I racconti di Nicola Quagliata
I fatti narrati in questo racconto la za’ Sidda li ha appresi nel mese di giugno all’età di tredici anni, quando ancora giovane si unì per la prima volta alla migrazione dei braccianti che confluivano nei feura, le sterminate terre seminate a grano nel centro della Sicilia, per la mietitura, ognuno con la sua falce. Giugno era il mese della mietitura. Sidda non mieteva, per quello c’erano gli uomini, lei aiutava in cucina. Ed ascoltava.
Gesù Cristo, che aveva a cuore, oltre la sua predicazione, la salute e la vita dei suoi discepoli, ogni volta che arrivava davanti le mura di un nuovo paese, inviava Pietro a vedere le condizioni sociali – poveri, ubriachi, malati per le vie, feste e funerali nelle case – religiose e sanitarie degli uomini, delle donne, dei giovani e bambini e dei vecchi che lo abitavano. Già in passato paesi come Cana e Cafarnao, nella Galilea, avevano richiesto le performance dell’uomo figlio di Maria e di Giuseppe di Nazaret: la tramutazione dell’acqua in vino in uno sposalizio, un esorcismo con la cacciata dei demoni dai corpi dei malcapitati, la guarigione del lebbroso, la tempesta sedata, la resurrezione di Lazzaro, ed altri miracoli tralasciati dalle cronache ma che certamente hanno avuto luogo. Ma non sempre gli uomini sanno riconoscere ed attribuire i meriti, e c’era sempre il rischio di incomprensioni come era successo ad altri predicatori suoi contemporanei che erano stati lapidati come si faceva con le donne di liberi costumi o decapitati per il piacere di mostrarne la testa nelle loro feste.
E così quando arrivarono sotto le mura di un nuovo paese Gesù disse a Pietro:
– Pietro, va’ e torna, ci dirai come si vive in questo paese, a quali pregiudizi soggiace e se hanno fobie verso gli stranieri.
Pietro andò, girò tutte le vie del paese, vide e sentì quanto era necessario da riportare e tornò dai suoi fratelli che lo aspettavano:
– Maestro… Maestro… che paese di bisognosi è questo, in ogni casa si piange, donne , uomini, vecchi, bambini, piangono e non trovano pace, una malattia inguaribile, un contagio, un funerale, un incidente mortale, in questo paese si piange senza trovare conforto perché nessuno è nelle condizioni di darne. Questo paese è un paese di infelici.
Pietro si guardò negli occhi con gli altri discepoli scelti da Cristo, si aspettavano tutti la stessa risposta, – andiamo perché in questo paese è richiesta la Nostra presenza, se non qui, se non ora quando potremo portare il nostro conforto e la nostra vicinanza?– .
Ma Gesù disse a Pietro:
– Questo paese dove tutti piangono e tutti sono infelici non è il mondo, chistu nunn’è munnu!
E tirarono diritto.
Per la fame e per la sete che gli apostoli avevano non furono contenti di quella decisione, ma lo seguirono come sempre perché loro erano i suoi apostoli, non erano semplici discepoli, e quello era Gesù Cristo e non era il caso di mettersi a contestarlo.
Tirarono diritto fino ad un altro paese. Alle porte del nuovo paese sedettero su delle balate per fare riposare i piedi e la schiena dopo tanto cammino che aveva indurito loro i polpacci e reso dolenti le ginocchia. Mentre i discepoli scelti stendevano la schiena ed abbandonavano le braccia sulle balate, Gesù si rivolse di nuovo a Pietro che sedeva sulla sua pietra:
– Pietro, sai cosa devi fare, va’ e torna con le notizie.
Pietro era lusingato di essere incaricato tra gli apostoli da Gesù Cristo per quei compiti e rispondeva con prontezza, ma nel profondo del cuore suo prevaleva la stanchezza ed il malincuore. Il fatto è che essendo Pietro di indole pigra e soggetto spesso a lagnusìa ed essendone il Maestro a conoscenza lo sceglieva per correzione del suo carattere. Con il peso del malincuore Pietro si avviò, sotto gli sguardi ammirati, e comprensivi, degli altri apostoli. Disse Gesù:
– Pietro, puoi lasciare qua la pietra.
E Pietro con un sospiro di sollievo lasciò la pietra raddrizzando la schiena, affrettando il passo libero di quel peso.
