Operazione Cutrara: Il capo mafia intervenuto a dare soluzione ad una controversia lavorativa dove Gaspare Mulè voleva guadagnarci 3 mila euro
C’è un altro passaggio interessante racchiuso tra le pagine dell’operazione antimafia “Cutrara”. Ed è quello in cui i Carabinieri del Reparto Operativo Nucleo Investigativo provinciale di Trapani hanno intercettato i passaggi di una vertenza di lavoro che però doveva essere affrontata e risolta col metodo mafioso. Protagonista è Vito Sorrentino, che nelle pagine dell’ordinanza è indicato come il “figlioccio” di don Ciccio Domingo, detto Tempesta, il capo mafia di Castellammare del Golfo. Sorrentino lavorava alle dipendenze dei fratelli Sottile, Domenico e Vito Sottile. Fu licenziato e a quel punto pare non si mise d’accordo con i datori di lavoro su una liquidazione, la cosiddetta buonuscita, per 900 euro. Sorrentino trovò appoggio in Maurizio Gaspare Mulè, personaggio noto per l’appartenenza a Cosa nostra castellammarese, arrestato e condannato, ritenuto vicino a Mariano Asaro, un altro mammasantissima della mafia trapanese, se non siciliana, per via della sua vasta rete di rapporti segreti che ancora oggi da uomo libero custodisce, dopo avere scontato tutte le condanne per associazione mafiosa, anche per il suo legame con la massoneria: il nome di Mariano Asaro, conosciuto come l’odontotecnico, figura tra quelli dei mafiosi risultati iscritti alla loggia segreta Iside 2, scoperta a Trapani a metà negli anni ’80. Asaro dopo una certa latitanza fu arrestato assieme ad un altro boss importante della mafia castellammarese, Michele Mercadante, e nei giorni della loro cattura si disse che da uno dei telefonini in loro possesso risultava addirittura contattato il centralino dell’allora Sismi, quello che all’epoca era il servizio segreto militare italiano.
Mulè è uno che per Asaro si è sempre speso (andando per esempio a minacciare e chiedere il pizzo all’imprenditore Gregory Bongiorno) e nel suo nome ha fatto carriera tanto da indispettire lo stesso don Ciccio Tempesta che i carabinieri ascoltano appellare Mulè in modo particolare, minchia chi duci, ma proprio questo sembra essere il soprannome di Mulè nell’ambito della congrega mafiosa castellammarese. Insomma, l’intromissione di Mulè nella vicenda dei fratelli Sottile, da don Ciccio Domingo è vista non solo come uno sgarro, non aver chiesto la sua autorizzazione, ma una ingerenza nel suo potere che non collimerebbe del tutto con quello dell’altro padrino, Mariano Asaro. L’indagine racconta di come Mulè avvicinò i fratelli Sottile “spalleggiato” da tale Sebastiano Cusenza, almeno così svelava Domingo mentre veniva intercettato a parlare con suo fratello Michele, al quale raccontava intanto di quanto aveva appreso da Camillo Domingo “perché lì con la buonuscita là loro gli volevano dare … gli toccava 900 euro di buonuscita … invece lui non si è voluto accordare poi c’è andato Maurizio e gli ha detto “gli devi dare 3000 euro di buonuscita” e poi don Ciccio di suo aggiunge “piglia vado a sentire li minaccia forte…parla con Vito (Sottile ndr) e lo minaccia forte…gli dovevi dare 900 euro adesso gliene dai 3 mila”. Don Ciccio Tempesta continuando a parlare ammetteva al suo interlocutore di esserci rimasto male per la brutta parte subita dai Sottile a causa di Mulè, e quindi si vedeva lui in malaparte con i fratelli Sottile: “vero male ci sto restando! lo sono andato lì e sono stati a disposizione! Anzi devo andare a comprare ora il caffè… ora ci vado domani e ci domando”.
