Totò Fundarò: il cantastorie alcamese conosciuto in tutta Italia

ALCAMO. Ho raggiunto Totò all’Orto dei Miracoli, il terreno di proprietà della sua famiglia da diverse generazioni. Mi accoglie con un grande sorriso e con le mani ancora sporche dal lavoro dei campi, trasmettendomi subito una gran simpatia. Mi trovo davanti un ragazzo poco più che trentenne ma con un bagaglio di conoscenze da cucirgli addosso un’aurea di saggezza che solo gli uomini più avanti con gli anni hanno.

Salvatore Fundarò inizia a raccontare della sua vita e della sua esperienza come cantastorie. Conosce i canti popolari sin dalla nascita grazie ai suoi nonni che passano le intere giornate a cantare, tanto da essere soprannominati i cardiddi (cardellini). I suoi primi “ingaggi” arrivano quando aveva solo 6 anni e, andando dal barbiere “anche” per tagliarsi i capelli, incontra Isidoro Di Lorenzo (che suona il mandolino) e Gaspare Adragna (suonatore di friscaletto), che diventano di fatto i sui mentori.

Capendo la predisposizione e la passione del bambino, ogni volta che c’era un evento, una serenata o un concerto passavano a prendere Totò a casa e lo portavano con loro. Cominciano così le sue esperienze al Centro diurno per anziani dove ogni ultima domenica del mese ci si riuniva per cantare e recitare poesie in dialetto. Segue per un periodo anche delle lezioni dal professor Fausto Cannone, esperto in musica tradizionale e folkloristica.

Il signor Adragna porta il giovane Totò anche a Balestrate dove, a circa 16 anni, entra a far parte di un gruppo folkloristico. Grazie a questa frequentazione con il mondo della musica tradizionale arriva a Palermo al Teatro Ditirammu, esperienza che porterà Totò ad approfondire moltissimi aspetti del canto popolare, migliorando la sua maestria con la chitarra ed entrando a tutti gli effetti nel mondo della cultura popolare. L’esperienza palermitana lo mette in contatto con moltissime persone con le quali avrà modo di collaborare per svariati progetti nel corso degli anni a venire.

Ma la sola tecnica non basta per diventare un cantastorie: Totò si documenta, chiede a diverse persone di raccontargli quelle che sono le storie e le tradizioni del territorio, le poesie, i canti, i cunti. Diventa quindi forse l’ultimo custode di un bagaglio di storie e canzoni che se non tramandate rischiano di perdersi.

Ma Salvatore non è solo questo. Lui vive la vita esattamente con la stessa filosofia delle sue canzoni. “Mai vedere la tradizione come un pezzo da museo; la tradizione va praticata” mi dice, ed applica questa frase alla lettera. Il lavoro che svolge nel suo terreno è un lavoro fatto come si faceva cento anni fa, senza nessun composto chimico, seguendo i cicli naturali e talvolta con metodi di coltivazione e raccolta esattamente come si faceva allora.

Daniele De Michele e Salvatore Fundarò

Questo modo di essere contemporaneo ma con un occhio rivolto al passato ha fatto si che il regista cinematografico Daniele De Michele attenzionasse la vita di Totò volendolo fortemente nel suo film “I Villani”, presentato nell’ambito della 75° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 2018, a cui è andata la menzione speciale Federazione Italiana dei Cineclub-Il Giornale del Cibo per “l’opera che ha proposto la scena più significativa legata al cibo e all’alimentazione”.

Salvatore cerca anche di tramandare tutta questa conoscenza soprattutto ai bambini facendo innumerevoli progetti nelle scuole e ospitando gli alunni anche nei suoi terreni. Collabora inoltre con il puparo alcamese, seguendolo sia nella realizzazione dei pupi che nella narrazione delle storie.

Ma Totò ha ancora un sogno nel cassetto: aprire ancora di più la sua casa e il suo “Orto dei miracoli” alla cittadinanza ed ai visitatori. “Sto lavorando alla realizzazione di un Teatro orto – mi racconta – che mi possa permettere di fare ancora di più uno scambio con la gente; avere uno spazio fisico destinato a questo mi darà ancora di più la possibilità di raggiungere il mio obiettivo che è quello di trasmettere storie e canzoni che non raccontino solo di amori tragici o di guerre ma che parlino anche di natura. Mi piacerebbe che la gente si ponesse sempre più spesso il quesito di ciò che sta mangiando, perchè grazie ad una corretta alimentazione possiamo davvero migliorare le nostre vite“.

 

 

 

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Eva Calvaruso, classe 1984, vive ad Alcamo, spirito da ventenne e laurea in Economia. Animo hippie e fan sfegatata di Guccini. Curiosità, passione e una continua ricerca della verità l’hanno spinta a diventare una giornalista.