Davanti al Gus di Palermo, inflitti 2 anni e 10 mesi per le mazzette sull’eolico
Il “re dell’eolico”, l’imprenditore Vito Nicastri, già condannato per concorso in associazione mafiosa, e ritenuto uno dei finanziatori della latitanza del capomafia Matteo Messina Denaro, ha patteggiato una condanna a due anni e 10 mesi per corruzione e intestazione fittizia di beni davanti al tribunale di Palermo. I giudici gli hanno riconosciuto la circostanza attenuante della collaborazione con la giustizia. Il figlio Manlio, che risponde degli stessi reati, ha invece patteggiato una condanna a due anni.
Nicastri, tornato in cella mesi fa nell’ambito di una inchiesta su un giro di mazzette alla Regione siciliana che ha coinvolto anche il faccendiere Paolo Arata, aveva provato a patteggiare davanti al gup la pena di 2 anni e nove mesi. La Procura aveva espresso parere favorevole, ma il gup, ritenendo le accuse a suo carico di “massima gravità”, aveva ritenuto la pena non congrua e rigettato l’istanza.
Essendosi pronunciato sul patteggiamento dei due Nicastri, il collegio si è astenuto e il procedimento sarà incardinato davanti a una nuova sezione del tribunale di Palermo. Condannato nei mesi scorsi a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e ritenuto tra i finanziatori della latitanza del capomafia Matteo Messina Denaro, Nicastri, imprenditore alcamese che ha fatto una fortuna con le energie alternative, è tornato in cella ad aprile insieme, tra gli altri, ad Arata. Da giugno ha cominciato a parlare coi pm svelando i nomi dei protagonisti dell’ennesimo caso di corruzione nella burocrazia regionale siciliana. Una tranche dell’inchiesta della Dda di Palermo è stata trasmessa a Roma e riguarda una presunta mazzetta che l’ex consulente della Lega avrebbe pagato all’ex sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri.
Al centro del procedimento che per “il re dell’eolico” e il figlio si è concluso oggi un giro di tangenti pagate a funzionari regionali per avere corsie preferenziali e velocizzare gli iter di rilascio delle autorizzazioni relative alla realizzazione di due impianti di biometano a Francofonte e Calatafimi. “Ho consegnato a Causarano personalmente nei miei uffici 100 mila euro in tranche da 10-12 mila euro, – ha raccontato Nicastri ai pm – denaro che secondo quanto riferitomi da Causarano avrebbe dovuto consegnare a Tinnirello”.