Cielo e mare

Quei migranti sulla nave “Azzurra” al largo di Trapani

Il nome della nave è di quelli che induce a ben pensare. “Azzurra” è il grande traghetto della Gnv sul quale tanti di noi hanno navigato per un motivo o per un altro, bello o triste, per una ragione o per un’altra, turismo o lavoro, forse anche per fuggire via. Ieri mattina la nave provenendo da Lampedusa si è fermata al largo di Trapani, davanti la Torre di Ligny, Stamattina entrerà in porto per scaricare i rifiuti, fare rifornimento anche di viveri, caricare l’acqua. Poi tornerà come si dice in rada, ferma al largo, forse nello stesso punto in cui ieri si è fermata, forse da qualche altra parte del mare davanti la città, dove meglio consiglieranno le condizioni meteo marine. E’ diventata “nave quarantena”, ma potremmo anche chiamarla centro di trattenimento galleggiante. A bordo ci sono passeggeri che non avevano messo in conto questo imbarco. Sono 603 migranti, tanti nuclei familiari, una decina di minori non accompagnati, uomini, donne e bambini che hanno affrontato costi e sacrifici per salire, questo si di loro disperata volontà, su barconi e gommoni partiti dal nord Africa con destinazione Lampedusa, la porta d’ingresso all’Europa. L’accoglienza per loro si è mostrata con il dover per forza salire su questo grande traghetto. Dovranno star lì causa emergenza sanitaria, rispettando quella quarantena che è la regola imposta a tutti i coloro i quali arrivando dall’estero devono rispettare. Molti hanno però una casa che li attende, un albergo, un luogo sicuro, protetto, accogliente. Questi migranti invece no. Per loro è come se il viaggio proseguisse, anche se stanno fermi. Cielo e mare, mare e cielo, quello che per almeno due settimane potranno vedere, la terra è poco distante da loro, da bordo della nave possono vedere la città, le case, intravedranno la gente in spiaggia o i tanti che si sono affacciati dalle mura di tramontana guardando curiosi verso al traghetto fermo davanti i loro occhi. Non sappiamo se sono stati tanti o pochi quelli che ieri hanno immaginato la vita di bordo in questi momenti. la vita in nave dei 603 migranti, ma anche dell’equipaggio di “Azzurra”, del personale della croce Rossa Italiana che avrà il suo bel da fare. Come il suo da fare avrà il comandante e tutti gli altri marinai, dai commissari di bordo al personale delle cucine, dal personale addetto ai ponti a quello delle pulizie. Vorremmo sentire magari il vociare gioioso dei bambini, ma da terra è improbabile sentirli, semmai a bordo di “Azzurra” ci siano ragazzi e ragazzini che pensano a divertirsi, semmai le uniche loro voci sono quelle con le quali chiedono ai genitori, agli adulti, cosa succede, perché, chiedono, quel viaggio cominciato una notte dalla Tunisia o dalla Libia, a secondo dei porti di partenza, ancora non sia ancora finito. Anzi pare essersi fermato quando sembrava che una volta a terra, passando dalla porta d’Europa ognuno poteva arrivare dove avrebbe voluto. Cielo e terra in giornate come queste d’agosto è uno spettacolo della natura bellissimo, affascinante, per loro, per chi è sopra quel traghetto è invece una immagine triste. Guardare quella nave da lontano, con tutto quello che ci passa per la mente è qualcosa che ci mostra quanto si è impotenti, incapaci di far qualcosa di buono per quei poveri sventurati, fuggiti da guerre, persecuzioni, dai lager libici dove uomini e bambini hanno conosciuto le violenze e le donne la peggiore brutalità. Non possiamo dire che questa la si possa chiamare accoglienza, è segregazione. E’ vero nessuno può nutrire dubbi, le autorità, l’equipaggio che è a bordo, si stanno dando d fare affinché i passeggeri stiano bene, quello che non funziona a dovere è l’apparato di Governo, queste regole imposte. Ci diranno che c’è da fronteggiare i contagi, giusto, ma la soluzione solo quella delle navi quarantena? Non ci leverà nessuno dalla mente che questa soluzione sarebbe stata applicata anche in assenza del pericolo del virus. Un giorno di nemmeno tanto tempo addietro un ministro ipotizzò questa soluzione, dicendo di voler fare gli Hotspot in mare, un luogo dove tenere i migranti, in attesa di rimpatri o riconoscimento di asilo politico. Oggi gli Hotspot non esistono più, e i centri di trattenimento…si fanno in mare. Non li stiamo accogliendo li stiamo mettendo in un recinto, in quello che un giorno questi “clandestini” diventati tali non per loro scelta ma perché costretti a scappare dalla loro terra, dalle loro case, per lasciarsi alle spalle con i ricordi anche le guerre e le carestie, ricorderanno essere stato un carcere in mare, in carcere senza aver commesso alcun reato, ma perché hanno sperato guardando all’Europa in un futuro migliore lasciando un presente carico di odio. Alcuni di loro penseranno che alla fine fuggire è impossibile. Per loro la nostra terra non è la porta d’Europa come pensavano essere, ma la porta dalla quale non si vede alcuna luce. Resta a far ben sperare “Azzurra” il nome della nave dalla quale guardano cielo e mare.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.