La protesta dei familiari VIDEO

Mazara: attimi di tensione oggi durante un corteo dei familiari dei pescatori sotto sequestro in libia da oltre un mese

Sono stati fino a questa mattina ad occupare l’aula consiliare, oggi la decisione di lasciare l’aula per sfilare in città. Un corteo aperto dallo striscione col quale si chiede di liberare i pescatori mazaresi, 18 in tutto, sotto sequestro in Libia dallo scorso 1 settembre. Ma improvvisamente al corteo è stato impedito dai vigili urbani di andare avanti, e ci sono stati momenti di forte tensione come documenta il video che qui pubblichiamo. E questo dopo che non giungono notizie ne da Roma – dove a protestare sono rimasti alcuni familiari dei marittimi – ne da Bengasi dove i 18 pescatori siciliani si trovano reclusi in una caserma dei miliziani della Cirenaica fedeli al generale Haftar. Non è servito se non a cercare di indurre alla pazienza i familiari, l’incontro romano con il premier Conte e il ministro degli Esteri Di Maio. “Niente sappiano sulla trattativa – dice uno degli armatori – e soprattutto non sappiano se sia stata davvero avviata, abbiamo l’impressione che dalla Libia non si è mosso alcun passo diplomatico verso l’Italia, il nostro Paese ci pare che non abbia mai ricevuto risposte in tal senso”. “Desideriamo – hanno detto alcuni dei familiari oggi a Mazara – che ai nostri cari vengano fatti arrivare viveri e medicine”. Il sequestro risale all’1 settembre scorso. Un paio di motovedette libiche bloccarono i motopesca “Antartide” e “Medinea” – altri due motopesca riuscirono a fuggire via, trasferiti con gli equipaggi nel porto di Bengasi. I pescatori per alcuni giorni sono rimasti all’interno di una villa, per poi essere trasferiti in una caserma. Due settimane addietro l’unico contatto tra il comandante Pietro Marrone e sua madre. Marrone restò per pochi minuti al telefono, rassicurando sulle buone condizioni di salute di tutti i marittimi, ma implorando che venisse fatto qualcosa per la loro liberazione. La scorsa settimana in un reportage l’Agenzia AGI diede notizia di una clamorosa contestazione fatta ai marittimi siciliani dai militari libici, cioè quella che sui pescherecci veniva trasportata sostanza stupefacente. L’Agi mise in rete anche le foto di una serie di involucri presi da uno dei motopesca e posati sulla banchina del porto di Bengasi. Un fatto infondato replicarono subito gli armatori dei pescherecci, una scusa per trattenere senza motivi quegli equipaggi, e anche, forse per alzare il presso sul loro ritorno in libertà. I miliziani di Haftar hanno poi chiesto, ma per via ufficiosa, mai diplomatica, il rilascio di quattro connazionali libici in carcere in Italia, con condanna definitiva, per avere provocato 49 morti durante il trasporto di migranti verso la Sicilia. Naufragio che risale all’estate 2015. “Quelli non sono scafisti ma calciatori” hanno detto i libici.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.