L’indagine sarebbe partita dal progetto per la realizzazione di un impianto mangia rifiuti a Calatafimi. Mazzetta da 115 mila euro per l’ingegnere Mistretta
Nicastri padre e figlio, Vito e Manlio, sono i principali indagati di questa indagine tra Trapani, Palermo e Roma, e che vede coinvolto per corruzione l’attuale sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri. Mafia e corruzione in generale sono i reati contestati. Una indagine che parte da Calatafimi, dal presunto mafioso Francesco Isca. Per la Dia è l’uomo di fiducia delle famiglie mafiose locali dei Musso e dei Crimi, gestisce senza concorrenza alcuna il mercato del calcestruzzo. Ma la sorpresa degli investigatori della Dia è quella di trovargli tra le mani di l’affare per la realizzazione di un nemmeno mai bene descritto impianto di smaltimento dei rifiuti, in contrada Gallitello, a Calatafimi Segesta. Società promotrice è la Solgesta, ma spesso a discutere di questo progetto con l’allora ingegnere capo del Comune era proprio Vito Nicastri, il “re” dell’eolico. Un progetto che non va avanti velocemente ma che incredibilmente trova porta aperte ovunque, dal Comune di Calatafimi agli uffici regionali. In poco tempo il triangolo del malaffare è definito, Isca, Nicastri e il prof. Francesco, tra loro un reticolo di società dell’energia rinnovabile facenti capo agli Arata, Paolo e Francesco, padre e figlio, ma partecipate occultamente da Nicastri Vito che da Arata viene definito “la persona più brava dell’eolico in Italia”. Giudiziariamente Nicastri è definito tutt’altra cosa, persona pregiudicato e spregiudicata.
Quest ultimo durante la misura di prevenzione personale si è reso responsabile di concorso esterno in associazione mafiosa e di trasferimento di valori.
In particolare Nicastri ha esercitato un’attività speculativa su terreni agricoli in favore e con il contributo del sodalizio mafioso, al fine di trovare risorse per la latitanza Matteo Messina Denaro. Il capo mafia del belice ha in Nicastri un fedelissimo fiancheggiatore, Nicastri non nasconde nemmeno questa amicizia, sfoggiando invece la fiducia di cui gode. Un potente che riesce a resistere alle misure giudiziarie, condannato, finisce agli arresti domiciliari, subisce una confisca da 1,3 miliardi di euro, ma ugualmente intrattiene rapporti altolocati come con gli Arata, vicinissimi alla politica che conta, Forza Italia prima, Lega adesso. Arata e Nicastri presto divennero soci. Sono state accertate delle operazioni finanziarie nel settore dell’eolico con la creazione di un gruppo di imprese. Gli Arata attraverso la società ALQANTARA srl, partecipavano nella Etnea srl, SOLCARA Srl, Solgesta srl, Bion, srl, Abra energia, tutte società partecipare occultamente da Nicastri Vito. La Solgesta era anche partecipata occultamente da Francesco Isca. Il duo Arata Nicastri secondo le indagini arriva a trovare sostegno nell’attuale assessore all’Energia della Regione Sicilia, Pierobon, attraverso il presidente dell’Ars Gianfranco Micciché, rapporto agevolato da Alberto Dell’Utri, fratello di Marcello. A loro disposizione attraverso l’ex ministro Calogero Mannino, anche l’attuale assessore Tommaso Cordaro. A prendere le mazzette sarebbero stati due funzionari regionali, Causarano e Tinnirello, poco più di diecimila euro, molto più pesante la mazzetta che avrebbe intascato l’architetto Mistretta, 115 mila euro. Gli indagati siciliani da parte della Procura di Palermo sono Francesco Paolo Arata, Paolo Arata, Giacomo Causarano, Francesco Isca, Angelo Mistretta, Manlio e Vito Nicastri, Alberto Tinnirello, ex dirigente dell’assessorato alla Energia e neo capo del Genio Civile a Palermo. Secondo le indagini della Dia, Francesco Arata si era trasferito apposta in Sicilia per curare i rapporti con Vito e Manlio Nicastri, in particolare con il figlio del manager arrestato, Manlio, indagato pure lui per intestazione fittizia. Nonostante la misura cautelare, Vito Nicastri avrebbe continuato a fare affari, ottenendo permessi da parte dell’ assessorato regionale all’Energia. L’indagine arriva a Roma perché a Nicastri serviva una modifica al Dpef 2018 per essere favorito negli impianti mini eolici. Da qui la mazzetta da 30 mila euro che gli Arata avrebbero fatto arrivare al sottosegretario alle Infrastrutture Siri che però nega. Siri, leghista, è super difeso da Salvini, che lo ha come proprio consulente al Viminale, intanto il ministro Toninelli gli ha tolto le deleghe e il vice premier Di Maio chiede le dimissioni.