Vianini, un caso aperto

Capaci: in Consiglio comunale bocciata la mozione per revocare la delibera che cambiò la destinazione d’uso dell’ex area industriale

Un caso sempre più aperto ma che paradossalmente nell’aula maggiormente preposta ad affrontarlo, il Consiglio comunale, resta privo di chiare e univoche indicazioni. Tra tante contraddizioni, continuano a mancare soprattutto i nomi. E’ da qualche tempo che ci interessiamo all’iter per far nascere un centro commerciale nell’ex area industriale Vianini di Capaci. Una vicenda che ha preso una certa evoluzione, tanto da finire oggetto di audizioni da parte della Commissione nazionale antimafia. Vicenda che ha scatenato anche altro, come la rimozione dell’ex comandante della stazione dei Carabinieri di Capaci, il luogotenente Paolo Conigliaro, proprio mentre indagava su quell'”affaire”. Tra qualche giorno a proposito vi racconteremo anche di uno strano processo cui Conigliaro è sottoposto dinanzi all’autorità della Procura militare di Napoli. Un procedimento che qualcuno a Capaci sta trasformando in un can can tanto per spalmare polvere e fango. Oggi torniamo sulla vicenda Vianini a poche ore da una riunione consiliare durante la quale è stata discussa una mozione per revocare la delibera con la quale l’area industriale nel 2017 divenne a destinazione commerciale. A presentare la mozione il consigliere comunale Erasmo Vassallo, candidato sindaco sconfitto alle ultime elezioni dall’eletto Pietro Puccio, e che nel precedente Consiglio comunale era tra coloro i quali vollero quella delibera proposta dalla allora Giunta del sindaco Sebastiano Napoli. La mozione non è passata, la maggioranza del sindaco Puccio, primo cittadino in testa, non è stata concorde alla proposta di Vassallo. La ragione? Quella politica è che c’è una procedura di osservazioni e opposizioni al Prg del Comune (adozione soggetta a commissariamento da parte della Regione), e l’area Vianini per la Giunta deve assumere altra destinazione, ma all’interno di questo iter sul piano regolatore, non al di fuori da esso; ma ce ne è anche un’altra ragione, lo ha detto lo stesso sindaco e un altro consigliere, Salvatore Puccio, c’è una indagine in corso, e quella mozione rappresenterebbe per loro un “intorbidimento delle acque”. Ovvia la reazione del proponente Erasmo Vassallo, secondo il quale a maggior ragione va revocata questa delibera se è stata concepita per certi accordi non proprio limpidi. Ma i numeri d’aula non sono stati a lui favorevoli. E per adesso la questione politica si è fermata qui. E’ oramai una cosa certa che nel 2017 quasi sul finire dell’attività consiliare per le imminenti elezioni amministrative, il Consiglio comunale di Capaci votò sotto minaccia “politica” una delibera che fece divenire zona ad uso commerciale una vecchia area che era rimasta a destinazione industriale per lungo tempo nonostante ci fossero state una serie di proposte che la volevano convertire da zona museale a area dove costruire una caserma. Un’azione politica condotta all’ombra di una indagine della quale nessuno parlava ufficialmente, ma tanti sapevano che c’era, anche perché di quel Consiglio comunale alcuni componenti probabilmente, per una ragione o per un’altra,  conoscevano ciò che si muoveva negli ambienti investigativi che lavoravano peraltro a pochi passi dalla sede consiliare (la stazione dei Carabinieri ieri come oggi ha sede all’interno della struttura municipale, in una “dependance”). Quel voto del 2017 rappresentò anche una sfida tra poteri, il potere occulto di certi affaristi contro il potere istituzionale di Procura e Carabinieri. Vinsero i primi, e vinsero tanto da ottenere da quella Procura di Palermo una archiviazione dell’indagine che fu così clamorosa da sembrare un vero e proprio insabbiamento. Adesso però le cose sembrano mutare. Si torna a parlare di una indagine. Già da sola l’azione che sta conducendo la Commissione nazionale antimafia dimostra una attenzione che ad alcuni suscita preoccupazioni. E la Commissione nazionale antimafia è provvista di poteri di indagine pari a quelle proprie delle Procure. E da Roma potrebbero partire, se non sono già partiti, input alla magistratura palermitana. I parlamentari dell’Antimafia, il suo presidente Nicola Morra, stanno ascoltando parecchie persone, e stanno leggendo certe carte, cominciando a scorgere ciò che la Procura di Palermo all’epoca non vide. E cioè che dietro il progetto per costruire un centro commerciale nell’area Vianini ci sarebbero stati alcuni dei soggetti che facevano parte del “cerchio magico” dell’ex leader di Sicindustria Antonello Montante. Un’allegra e spregiudicata combriccola che si muoveva corrompendo a destra e a manca, schedando i propri nemici, con il paravento di una azione antimafia che di antimafia non aveva proprio nulla. Il progetto presentato dal gruppo dell’imprenditrice Angela Pisciotta, avrebbe avuto dietro le quinte quel Massimo Michele Romano che fu indagato nell’indagine della Procura di Caltanissetta che travolse Montante. Una indagine che non è chiusa, almeno quella nissena, e che di recente ha visto l’apertura di altre piste investigative con nomi eccellenti. Qualcuno sostenne che l’indagine nissena non poteva mai colpire gli imprenditori che avevano interesse sulla Vianini, ma guarda caso a sostenere da un punto di vista legale questa società era lo studio Pinelli- Schifani (Schifani ex presidente del Senato) che pure spuntava nelle carte giudiziarie di Caltanissetta. Dinanzi a questo scenario da qualche tempo dentro al Consiglio comunale c’è un po’ di effervescenza. Tanto che all’ultimo atto, in ordine di tempo, la seduta consiliare di venerdì scorso, che chiunque può ascoltare perché la pubblichiamo alla fine di questo articolo, tutti sono contro la famosa delibera del 10 novembre 2017, la numero 78, ma alla fine tutti la prendono con le cosiddette pinze, perché è chiara forse in tanti la consapevolezza che finisce male a chi tocca quei fili. Ed allora si aspetta che qualche autorità esterna tolga il Comune dagli impicci. Proprio all’inizio della seduta di venerdì, ancora prima che l’aula affrontasse la mozione proposta da Vassallo, il sindaco Puccio ha reso comunicazione circa una interlocuzione ufficiale avuta dal segretario comunale con il comandante della stazione dei Carabinieri di Capaci, al quale è stato inviato un esposto proprio del consigliere Vassallo e le controdeduzioni della Giunta, aventi ad oggetto ancora l’area Vianini. La affermazione indagini in corso è stata ripetuta più volte, ma sono mancati gli approfondimenti. Con i nomi e i cognomi di chi architettò quell’iter procedurale e di chi ne avrebbe avuto compenso. Pensiamo che la politica non può tacere e le cose che si conoscono debbono cominciare ad essere dette, soprattutto a Capaci che nell’immaginario collettivo rappresenta il peggio che Cosa nostra ha potuto combinare ma anche la reazione della società civile inorridita dalle morti causate dalla strage. Forse è ora di inorridirsi davvero per tutto, anche per le malefatte che non hanno lasciato morti sul campo, ma hanno visto la legalità arrendersi. Dire le cose che si conoscono non sarebbe cosa da ostacolo alle indagini ma semmai darebbe una mano d’aiuto, magari restituendo quella dignità a chi l’ha avuta maldestramente sottratta, e siccome i nomi e cognomi li facciamo, stiamo parlando del luogotenente Paolo Conigliaro.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.