Nel brogliaccio delle intercettazioni i Carabinieri annoteranno nei giorni a seguire una ulteriore conversazione, durante la quale don Ciccio Tempesta raccontava ancora di avere parlato con i Sottile: “a suo fratello Domenico gli ho detto … e mi mandi a tuo fratello! Mi ha detto … “lui deve venire Frà io ti posso raccontare qualche cosa sopra sopra ma è inutile che te lo dico” gli ho detto “ok mandamelo” gli ho detto “tra domani sera e dopodomani sera me lo mandi” e io voglio … voglio spiegato dalla A alla punta! Però il fatto c’è … ci si è presentato con quello e vuole 3. 000 euro!…infatti gli ho detto … gli ho detto … vedi chi viene viene gli ho detto mettilo alla porta gli ho detto non ti permettere di dare rana a nessuno! gli ho detto … ai picciotti dice ma devi parlare con mio fratello! e gli ho detto e ora parlo con tuo fratello!”. Nel mentre don Ciccio Tempesta si preoccupava di dare anche un altro ordine e per questo si ascoltava incaricare Camillo Domingo, quello di avvicinare Vito Sorrentino intimandogli di non andare più dai Sottile a chiedere soldi: “devi dire Vito te lo stiamo, te lo sto dicendo, non ti azzardare a domandarci più cinque lire a questi picciotti, se poi ti devono dare qualche cosa te lo diciamo noi quanto ti devono dare e vai da chi sei andato (Mulè ndr) e gli dici “tutto a posto la partita è chiusa!…non ti azzardare ad andare ora da questo cosa inutile (Mulè ndr) e gli vai a dire che sono venuto io o che è venuto tuo padrino o è venuto qualcuno, ci vai e gli dici mi sono accordato direttamente con loro perché io allora ho sbagliato!…e non gli dare intendere a questo signore che … devi dire … che è volontà di qual Muto! Ti inventi la qualsiasi cosa perché se un giorno vengo a capire che quello immischia uno di noi che ti abbiamo bloccato…”.
Nell’ordinanza si legge che la preoccupazione di don Ciccio Tempesta era anche altra, e cioè che Mulè potesse arrivare a chiedere la classica messa a posto, il pizzo, ai fratelli Sottile, coinvolgendo suo figlioccio Vito Sorrentino: “questo cornuto capace che gli va a domandare i soldi…perché io di questo mi spavento, perché quello prima entra con la minutedda e poi ci manda a lui stesso capace a domandarglieli … perché lui poi gli dice … io te li ho fatti capitare … ora questo ogni mese ci deve dare i soldi…Maurizio ha preso la palla al balzo per farsi dare soldi”. Frattanto i Sottile pare che avevano scritto due lettere, una dirette a un sindacato, e un’altra a quel Cusenza che li avrebbe avvicinato con Mulè, di fatto esternando il tentativo di estorsione. Cosa questa che quando veniva appresa da don Ciccio Domingo lo faceva preoccupare parecchio, “se gli sbirri risalgono a Mulè qui ci arrestano tutti”. L’ordine perentorio di don Ciccio fu quello di stracciare e far sparire quelle lettere.
Intanto stasera alle 19 torna a riunirsi il Consiglio comunale di Castellammare del Golfo. All’ordine del giorno l’approvazione di un documento, proposto da Forza Italia e dal gruppo “Oltre” sull’operazione antimafia “Cutrara” che si ricorda vede indagato di concorso esterno in associazione mafiosa proprio il sindaco Nicola Rizzo proprio per un incontro, disvelato solo dalle indagini, con il capo mafia don Ciccio Domingo. Incontro avvenuto a casa di Francesco Ancona, genitore della compagna del sindaco, e anche lui indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. La precedente seduta consiliare si tenne lo stesso giorno dell’esecuzione degli arresti e della notifica dell’avviso di garanzia al sindaco Rizzo, e si contraddistinse per il silenzio tenuto sulla vicenda. Adesso pare che il Consiglio abbia ritenuto di rompere quel silenzio, vedremo come, sopratutto dopo che in città c’è stato chi ha indicato i giornalisti, e questa testata, come il vero nemico da abbattere e non tanto la mafia e i mafiosi.
Abbiamo conosciuto poco fa il contenuto dell’Ordine del Giorno proposto dai gruppi consiliari di Forza Italia e Oltre e che ha portato alla convocazione odierna del Consiglio comunale di Castellammare del Golfo. Se da una parte si invita l’organo consiliare a un sereno dibattito politico sul blitz antimafia Cutrara dall’altra parte si fa già emergere quale debba essere la sua conclusione, ossia sostegno e solidarietà al sindaco Nicola Rizzo indagato. Nel documento mentre nulla si cita dei contenuti dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per gli appartenenti al clan mafioso locale, si fanno invece trapelare le posizioni espresse dalla difesa del sindaco indagato e al solito a sbagliare nel raccontare questa vicenda sono gli organi di stampa. Vedremo se il dibattito in aula avrà la stessa piega.
R.G.