CASTELLAMMARE DEL GOLFO. Il 28 settembre 1992 in Contrada Ciauli si consuma il delitto del Capitano di lungo corso della marina mercantile Paolo Ficalora. Sono passati 28 anni da quel delitto, ma la memoria è ancora viva. Un uomo buono che amava la sua terra, ucciso dalla mafia per essersi messo contro gli interessi di Cosa nostra. Volevano sottrargli il residence che negli anni aveva creato con i risparmi di una vita. E sarà proprio uno degli ospiti, ospitato a sua insaputa, che spingerà la mafia corleonese stragista ad ucciderlo. Nel 1988, infatti, nel suo residence venne ospitato Totuccio Contorno, il collaboratore di giustizia.
Paolo Ficalora muore sotto i colpi dei killer mafiosi la notte del 28 settembre 1992, sotto gli occhi della moglie, Vita D’Angelo. Sarà proprio lei, con coraggio, a condurre la battaglia nelle aule giudiziarie chiedendo verità e giustizia. Ci vorranno 10 anni per stabilire quella verità che fin da subito era apparsa agli occhi di tutti: Paolo Ficalora è una vittima innocente di mafia. Ha pagato con la vita l’essersi messo contro quei mafiosi, e colletti bianchi, che volevano strappargli il residence.
A raccontare i dettagli del delitto di Paolo Ficalora fu uno dei due killer, Giovanni Brusca (condannato a 12 anni per questo delitto). Insieme a lui verrà condannato all’ergastolo l’altro killer di mafia, il lattoniere di Castellammare del Golfo Gioacchino Calabrò. Sentenza poi confermata anche in Cassazione definitivamente nel 2004. Per anni il delitto è stato mascariato come legato agli ambienti mafiosi, ma la verità era diversa e sotto gli occhi di tutti: ad essere stato ucciso un innocente. Ci sono voluti 10 anni per dimostrarlo e per restituire la dignità e l’onore a un uomo buono, un “Capitano ribelle” che amava la sua terra. Nella motivazione delle condanne il giudice scrive: “Al capitano Ficalora si è voluto infliggere un supplizio ben più grave di quello estremo dallo stesso subìto, tormento che, travalicando i limiti della esistenza umana, avrebbe coinvolto quanto di più nobile ed elevato un uomo può avere: la dignità e l’orgoglio della propria onestà morale“.
La città di Castellammare del Golfo gli ha dedicato una via. La sua storia l’abbiamo raccontata qui: