Era Pablito, l’uomo che fece piangere il Brasile. Paolo Rossi è la cartolina sorridente di un’estate meravigliosa, quella del 1982, capace di regalare emozioni indescrivibili a chi la visse e a chi, come me, ha potuto apprezzare soltanto le immagini e i video dell’epoca. Rossi è sinonimo di Mundial, il mondiale spagnolo al quale la nostra nazionale partecipò combattendo soprattutto contro avversari esterni al terreno di gioco: la quasi totalità della stampa sportiva, principalmente, ansiosa di celebrare il fallimento della selezione di Bearzot. Secondo i giornali il commissario tecnico si era macchiato, tra le altre che gli avevano imputato, di una colpa: la convocazione di Pablito. Un giocatore appena tornato in attività dopo una lunga squalifica e preferito – all’apparenza inspiegabilmente – al romanista Pruzzo, capocannoniere del campionato appena archiviato. Il ct aveva però deciso di andare per la sua strada, di seguire le sue idee, le sue convinzioni. Convinzioni che non scricchiolavano neanche quando, dopo le prime quattro partite del torneo iridato, il rendimento deficitario di Rossi aveva provocato una specie di sollevazione popolare. Perché insistere con quel pallido centravanti? Italia-Brasile era la più tonante delle risposte che si potessero dare. Quinto minuto: Bruno Conti ubriaca un paio di avversari e allarga in direzione di Cabrini, che crossa sul secondo palo e trova la testa di Pablito. Gol! È la scossa. I sudamericani riescono a riacciuffare il pareggio ma, confidando eccessivamente nelle loro notevoli qualità tecniche, indugiano, rischiano e pagano. Minuto venticinque: i difensori brasiliani gestiscono il possesso con sufficienza e Rossi, in agguato, fiuta il pallone come se fosse una preda e si presenta davanti al numero uno Valdir Peres, a cui non lascia scampo. È il provvisorio 2-1. La partita non sembra avere pace e gli sforzi degli azzurri vengono vanificati dal secondo pareggio verdeoro. Manca poco più di un quarto d’ora al tramonto della partita quando l’Italia si appresta a battere un corner: la palla cade al limite, una conclusione sporca, poi la zampata di Pablito, la terza. Tripudio. Italia-Brasile è stata la partita della sua vita: più della semifinale contro la Polonia, che ha deciso con due reti, e della finalissima, altro match su cui ha apposto la sua firma. Il ricordo più dolce lasciato a noi inguaribili calciofili. Era Pablito, el hombre del partido.