Per la corte d’appello di Catania, “non può ritenersi provata l’esistenza di alcun attivo e consapevole contributo arrecato in favore di Cosa nostra”
La Corte d’appello di Catania ha disposto il dissequestro di tutti i beni di Mario Ciancio Sanfilippo che era stato disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale su richiesta della Procura. Tra le motivazioni dei giudici di secondo grado anche la “mancanza di pericolosità sociale” dell’editore e imprenditore. Tra i beni dissequestrati c’erano le società che controllano i quotidiani “La Sicilia”, “Gazzetta del Mezzogiorno” e le emittenti televisive Antenna Sicilia e Telecolor.
Secondo la Corte d’appello di Catania il decreto impugnato “va conseguentemente annullato” perché, scrivono i giudici nelle 113 pagine della sentenza motivata, “non può ritenersi provata l’esistenza di alcuni attivo e consapevole contributo arrecato da Ciancio Sanfilippo in favore di Cosa nostra catanese”.
Inoltre “non può ritenersi provata alcuna forma di pericolosità sociale” né “è risultata accertata e provata alcuna sproporzione tra i redditi di provenienza legittima di cui il preposto il suo nucleo familiare potevano disporre la liquidità utilizzate nel corso del tempo”.
Il sequestro era scattato nel 2018, Ciancio è anche sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa. Per la procura diretta da Carmelo Zuccaro, l’imprenditore aveva “da numerosi anni, apportato un contributo causale a Cosa nostra catanese”. Valutazione diamentralmente opposta a quella a cui sono adesso arrivati i giudici della corte d’appello.
Fonte repubblica.it