Entrò in paese, vide e sentì il necessario per tornare di corsa tra gli apostoli.
– Maestro … Maestro… fratelli ascoltate, sentite cosa ho visto, un paese straordinario dove non ci sono infelici ed è sconfitto il pianto e trionfa il riso e le feste ed il canto, l’allegria e sconfitta è pure la morte ed i fiori sono soltanto per le nascite ed i matrimoni. In ogni casa, in ogni via c’è una festa e tutto il paese è sempre in festa.
Pietro tornò a guardarsi negli occhi e con gli altri apostoli, tutti sorridenti perché stavolta sarebbero entrati in paese e si sarebbero dissetati e sfamati e perché ciascuno pensava in cuor suo che in un paese dove tutti sono felici non si sarebbe che potuto mangiare bene e di ogni cosa Dio avesse messo sulla loro mensa. Intanto erano aumentati in loro la fame e la sete. Parlò Gesù Cristo:
– Pietro, fratelli, questo paese dove tutti ridono e sono felici non è il nostro mondo, chistu nunn’è munnu, tiriamo avanti.
La risposta di Gesù fu per ciascun apostolo un pugno nello stomaco vuoto come un sacco di iuta, ed i visi si rattristarono di delusione, di incomprensione; ma quei discepoli erano stati scelti per le loro capacità di riprendersi dalle delusioni e dalle asperità del cammino che il loro Signore avrebbe loro riservato.
Abbassarono tutti lo sguardo sui propri piedi e videro le dita e le unghie ricoperte di polvere e sfaldate, consumate, ciascuno rammentò nell’animo suo che quello era Gesù e non era mai il caso di metterne in discussione le decisioni e le scelte. Rinviarono ad altro paese la possibilità di sfamarsi e dissetarsi.
Lambirono il paese da dove arrivava l’odore forte del fumo della legna che ardeva nei focolai sotto le pentole, non si girarono nemmeno a guardarvi e tirarono diritto. Qualcuno pensò che come per altri aveva moltiplicato il pane ed i pesci, mutato l’acqua in vino, così adesso, per i suoi discepoli, gli apostoli che Lui stesso aveva scelto, poteva pure miracolosamente apparecchiare loro una ricca mensa per sfamarli e dissetarli, ma Lui era Cristo e ciascuno si vergognava di avere avuto quel pensiero.
I paesi non mancavano in Galilea, e non mancavano gli abitanti, coi loro orti, gli armenti e i loro commerci, e non mancavano i pescatori, tutti coi loro vizi e le loro virtù ed il loro temperamento. Presto incontrarono un altro paese, su un declivio di ulivi e vigne e melograni.
Sotto ai rami di un uliveto secolare, dai tronchi nodosi e contorti sopra radici profonde e dure come granito, si fermarono i dodici apostoli, i discepoli prescelti da Gesù e fra loro stava ancora l’errore della scelta. Gesù li aveva scelti, uno ad uno tra i discepoli, a diventare suoi apostoli, i suoi apostoli, nella scelta aveva commesso un errore che segnerà la sua vita e tutta la storia della sua discesa in terra, l’errore gli costerà la crocifissione.
Si fermarono stanchi e affamati, con la polvere nelle gole arse ed attesero che Gesù desse l’incarico a Pietro.
Pietro ricevette l’incarico, andò e tornò, ed aveva l’animo ingarbugliato. Non era contento e non era triste, tranne che per la sua stanchezza e la sua fame e la sua sete. Pietro tornava con un tormento nell’animo suo e glielo si leggeva in volto.
– Maestro.. fratelli, in questo paese ho visto di tutto, il figlio che uccideva e derubava i genitori, ed i genitori che gettavano il figlio dalla finestra, mentre in un’altra casa si rideva e faceva festa per uno sposalizio, e in un’altra casa si festeggiava la nascita di una bambina. In questo paese c’è una gran confusione, per le vie il bene si confonde col male, il pianto col riso, la felicità col dolore. Maestro tu cosa dici?
Tutti si rabbuiarono con Pietro e rimasero sospesi in attesa che Gesù parlasse.
– Pietro…fratelli, questo è il mondo, dove si piange e si ride, chistu è munnu!
Li invitò a seguirlo ed entrarono in paese.
(Nicola Quagliata)