e senza eguali eccellentissimi difensori. Ecco le definizioni originali in lingua latina tratti dalla Monografia di Diritto Pubblico di Lopresti con i riferimenti bibliografici. Le traduzioni sono state attentamente eseguite dalla professoressa Giovanna Gioia già Docente della lingua Latina nei Licei classici.
Per cominciare, il primo commento cade sulla parola “Regia” incontrata e utilizzata sempre come “Regalia, Via Regia e Regia Trazzera”. Osservo che la suddetta parola è un’invenzione dei Governanti Siciliani a partire da Ruggero II fino ad arrivare alla dinastia Borbonica del XVIII secolo. La parola è greca e dal vocabolario Greco-Italiano leggiamo come significato “maniera o costume Regale”; quindi maniera regia o semplicemente “ regalia o regia”. Pertanto Via Regia incontrovertibile con una larghezza stabilita dalle Romane XII tavole).
Questa mia osservazione è utile per ricordare, come sopra evidenziato, che l’Ufficio Trazzere ignorando furbescamente la storia, tutte le strade di Sicilia li ha denominate “Regie Trazzere” in quanto strade armentizie fantasiosi appartenenti al patrimonio Regionale e originariamente (per indicare nei millenni) larghe canne 18.2..
Adesso leggeremo con Ulpiano la seguente classificazione delle strade: “le vie pubbliche sono regie” e si distinguono in vie pretorie e vie consolari; le vie private che sono quelle di campagna; le vie vicinali che collegano i borghi Nonostante siano state costruite con denaro privato, diventano nel tempo vie pubbliche.
Ecco la prova che nega l’esistenza dei passaggi pubblici inventati dal Maestro Segreto. Sono invece le Vie Vicinali che collegano i feudi e non i passaggi pubblici. Sono certo che questi collegamenti sono state creati dagli stessi feudatari e sono riconosciuti dalle letteratura stradale come “Vie Baronali” e dal catasto esattamente come Vie vicinali.
Chiamiamo le vie pubbliche ,(cioè regie) quelle che i nostri chiamano pretorie, altre vie consolari. Sono private quelle vie che alcuni definiscono agrarie (cioè di campagna).
Sono vie vicinali quelle che sono nei borghi e che conducono ai borghi, anche queste alcuni dicono che sono pubbliche; la qualcosa è vera se questa via non è stata costruita con il contributo di privati, altrimenti che se fosse ricostruita con il contributo di privati; infatti se fosse ricostituita con il contributo di privati, non è assolutamente privata: il rifacimento infatti avviene quindi generalmente perché ha una utilità e un uso comune.
Leggeremo adesso altra definizione di via pubblica e via vicinale così distinte: le vie pubbliche sono chiamate regie, pretorie, consolari, militari; sboccano al mare, o al fiume, si collegano con città o con vie militari. Le vie vicinali si collegano con i borghi sorti nei campi e solo una parte arriva alla via regia. Col trascorrere del tempo diventano vie pubbliche.
Il Voet scrive.
Sono dette vie pubbliche quelle che nel tempo sono state definite da colui che ha il potere di confiscare, altrimenti sono chiamate regie, pretorie, consolari, militari; ed hanno uno sbocco al mare, o ad un fiume pubblico, o ad una città o ad un’altra via militare. Le vie vicinali collegano i borgi sorti nelle campagne. Solo una parte sbocca in una via regia.
Sono dette vicinali quelle che portano ai borghi, costituite dai campi con contributi privati, delle quali una parte finisce in una via regia, un’altra senza uscita viene meno nello stesso borgo. Come non di meno queste vicinali, che furono costruite con il contributo dei privati, per quanto riguarda l’uso, siano annoverate fra le vie pubbliche, specialmente se non perdura il ricordo della loro istituzione.
Anche in questo passo leggiamo vie regie, regali (cioè regalie), consolari e militari. Queste ultime a suo tempo sono state costruite da consoli o da pretori.
Segue altra definizione del tutto simile alle precedenti di Georgicum.
Le vie pubbliche sono chiamate anche regie, regali, come anche consolari e militari da milite che un tempo era condotto attraverso di esse dal console o dal pretore.
Altra definizione con la seguente nuova distinzione delle strade: iter, actus e vie. L’iter e la via sono strade pedonali; l’actus è strada campestre.
Si tramanda la distinzione di iter, di actus e di via, sia iter quello attraverso il quale il pedone o cavaliere possono transitare: actus (strada campestre) dove invero è possibile far passare mandrie e condurre un carro: dove bisogna intendere mandrie soltanto bestie da lavoro ma altro.
