Un Comune sempre in bilico

Castellammare del Golfo: i risvolti del blitz antimafia “Cutrara” confermano come l’amministrazione pubblica resta sempre preda del malaffare mafioso e la società civile stenta a reagire

Castellammare del Golfo, la sua comunità, la politica, l’amministrazione pubblica, alla fine tranne rare eccezioni, pare aver dimenticato l’atto di accusa che la scorsa estate ha visto finire in carcere diversi presunti mafiosi e mafiosi in carriera, e ha indicato come indagato l’attuale sindaco Nicola Rizzo. Non sta a noi giudicare, non pretendiamo sia la società civile a scrivere sentenze che spettano solo ai giudici, ma questa presa d’atto non può diventare un alibi, per nessuno. Certamente c’è uno scenario palpabile che dovrebbe suscitare impressione. Lo diciamo da tempo e lo ripetiamo. A Castellammare del Golfo alcuni signorotti di Cosa nostra hanno goduto fin troppo di rispetto. E questa forma di comportamento che è possibile rappresentare col classico “assabinirica” indubbiamente ci suscita angoscia e mal di pancia perché ci rendiamo conto che si calpesta la memoria di chi è morto per aver fatto il proprio dovere, di chi è morto per essersi trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato e si calpesta l’impegno di tanti che sono vivi e fedeli al giuramento prestato combattono le mafie, il malaffare, le collusioni che si celano dentro le stanze del potere e che concordano strategie dentro certe logge della massoneria. E’ di questi giorni che un docu film ci ha raccontato una storia intima di una giudice popolare al maxi processo di Palermo, quel dibattimento istruito dal pool antimafia dell’ufficio istruzione del Tribunale di Palermo e che per la prima volta spiegò il sistema Cosa nostra. In quella sentenza è anche scritto che un mafioso resta sempre tale anche quando le condanne vengono espiate, il giuramento prestato da questi uomini che si dicono d’onore, prevede che da Cosa nostra si possa uscire solo da morti. I mafiosi che girano per i paesi della nostra terra non sono e non possono essere cittadini come tutti gli altri, almeno dal punto di vista etico e morale. Un mafioso che ti viene a parlare, che ti offre il caffè, è una persona da mettere alla porta ed è meglio che l’offerta di quel caffè venga rifiutata. Non è gentile il mafioso che ti mette la mano sulla spalla, è semmai il segnale che è lì pronto a chiederti di fare qualcosa per lui. Purtroppo ci sono indagini oltre quella denominata “Cutrara” che ci raccontano come spesso questo è avvenuto e avviene, e che talvolta il mafioso viene cercato apposta per ragioni disparate, anche per chiedere aiuto elettorale. Castellammare del Golfo ha già subito il commissariamento dei propri organismi amministrativi per inquinamento mafioso. Ma dopo i commissariamenti ogni volta pare che niente sia cambiato, come se venga messa indietro la pellicola di un film, per tornare al suo inizio, sperando di poter cambiare il finale. Castellammare del Golfo non è seconda a nessuno a proposito della presenza di Cosa nostra. Qui hanno vissuto uomini dell’esercito mafioso ma anche “colletti bianchi”, professionisti che si sono prestati a favorire gli interessi della mafia. A Castellammare del Golfo nell’officina di Gioacchino Calabrò fu preparata l’autobomba destinata al giudice Carlo Palermo e che causò la morte di Barbara Rizzo e dei suoi gemellini, Salvatore e Giuseppe Asta di appena 6 anni. Dalle banchine del porto di Castellammare del Golfo sono partite le barche che hanno portato a terra la droga e le armi di mercantili venuti a rifornire Cosa nostra siciliana, nelle campagne di Castellammare del Golfo furono collocate molte delle raffinerie di eroina, che producevano droga da esportare poi anche negli Stati Uniti. Mafiosi professionisti, così bravi da andare in America a tenere “corsi di formazione” ai giovani americani, figli di mafiosi nostrani, obbligati a succedere ai loro padri, zii o nonni. Nel cimitero di Castellammare del Golfo riposa quel presidente della Regione, Piersanti Mattarella, ammazzato da Cosa nostra perché aveva deciso di combattere la mafia che girava per le stanze del Governo e del Parlamento, che condizionava il suo partito, la Dc, e che opprimeva la società civile che davanti ai morti ammazzati si girava dall’altra parte. Oggi non ci sono morti ammazzati, c’è tanto altro però che prova la presenza di Cosa nostra e la gente, dopo una breve parentesi di indignazione davanti alle stragi, adesso continua a girarsi dall’altra parte. Bisogna con urgenza allontanarsi da questi scenari, bisogna prendere posizione e dire che le porte vanno chiuse in faccia ai mafiosi e non vanno aperte. La cronaca di questi giorni, una iniziativa parlamentare, prefigurano che il Comune di Castellammare del Golfo presto potrebbe trovarsi nuovamente sul bilico di un nuovo possibile commissariamento per inquinamento mafioso. Al Senato un gruppo di parlamentari guidati dal catanese Mario Giarrusso, ha presentato una interrogazione al ministro dell’Interno, ricostruendo in sintesi quello che i Carabinieri con l’indagine “Cutrara” hanno consegnato al vaglio della magistratura e presto anche dei giudici, per una scontata richiesta di rinvio a giudizio degli indagati, ma anche alla conoscenza della società civile. Secondo noi va riaperto immediatamente quel confronto che ha conosciuto un momento la scorsa estate, grazie all’attività di alcune associazioni, ma che oggi è rimasto solo come un momento di effervescenza. Va data continuità a queste iniziative, a prescindere dal fatto se gli organi preposti, il ministero dell’Interno attraverso la Prefettura di Trapani decida o meno di avviare la cosiddetta procedura di accesso, per controllare gli atti pubblici, per verificare la sussistenza di violazioni di legge, nonché di fenomeni di infiltrazione mafiosa o elementi di condizionamento dell’amministrazione da parte di Cosa nostra, cosa che potrebbe portare all’immediato scioglimento del Consiglio comunale di Castellammare del Golfo. Su questo verremmo e speriamo di sentire presto la voce dei tanti castellammaresi onesti, più forte del solito coro di indignati in mezzo ai quali ci sono quelli che dicono, con rispetto, “assabinirica” quando incontrano il mafioso per strada.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.