La comunita’ internazionale dice si’ alle risoluzioni italiane per la lotta alle mafie. La Conferenza delle Parti sulla Convenzione Onu contro la criminalità transnazionale (nota come Convenzione di Palermo) che celebra quest’anno il suo ventesimo anniversario ha adottato ieri due documenti proposti dall’Italia, uno dei quali dedicato alla legacy di Giovanni Falcone.
Grazie alla prima risoluzione si avvia la concreta operatività del Meccanismo di revisione, strumento di valenza fondamentale, finalizzato al controllo dell’attuazione, nell’ordinamento di ciascun Stato membro, degli obblighi assunti. L’importanza di questo Meccanismo risiede proprio nell’eliminazione di vuoti normativi negli ordinamenti interni, che permettono alle organizzazioni criminali “in movimento” di sfruttarli, godendo di una sostanziale impunità.
Con il secondo documento, che prende il nome di Risoluzione Falcone, dal nome del magistrato ucciso dalla mafia a Capaci, si potenzia il contrasto alla dimensione economica della criminalità e, più in generale, si offrono strumenti sempre più avanzati di prevenzione e di repressione delle nuove forme di criminalità. La risoluzione mette nero su bianco l’importanza dell’eredità lasciata da Giovanni Falcone, pioniere della cooperazione giudiziaria nel contrasto ai clan e “il cui lavoro e sacrificio ha aperto la strada all’adozione della Convenzione”. E’ la prima volta che in una risoluzione viene valorizzato il contributo di una singola persona.
Il documento fa chiaro riferimento alla cooperazione globale contro le conseguenze socio-economiche della pandemia e l’infiltrazione mafiosa nel mondo imprenditoriale.
La Convenzione di Palermo contro la criminalità organizzata transnazionale si sta sempre più dimostrando l’unico vero strumento globale di cooperazione giudiziaria, commenta in una nota il Ministero della Giustizia. Più attuale oggi di quanto non fosse all’inizio, la Convenzione fornisce strumenti ai Paesi aderenti (190 sui 193 che fanno parte dell’ONU) per prevenire e combattere tutte le forme di criminalità organizzata.
La delegazione italiana alla riunione era costituita dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, dall’ambasciatore italiano presso le organizzazioni internazionali di Vienna, Alessandro Cortese, dal consigliere giuridico Antonio Balsamo, e dal primo segretario Luigi Ripamonti. Per l’Italia sono intervenuti anche il procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho, il procuratore generale di Roma Giovanni Salvi, il capo della Polizia Franco Gabrielli e il viceministro degli Esteri Marina Sereni. Al dibattito hanno partecipato anche ong italiane, come la Fondazione Giovanni Falcone, il Centro Pio La Torre e Libera che hanno riferito le loro esperienze in prima linea sul territorio.
Soddisfazione e’ stata espressa da Maria Falcone, la sorella del magistrato: “Ci sono le idee e le intuizioni di Giovanni Falcone, il suo metodo investigativo, la sua visione della lotta alle mafie nella risoluzione italiana approvata all’unanimità a Vienna.
“Giovanni credeva fermamente nella necessità di creare
un fronte comune, una mobilitazione mondiale contro le mafie”, ha detto Maria che presiede la Fondazione che del giudice porta il nome: “Al centro della sua visione c’è sempre stata la necessità di investire sulla cooperazione internazionale nel contrasto al crimine organizzato. Nella risoluzione approvata a Vienna, frutto del prezioso lavoro del nostro Paese, sono recepite molte delle sue idee: dalla necessità di colpire i patrimoni illegali e di seguire i flussi di denaro al potenziamento della cooperazione giudiziaria internazionale, alla costituzione di pool investigativi comuni a più Stati che potrebbero essere decisivi nella lotta alle organizzazioni transnazionali di trafficanti di uomini”.
Fonte OnuItalia.com