Questo altro passo di Ulpiano ci fornisce una idea più allargata rispetto alle precedenti riguardante la via vicinale che è la seguente: sono state costruite nelle campagne con contributi privati. Col passare degli anni, tali da dimenticarne gli autori, diventano vie pubbliche. Si differenziano dalle vie militari perché hanno sbocco al mare, a città, a fiumi o altra via militare; le vie vicinali invece o si collegano con le vie militari o non hanno sbocco. Più avanti leggeremo altre definizioni.
Le vie vicinali, che dai campi furono costruite con contributi di privati, delle quali non esiste memoria sono annoverate fra le vie pubbliche. Ma tra esse e altre vie militari c’è questa differenza, perché le vie militari hanno lo sbocco al mare, o una città, o in fiumi pubblici, o altra via militare, ma la condizione di queste vicinali è diversa, infatti una parte di esse ha sbocco nelle vie militari, altre finiscono senza alcuno sbocco.
Segue altro brano che per certi versi si diversifica dai precedenti. Succintamente la via pubblica è quella costruita su suolo pubblico che apre il cammino al popolo. Essa collega le città, i fiumi e le vie militari.
Se qualcuno chiama via pubblica quella della quale anche il suolo è pubblico. Nel senso in cui Isidoro definisce vie pubbliche quelle che sono in suolo pubblico attraverso le quali si apre al popolo il cammino, le quali si estendono o verso il mare o verso la città. Alcuni aggiungono o verso fiumi pubblici o verso altra via militare.
Quest’ultimo brano ci dà una nuova e più ampia e definitiva versione della via vicinale e si differenzia dalle precedenti perché afferma che sono state costruite con consenso dei vicini. In altre parole sono i vicini che consensualmente si danno strada uno per l’altro. Le già accennate strade baronali. Con il passare del tempo diventano vie pubbliche.
Sono vie vicinali quelle che sono state costruite con il consenso dei vicini e in campi privati affinchè gli uomoni potessero passare di qua e di là. Ma quando quelle vie escono dalla memoria degli uomini, allora queste vie siano ritenute vicinali al posto di pubbliche. Quelle che invero da non molto tempo a memoria di uomo sono state riscontrate, sono ritenute “come private” così anche sembra che una via vicinale non sia di terza specie, ma sia compresa tra le pubbliche e le private.
Infine il Brunemanni stesso ci fornisce la larghezza delle vie pubbliche che sono 8 piedi (8Xcm.29,65=237,2:100=2,372m). Nella parte tortuosa piedi 16 (16X29,65=474,4:100=m.4.74) a condizione che trattasi di servitù, deve avere un larghezza sufficiente al passaggio di un veicolo, altrimenti sarà un sentiero non una strada. Da queste parole ricaviamo senza ombra di dubbi che l’Iter è un sentiero, cioè un cammino; la Via una strada.
La larghezza della via è definita per esteso, secondo la legge delle 12 tavole, abbia 8 piedi, quella tortuosa 16 piedi naturalmente se costituendo questa servitù non abbia espresso nessuna misura della larghezza; infatti può stabilire che una via sia più larga o più stretta, purchè abbia quella larghezza attraversando la quale un veicolo possa transitare, infatti, altrimenti sarà iter (sentiero) non una strada.
L’attività operosa del Maestro Segreto per la ricerca e la definitiva regolamentazione normativa delle Regie Trazzere arriva, come in diverse occasioni accennato, al culmine con le Istruzioni del 1806 con questa l’ultima puntata. Chiudo contemporaneamente la storia millenaria delle strade che ho riassunto per sommi capi. Tuttavia questa rubrica continua fino ad arrivare all’unità d’Italia con due tappe: con la prima tappa analizzerò tutti i nuovi provvedimenti esecutivi (per esempio multe e condanne penali nei confronti degli usurpatori) che scaturirono dopo dalla normativa lasciata dal Segreto; seguirà la costruzione della nuova rete stradale Borbonica. Con la seconda tappa entriamo nel Regno d’Italia con l’evoluzione normativa fino ai nostri giorni. La storia millenaria delle Regie Trazzere termina adesso dopo cinque anni esatti dalla prima pubblicazione (31 gennaio 2015).
Ho iniziato a pubblicare a causa delle molte beffe ricevute dall’Ufficio Trazzere di Palermo che ho pubblicato interamente nella parte introduttiva. Per brevità e per stimolare la lettura di nuovi eventuali lettori, ripropongo una sola risposta beffarda dell’Ufficio Trazzere a seguito di alcune mie richieste per conoscere gli atti
probatori di due Regie Trazzere di Alcamo a dimostrazione del lavoro zelante svolto dal medesimo Ufficio. Ecco la risposta procollata il 23 novebre 2011.
Come abbiamo letto mi hanno mandato all’Archivio di Stato, ad altri Archivi e dove ho trovato tanta documentazione che prova l’inesistenza in Sicilia di strade e di Trazzere nei millenni di storia. Invito i lettori volenterosi a ripassare la parte VI dell’INTRODUZIONE, pubblicata l’11 aprile 2015 ove ho riportato tutta la corrispondenza epistolare con l’Ufficio Trazzere in parola.
Assodata la mancanza di strade in Sicilia non mi resta altro ricordare che presso l’Archivio di Palermo sezione Gancia al fondo archivistico “Rami e Diritti diversi” per le provincie di Palermo, Messina, Catania, Caltanissetta, Agrigento e Trapani c’è un’enorme nomenclatura estesa a tutti i paesi attraversate da vie pubbliche e trazzere (vedi capitolo VIII-parte II, pubblicato il 24 novembre 2015) ove si rilevano tutti i provvedimenti amministrativi (come le contravvenzioni) e atti giudiziari a carico degli innocenti usurpatori di Trazzere e Vie pubbliche. Questi atti e processi richiamano le singole vie e trazzere sia usurpate, sia reintegrate o pagate con censo. Questo accesso permette di verificare la nuova pretesa illegittima dell’Ufficio Trazzere se per caso le ha considerato a tutt’oggi usurpate, mentre per esempio erano state già date a censo.
Per il territorio della città di Alcamo ho rilevato il sottostante documento del 1836 riguardante l’unica Trazzera Catanese del tutto sconosciuta e non considerata dall’Ufficio Trazzere.
La mappa redatta dall’Ufficio Trazzere qui sotto ancora una volta riportata mostra che nel territorio di Alcamo sono state disegnate ben 19 Regie Trazzere; si osserva peraltro che collegano le città del circondario come Palermo, Partinico, Balestrate, Castellammare del Golfo, Calatafimi e Gibellina.
Sostanzialmente sono state cancellate le Vie pubbliche. Tutte le strade che si intravedono non sono altre che vie interpoderali, con parole romane “Vie Vicinali”. Il quadro non riporta la Trazzera Catanese. Per altro verso nel faldone “Rami e Diritti Diversi” per la città di Alcamo tutte le 19 Regie Trazzere sono ignorate. Pertanto l’unica Trazzera è la “catanese”. Ecco l’utilità dei documenti dell’Archivio Gancia di Palermo. Intanto le citate 19 Regie Trazzere sono annullate. Per l’intera provincia di Trapani, la città di Alcamo compresa, ripropongo gli altri documenti che comprovano la mancanza di Regie Trazzere larghe m. 37,68.
In primo luogo lo stesso Ufficio Trazzere riportando la frase “STRADA CONSOLARE” come titolo che comprova la proprietà della Regia Trazzera 452 Trapani-Palermo si “auto castra” per il semplice motivo che tutte le strade Consolari sono strade Romane e portano il nome del Console che li ha fatto costruire (trattasi della Via Valeria costruita da Marco Valerio) e sono larghe appena palmi 40 equivalenti a m. 10,32. Qui sotto riporto lo stralcio della Relazione di Demanialità relativa agli “atti probatori” redatta dall’Ufficio Trazzere che prova l’appartenenza della Trazzera al demanio Regionale (Vedi capitolo VIII-parte I, pubblicata il 27 ottobre 2018).
In secondo luogo abbiamo la perizia 1788 dell’agrimensore Vairo (Vedi capitolo V-parte VII, pubblicata il 23 dicembre 2017). Riporto alcuni stralci nevralgici.
Da osservare che l’agrimensore Vairo è stato incaricato in persona dal Maestro Segreto Marchese Buglio il 6 luglio 1788 dopo la “Consulta del 1° febbraio 1788, il Dispaccio patrimoniale del 7 marzo 1788 e il motivo fiscale del 15 aprile 1788 (Vedi capitolo V-parte IV, pubblicato il 16 settembre 2017).
Da questo brano apprendiamo che da ponente principiando dalla Tonnara di S. Giuliano distante solo un miglio da Trapani fino alle Croci di Castellammare non ci sono vie pubbliche e Regie Trazzere che collegano altra popolazione.
Dal Ponente e dalla Tonnara di S. Giuliano inclusive, contigua un miglio della città di Trapani, e questa così dal ponente, per tutta
Con quest’altro brano apprendiamo che da levante fino a ponente dalla parte meridionale che comincia dal Convento di Maria SS. di Trapani fino al fiume di Calatafimi, in questo territorio circonvallato (circondato da un vallo) da unica Trazzera e Via Regia con termine dal suo principio (cioè dal Convento di Maria SS.)fino al feudo di Fastajazza e da questo fino al fiume di Calatafimi che prosegue per Alcamo che continua (per Partinico, Montelepre, S. Martino delle Scale, Monreale, Palermo (termina via litorale a Messina). L’originaria larghezza di questa unica Trazzera e Via Regia è di palmi quaranta ristretta a palmi venti.
Senza ombra di dubbio siamo sulla strada Romana costruita da Marco Valerio nel 210 a.C. (Vedi capitolo I-parteIV, pubblicato il 25 luglio 2015). Questa Trazzera è stata oggetto di contenzioso che per brevità riporto qui sotto alcuni stralci della sentenza della Corte di Appello di Palermo.
Vado subito al nocciolo a leggere i motivi della decisione qui sotto riportata in copia originale. L’Assessorato Regionale appellante “si duole che il primo giudice abbia escluso che i fondi degli attori ricadessero in parte nel tracciato della Regia Trazzera Palermo-Trapani corrispondente alla vecchia via consolare ed alla via della posta…ritenere che i privati avessero compiuto un’usurpazione…
La Corte d’Appello senza ombra di dubbi afferma che il gravame o fardello è infondato per i seguenti motivi: 1) accetta in pieno la decisione del Giudice di 1° grado confermando come prova la perizia (sopra nominata) dell’agrimensore Girolamo Vairo; 2)precisa che il Vairo è incaricato nel 1788 di illustrare le strade del territorio di monte San Giuliano ( aggiungo che detto incarico è stato impartito dal Maestro Segreto marchese Buglio responsabile Regie delle vie e trazzere, per ammonire le usurpazioni); 3) la Corte ha ritenuto fondata la precisazione scritta in perizia dal Vairo che “forse l’originaria larghezza era di palmi quaranta”;4) dichiarava infine che “la larghezza della Regia Trazzera all’epoca del Vairo era, dunque oscillante tra m. 10 e m. cinque, come peraltro si desume dalla pianta topografica del feudo e della villa Abate-Nobili redatta dall’agrimensore Francesco Fontana il 24 ottobre 1874”.
In questa seconda pagina la Corte evidenzia ancora alcuni postulati come dimostrazione della impraticabilità nei luoghi in argomento di una Regia Trazzera armentizia larga canne 18 e palmi 2 corrispondenti a m.37,68: 1) che tale larghezza non era giustificata né dalla trasmigrazione di armenti dai pascoli, quali quelli di Nicosia, Lentini, Enna e Mistretta; 2) né ancora da un rilevante traffico commerciale o dalle necessità del servizio postale.
La pagina si chiude con il richiamo dei seguenti decreti reali: 1) il decreto 27 giugno 1820 divise le strade in quattro classi a seconda della loro importanza, ricomprese nella seconda classe le strade che collegavano la città di Palermo con i capoluoghi siciliani e prescrisse per le medesime la larghezza di quaranta palmi (pari a m. 10,32); 2) il decreto 1° luglio 1824, disponendo la costruzione o il completamento delle strade che collegavano Palermo con Messina, Girgenti, Trapani, Catania e Siracusa, stabilì che la larghezza non potesse essere superiore a 46 palmi (pari a m. 11,86) senza peraltro prescrivere un larghezza minima.
In questa terza pagina leggiamo a chiare lettere quanto appresso: 1) Il decreto assessoriale che dichiara la demanialità della trazzera “non contiene elementi utili per una precisa ubicazione e consistenza;2) la dichiarazione che il tracciato dell’attuale strada comunale corrisponde perfettamente a quello dell’antica via Valeria e a quella prevista dai regi decreti 27 giugno 1820 e del 10 agosto 1824.
Aggiungo un breve commento a questo brano. Scontato che trattasi della via Valeria la corrispondenza dell’attuale strada a quella dell’antica Valeria, come sopra abbiamo letto, è riferita a mio giudizio alla mappa disegnata dall’Ufficio Trazzere per il semplice motivo che il detto Ufficio nel disegnare i percorsi si avvalse delle mappe del Catasto del 1938. Ecco la mappa
La sentenza è giusta non solo per i motivi che abbiamo letto come la perizia Vairo, la mancanza di transumanza, di fiere che comportano lo spostamento degli animali, ecc. ma mi viene spontanea lanciare questa sfida: accettata e non contestata che la strada si identifica con la via Valeria (chiamata strada consolare dall’Ufficio Trazzere) vuoi che Marco Valerio ha costruito una strada armentizia larga circa m. 38?
