Su 1600 ettari di macchia mediterranea, circa 1300 sono andati in fumo. Da Scopello a San Vito Lo Capo un deserto di cenere. Le fiamme sono arrivate fino al mare, distrutti i sentieri che adesso verranno messi in sicurezza. Morti carbonizzati tantissimi animali selvatici. “Danni incalcolabili, la chiusura sarà lunga. Ma ripartiremo.” FOTO. VIDEO 1. VIDEO 2
CASTELLAMMARE DEL GOLFO. Spenti gli ultimi focolai su Scopello e alla Riserva dello Zingaro, è tempo di una prima conta dei danni. Tantissimi gli ettari di macchia mediterranea andati in fumo e molte specie di animali morti carbonizzati. L’ecosistema della Riserva, tra i più importanti della Sicilia, è stato gravemente danneggiato dal devastante incendio del 29/30 agosto. Così come nel 2012 e nel 2017, le fiamme hanno distrutto i sentieri, danneggiato le are attrezzate e hanno raggiunto anche le calette.
Morti carbonizzati anche tantissimi animali salvatici che vivono nella riserva, soprattutto cinghiali, volpi, istrici e conigli, oltre ai rettili come il biacco, la coronella e la vipera. Non si hanno notizie dei cavalli che vivono allo stato brado nella parte alta della riserva. Molti animali selvatici per sfuggire alle fiamme si sono gettati in mare, come testimoniato da un pescatore che ieri mattina ha avvistato un piccolo cinghiale, ormai privo di vita in mare, dietro il porto di Castellammare del Golfo, probabilmente spinto dalle correnti.
Il giorno dopo l’inferno di fuoco
È un lunedì mattina insolito all’ingresso sud della Riserva dello Zingaro, dal lato di Scopello. Il giorno dopo il mega incendio non ci sono le file di turisti in attesa di una giornata all’insegna della natura. Qualche timido turista si affaccia per scattare qualche foto, non nascondendo la delusione e l’amarezza per quanto accaduto. “Speravamo di andare oggi alla riserva, siamo venuto da Agrigento appositamente, ma non sapevamo dell’incendio”, commenta un turista davanti la biglietteria. così come una coppia di turisti romani, in Sicilia per pochi giorni e come meta avevano scelto la Riserva per due giorni al contatto con la natura e il mare cristallino. “Torneremo il prossimo anno, è una promessa” – affermano. All’ingresso del parcheggio il cartello “Riserva chiusa”. L’addetto alla biglietteria ripete a tutti la stesse frase: “Riserva chiusa fino a nuova disposizione”. Ma alle nostre domande risponde con amarezza e aggiunge: “Mi piacerebbe poter rassicurare questi turisti, ma questa volta la chiusura sarà lunga. È andata in fumo gran parte della riserva. È tutto intatto dall’ingresso fino al centro visitatori, cioè dopo la galleria, da Cala Capreria in poi invece è stato tutto distrutto dalle fiamme.”
Nella GIF in basso, in falsi colori, il cambiamento di vegetazione nella Riserva dello Zingaro tra il 20 ed il 30 Agosto 2020 visto da Sentinel2. Fonte Twitter ADAM Platform:
Fino al tardo pomeriggio del 30 agosto due Canadair e un elicottero dell’aeronautica militare dell’82° CSAR di base a Birgi, hanno cercato in tutti i modi, nonostante le difficoltà causate dal forte vento di scirocco, di limitari i danni alla riserva circoscrivendo le fiamme. A lavoro per oltre 24 ore anche gli uomini della Forestale e dei Vigili del Fuoco. L’ennesima notte da dimenticare. L’ennesima ferita al cuore che difficilmente si rimarginerà.
Un deserto di cenere
Le terribili immagini, negli scatti di Alice Arena che pubblichiamo in questo articolo, mostrano una Riserva irriconoscibile: Cala Disa devastata, Cala Tonnarella dell’Uzzo interamente in fumo, la foto del “prima e dopo” incendio ha fatto il giro del web e dei principali quotidiani nazionali. Secondo una prima stima ancora non definitiva, sono andati distrutti circa 1300 ettari di macchia mediterranea: palme nane, ginestre, carrubi, Frassini da Manna, e tantissime altre specie di piante e fiori tipici della macchia mediterranea. Danni economici per il territorio incalcolabili che si aggiungono a quelli già causati dalla crisi legata al Covid-19.
Un territorio che vive di turismo, ma che muore a causa della “mano dolosa” dell’uomo che si nasconde dietro ogni incendio e che ogni anno, puntualmente, semina morte e devastazione. “Si può considerare un vero e proprio attentato, un disegno criminale che colpisce tutti noi”, commenta il Dott. Gaetano Vallone, direttore dei lavori della Riserva Naturale Orientata dello Zingaro che abbiamo incontrato nella sede del Corpo Forestale di Castellammare del Golfo due giorni dopo il terribile incendio.
