Processo all’ex sindaco, a fine mese la requisitoria
«Già dal 2004 parlai all’allora procuratore di Palermo, Piero Grasso, del rapporto che il Sisde aveva avviato con Antonio Vaccarino per arrivare alla cattura di Messina Denaro e per individuare la rete di imprenditori a lui vicini. Si era pensato a Vaccarino, come tramite per giungere all’arresto del capomafia in virtù delle relazioni che c’erano tra i due». A parlare del ruolo di «confidente» dei Servizi dell’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarinio è l’ex capo del Sisde Mario Mori, sentito come imputato di reato connesso al processo in cui Vaccarino è accusato di favoreggiamento aggravato alla mafia.
Vaccarino, arrestato a fine 2019 e ancora detenuto, è coinvolto in una indagine che ha svelato una rete di talpe tra ufficiali dell’Arma che avrebbero passato informazioni segrete su inchieste a carico di Messina Denaro. In carcere finirono il carabiniere Alfio Marco Zappalà, accusato di rivelazione di notizie riservate, e l’appuntato Giuseppe Barcellona, che risponde di accesso abusivo al sistema informatico. Secondo i magistrati Barcellona, addetto a trascrivere i contenuti delle intercettazioni disposte nell’ambito della cattura del boss latitante Matteo Messina Denaro, avrebbe passato a Zappalà, funzionario della Dia di Caltanissetta, un verbale di conversazione tra due indagati in cui si faceva riferimento a dinamiche interne alla famiglia mafiosa di Castelvetrano. Zappalà a sua volta avrebbe girato l’intercettazione all’ex sindaco di Castelvetrano Vaccarino che l’avrebbe data al boss Vincenzo Santangelo, condannato per mafia in passato in un processo in cui era imputato anche l’ex sindaco. Zappalà è sotto processo in abbreviato; Barcellona ha patteggiato.
L’udienza in cui Mori, attualmente imputato in appello nel dibattimento sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, ha deposto si è svolta davanti al tribunale di Marsala.
Mori ha raccontato di aver continuato a informare Piero Grasso dei rapporti tra il Sisde e Vaccarino anche dopo il trasferimento del magistrato alla Dna e ha sostenuto che Grasso gli avrebbe assicurato che della vicenda avrebbe riferito alla Procura di Palermo. Circostanza che cozza con l’indagine che su Vaccarino i pm del capoluogo siciliano aprirono, nel 2006, dopo la cattura del boss Bernardo Provenzano. Nel covo del padrino corleonese furono trovati ‘pizzinì di Messina Denaro. Nello scambio epistolare i due boss parlavano anche di un certo Vac definendolo affidabile. Si accertò che Vac fosse Vaccarino. La Procura, dunque, sarebbe venuta al corrente dei rapporti tra l’ex sindaco e il latitante trapanese solo allora. E solo allora l’ex sindaco sarebbe stato intercettato e sarebbero stati scoperti i suoi legami con il Sisde. La notizia del ruolo di Vaccarino nel tentativo di catturare il boss uscì sui giornali, la pista per arrivare all’arresto del boss saltò e Messina Denaro scrisse una lettera all’ex amico sindaco minacciandolo di morte. Al processo che lo vede imputato a Marsala, però, Vaccarino si difende rivendicando che, come nel passato da informatore del Sisde, avrebbe solo cercato di contribuire alla cattura del capomafia trapanese. Il dibattimento è alle battute finali. Il 26 maggio dovrebbe cominciare la discussione del pm.
*fonte lasicilia.it