La circostanza, anche se non inserita nell’ordinanza, emerge dalla memoria presentata dai magistrati di Trapani al Tribunale del Riesame. Per i pm non c’è incompetenza territoriale
Nove pagine fitte di riferimenti a decisioni pregresse della Cassazione, legate alla ricostruzione dei fatti dell’indagine, per dire che non è fondata la sollevata incompetenza territoriale della Procura di Trapani da parte del Tribunale del Riesame sull’inchiesta “Artemisia”. E’ questa la memoria della Procura a firma dei pubblici ministeri Andrea Tarondo e Francesca Urbani che è arrivata già sul tavolo dei giudici del Tribunale del Riesame di Palermo. Una memoria attesa dal Riesame dopo che gli stessi giudici disponendo le scarcerazioni di alcuni indagati, come quella dell’ex presidente dell’Ars, Cascio, avevano demandato ai pm trapanese le determinazioni rispetto alla sollevata competenza a favore della Procura di Palermo. I magistrati già all’esordio della loro memoria smontano la certezza dei giudici del Riesame sul luogo, Palermo, dove sostengono sarebbe stato commesso il reato di peculato, consistito in un incarico che l’on. Lo Sciuto, ex deputato regionale, principale indagato, accusato di essere a capo di una loggia massonica segreta, avrebbe fatto avere nell’ambito del suo ufficio all’Assemblea Regionale Siciliana, a Maria Lusia Mortillaro. Un fatto che il gip Cersosimo nella sua ordinanza di oltre mille pagine così succintamente spiega nella premessa : LO SCIUTO GIOVANNI, nella sua qualità di deputato dell’Assemblea della Regione Siciliana, e quindi di pubblico ufficiale, MORTILLARO Maria Luisa quale concorrente extraneus nonché ANGILERI Giuseppe anch’egli concorrente extraneus e convivente della MORTILLARO, si appropriavano di somme pari a 6.426,00 euro. In particolare, LO SCIUTO, avendo la disponibilità di denaro stanziato dalla legge regionale n. 1/2014, che prevedeva il rimborso, nei limiti di 3.180€ mensili, delle spese sostenute da ciascun deputato per contratti di lavoro esistenti alla data di entrata in vigore della predetta legge regionale, stipulava con MORTILLARO un fittizio contratto di collaborazione presso l’A.R.S., con il pregresso accordo che le dette prestazioni non sarebbero mai state eseguite e con l’ulteriore accordo che i soldi in contanti, quale retribuzione della predetta collaborazione, venissero riscossi materialmente dall’ANGILERI. L’assunto dei giudici del riesame, a sostegno dell’incompetenza della Procura e del gip di Trapani, è quello che il pagamento delle somme, e quindi il peculato, sarebbe avvenuto in Palermo. Ma ciò che hanno fatto notare i pm trapanesi nella memoria è la circostanza che si tratta di un rapporto di lavoro “autonomamente instaurato” da Lo Sciuto, il cui compenso, come prevedono le norme dell’Ars, viene corrisposto dal singolo deputato, non si tratta quindi di una corresponsione di somme direttamente dalla Regione, ma che il deputato, dopo rendicontazione agli uffici del Parlamento regionale, ottiene il rimborso. Per essere più chiari si tratta di somme che Lo Sciuto avrebbe pagato direttamente per poi ottenere dall’Ars il rimborso. Il reato di peculato non si consumerebbe quindi nel momento in cui il deputato riceve l’erogazione delle somme ma semmai quando lo stesso le utilizzi per finalità diverse da quelle per le quali sono state erogate. E l’ordinanza “Artemisia”, come si può leggere nel capo di imputazione, racconta come quel denaro non finì alla Mortillaro ma semmai al suo coniuge Giuseppe Angileri, con chiare finalità diverse a quelle per le quali lui, Lo Sciuto, aveva ottenuto il rimborso, per quel contratto “fittizio”. Peraltro, fanno notare i pm, non è da sapersi il luogo esatto della consegna del denaro ad Angileri da parte di Lo Sciuto. La consegna c’è stata ma non è stato possibile sapere dove essa è avvenuta. L’incontro tra i due può essere avvenuto a Castelvetrano, Marsala, Palermo, Trapani o addirittura anche in altro luogo, nella segreteria di Lo Sciuto a Castelvetrano, o nei locali dell’istituto di formazione professionale Anfe di Trapani. E nella fattispecie vi sono pronunce della Cassazione che danno ragione alla Procura di Trapani, e al gip, sulla propria competenza territoriale, competenza che sarebbe semmai da radicare sui reati di corruzione commessi a Trapani. Reati che vedono coinvolti, per fattispeci ed episodi diversi, l’ex deputato Lo Sciuto, il presidente dell’Anfe Paolo Genco e il medico dell’Inps Rosario Orlando. Ma c’è di più. Per la Procura di Trapani, nell’ambito del procedimento, vi sarebbe un reato di estorsione, che si configura ancora più grave rispetto agli altri, di peculato e corruzione, ai danni del direttore generale dell’Asp , Fabrizio De Nicola, commesso all’interno della sede dell’Asp di Trapani. E’ l’aspetto dell’inchiesta che riguarda un altro degli indagati, Gaspare Magro, anche lui ritenuto dai pm appartenere alla loggia massonica segreta capeggiata da Lo Sciuto, fatto nominare componente del collegio dei sindaci dell’Asp per controllare e influenzare la condotta del direttore generale De Nicola. Reato più grave nonostante non sia stato compreso tra i reati contestati nell’ordinanza, e anche in questo caso l’assunto dei pm trova sostegno in decisioni della Cassazione.