La storia ci assicura non solo che le uniche strade sono state costruite dai Romani esclusivamente per motivi bellici, particolarmente la via Valeria, con lo scopo di abbattere i Cartaginesi. La storia romana peraltro ci tramanda pure una classificazione delle strade e la loro larghezza. Le dodici tavole ci assicurano che solo l’actus è una strada di campagna con una larghezza maggiore della via o dell’iter come sopra riportato. Infine, non sono assolutamente probatori tutti i percorsi riferite a strade Romane perché costruite secoli prima di Cristo e che già a partire dal 400 d.C. non esistevano perché abbandonate. I riferimenti scientifici ai tracciati a queste strade romane non sono altro che ipotesi approssimativamente attendibili. La sentenza con quest’ultimo riferimento poteva risultare più immediata. Concludendo l’Ufficio Trazzere tracciando Trazzere su presunte strade consolari perderà tutte le cause. In questo caso la proprietà di una strada è dimostrata solo se è stata costruita con denaro pubblico o per usucapione, come hanno stabilito le leggi romane sopra riportate. Stando così le cose l’Ufficio Trazzere è da smantellare e subito.
Come penultimo atto riferito alla provincia di Trapani che comprende anche il territorio di Erice che si allunga fino a raggiungere Scopello, riporto brevemente la risposta del 12 agosto 1787 che ha dato il Comune di Castellammare alla circolare indagativa sulle Trazzere inviata a tutti i Comuni della Sicilia dal Maestro Segreto (Vedi capitolo VIII-parte I, pubblicato il 27 ottobre 2018).
Archivio di Stato di Palermo-Maestro Segreto busta 275
“Qui non vi sono state mai regie trazzere perché vi hanno e si chiamano che vie che conducono sui collegati paesi, or se queste vie debbonsi ridurre a trazzere bisogna che diversi luoghi di stabili particolari con tutti gli alberi restassero fuori con notabili interessi de detrimento dei singoli”.
Infine abbiamo l’elenco di tutte le strade della provincia di Trapani con tutti i parametri originali: lunghezza, larghezza, luoghi e feudi attraversati ed i paesi di collegamento (Vedi capitolo VIII-parte I, pubblicato il 27 ottobre 2018).
Tutti i documenti sopra elencati provano a chiare lettere che in tutta la provincia di Trapani non esistono Regie Trazzere armentizie larghe m. 37,68. La sentenza della Corte d’Appello di Palermo annulla completamente, come Regia Trazzera larga m.37,68 l’attuale S.S.113 per l’intero percorso da Trapani a Messina perché la identifica alla via Valeria costruita da Marco Valerio iniziando da Messina per arrivare Trapani e proseguire per Marsala(Vedi capitolo I-parte IV-la Via Valeria, pubblicato il 25 luglio 2015) .
Mi scuso ancora una volta per la lunghezza, causata con lo scopo di riepilogare una conclusione della storia delle Trazzere e sono cosciente che ho superato Maratona, ma non sono morto. God save the King or The Queen. (Dio salvi il Re o la Regina); in questo caso i lettori pazienti.
La prossima puntata verrà pubblicata Sabato 23 febbraio e sarà dedicata al Real Dispaccio 24 marzo 1811 volto a far pagare esecutivamente un censo ai sempre perseguitati usurpatori e successivi rescritti.
Antonino Messana
BIBLIOGRAFIA
Lo Presti Antonino-Monografia di DIRITTO PUBBLICO sulle TRAZZERE DI SICILIA per l’avvocato Antonino Lo Presti, STAMPERIA DI G. B.LORSNAIDER-Palermo 1864. Custodito dalla Biblioteca Fardelliana di Trapani collocazione XLVIII D 31.
Fonte: Tesoriere Giuseppe – Viabilità antica in Sicilia. Dalla colonizzazione greca all’unificazione (1860), Zedi Italia, Palermo 1993-pag.12. Custodito dalla Biblioteca dell’istituto Costruzioni Stradali, coll. 422.P2.26 – Università di Palermo.
Vocabolari e opere consultati
Biblioteca centrale della Regione Siciliana-coll.antiqua III 1151-1152-1153