“Sono andati in fumo oltre 1300 ettari su circa 1600 di Riserva naturale, possiamo dire che è l’incendio più drammatico di sempre, peggiore di quelli del 2006, 2012 e 2017. Le fiamme sono arrivate fino al mare, distruggendo i sentieri costieri. Dal lato San Vito le fiamme sono arrivate fin sopra la biglietteria, fortunatamente rimasta integra.” – sottolinea ad Alqamah.it il Dott. Vallone. È un primo bilancio, drammatico. “Sono andate distrutte dalle fiamme due strutture in legno: un magazzino e una stalla, fortunatamente i lavori di messa in sicurezza portati avanti nei mesi scorsi, anche in pieno lockdown sono serviti a limitare i danni. Grazie ai viali parafuoco si sono salvate tutte le strutture e i rifugi. La macchina della prevenzione ha funzionato, ma purtroppo non è bastato per arrestare un incendio di tale dimensione.” Borgo Cusenza, Contrada Sughero e i rifugi, quindi, sono salvi, ma tutto intorno è un deserto di cenere. “I viali parafuoco hanno retto bene e permesso non solo di salvare le strutture della riserva, ma anche di interrompere la corsa del fuoco sopra il borgo di Scopello. Ringraziamo gli elicotteristi, gli uomini del servizio antincendio della Forestale, della Protezione Civile e i Vigili del Fuoco per l’enorme lavoro andato avanti per oltre 24 ore. Il loro lavoro ha permesso di salvare tutte le strutture private e pubbliche da Scopello a San Vito Lo Capo. Grazie anche ai Sindaci di Castellammare e San Vito che ci hanno dato una mano nella gestione dell’emergenza.” L’incendio, partito dalla zona di Grotticelli/Sarmuci, ha raggiunto in poco tempo la riserva, ma sono stati tanti i focolai nella zona: da Macari a Custonaci, da Alcamo e Montelepre: un disegno criminale. “La vigilanza era attiva, anche notturna, ma sono stati tanti gli incendi partiti contemporaneamente in circa 10 chilometri. È stato un attacco criminale al nostro territorio”, commenta il Dott. Vallone.
“Ripartiremo, ma ci vorrà tempo”
Già da oggi sono in corso i primi rilievi utili per poter iniziare la messa in sicurezza. “Inizieremo con il rotolamento dei massi e la messa in sicurezza dei viali. Adesso – dichiara ad Alqamah.it – il Dott. Gaetano Vallone – ci vorrà molto tempo prima che si potrà nuovamente accedere alla Riserva, ci vorranno mesi. Da oggi inizieremo anche alcuni interventi di messa in sicurezza sulle palme nane, il simbolo della riserva, in modo da facilitare la rinascita.
Una stima ufficiale dei danni non si può ancora fare, il danno per il territorio e l’indotto è chiaramente incalcolabile, ma quello che più addolora è il danno ambientale. “Chi lavora a nella Riserva – continua il Dott. Vallone, Direttore dei lavori della Riserva dello Zingaro, ad Alqamah.it – lo fa con passione e impegno, per noi è una missione. L’amore per la natura deve avere la meglio sulla violenza e sono sicuro che la Riserva rinascerà come ha sempre fatto in passato, ma è chiaro che si tratta di una ferita davvero enorme che difficilmente si rimarginerà: i danni morali, economici e all’ecosistema sono inimmaginabili. Occorre ripartire dalla tutela del bene pubblico, prendendo come riferimento la marcia del 1980. Bisogna iniziare a capire che la difesa della Riserva, del bene pubblico per eccellenza del territorio, è una battaglia di legalità e riguarda tutti. Lo Riserva dello Zingaro – sottolinea il Dott. Vallone – è un caso davvero particolare: è un bene pubblico che incassa più di quanto spende. È un bene pubblico che crea turismo, ricchezza e benessere a tutto il territorio e attrae visitatori ogni anno da tutto il mondo. Dobbiamo ripartire da qui e dai giovani, per far comprendere loro che la Riserva è un volano per tutto il territorio, da preservare e tutelare con passione e amore. Noi – aggiunge – mettiamo ogni giorno anima, corpo e impegno nel nostro lavoro. Dobbiamo ripartire tutti insieme dalle risorse umane, dalla natura e dal sistema territorio, sono questi i nostri pilastri. Sono sicuro – conclude il Dott. Vallone con un timido sorriso dietro la mascherina – che la Riserva rinascerà più forte e verde di prima e tornerà ad accogliere i turisti da ogni parte del mondo, ma ci vorrà ancora del tempo.”