Gli scenari delle logge massoniche del circolo Scontrino non coincidenti con la realtà oramai storica presentati da due massoni nell’ultima udienza sui falsi testimoni del processo Rostagno. Fissata la requisitoria
Quella di oggi pomeriggio è stata l’ultima udienza dibattimentale dove i dieci imputati sono coloro i quali sono stati ritenuti falsi testimoni dai giudici della Corte di Assise di Trapani al termine del processo per il delitto del sociologo e giornalista Mauro Rostagno, avvenuto a Lenzi (frazione di Valderice) il 26 settembre del 1988. Rostagno quando fu ammazzato, e la Cassazione di recente ha confermato la condanna quale mandante del capo mafia trapanese Vincenzo Virga, si occupava della direzione di un tv locale, Rtc, e secondo i giudici quel suo intenso impegno giornalistico rivolto contro Cosa nostra, armò la mano dei killer mafiosi. Il processo si svolge dinanzi al giudice monocratico Roberta Nodari, il sostituto procuratore Sara Morri è la pm. Oggi pomeriggio è stato sentito su richiesta del pm Morri l’ex dirigente della Digos di Trapani, l’attuale primo dirigente Giovanni Pampillonia, capo oggi della Digos a Palermo. L’audizione di Pampillonia è stata legata alla identificazione della svizzera Leonie Heuer Chizzoni, convivente del generale Angelo Chizzoni, scomparso da qualche anno, e che è stato ai vertici del servizio segreto militare. La Heuer è tra i dieci imputati accusati adesso di falsa testimonianza. L’ex dirigente della Digos trapanese ha riassunto i passaggi dell’indagine che nel 1996 sfociò nell’operazione “Codice Rosso”, coordinata dalla Procura di Trapani e che come trama sul delitto di Mauro Rostagno si concentrò su una poi archiviata cosiddetta “pista interna” alla comunità di recupero per tossicodipendenti Saman, della quale Rostagno fu fondatore assieme alla sua compagna Chicca Roveri e al guru Francesco Cardella, anche lui nel frattempo scomparso prematuramente in Nicaragua, a Managua nell’agosto 2011. Dopo quegli arresti, ha ricordato Pampillonia rispondendo al pm Morri, la Digos ricevette dalla Procura di Trapani una delega a sentire due soggetti che avevano detto di conoscere i retroscena e le ragioni dell’uccisione di Mauro Rostagno, e cioè un informatore dei servizi segreti, Francesco Elmo e un giornalista, Sergio Di Cori. Quest’ultimo disse che Rostagno poco prima di essere ucciso aveva saputo di un traffico di armi che veniva condotto da appartenenti a reparti militari italiani, utilizzando aerei che venivano fatti arrivare apposta sulla pista di un allora già dismesso aeroporto militare, nella frazione trapanese di Chinisia. Conoscenza che Rostagno aveva avuto grazie alle confidenze di una donna legata a un generale dei servizi segreti. Secondo Di Cori, Rostagno era riuscito a filmare una delle fasi di carico di armi e si preparava a renderla pubblica. Si dice di una cassetta che lui teneva sul suo tavolo a Rtc, cassetta però mai trovata. Le indagini della Digos di Trapani portarono ad identificare nella Leonie Heuer la donna che aveva rivelato a Rostagno questo “segreto militare”. La Leonie Heuer sentita però nel processo per il delitto Rostagno ha negato ogni possibile conoscenza e frequentazione con il giornalista. Pampillonia ha poi detto che un’altra persona che era a conoscenza del filmato realizzato da Rostagno, fu Alessandra Faconti, ex ospite della Saman, anche lei scomparsa, e nel processo è transitato il suo verbale. La Corte di Assise di Trapani nella sua sentenza non ha escluso questa circostanza, inquadrandola all’interno di uno scenario al quale Cosa nostra stessa non sarebbe stata estranea a questo traffico di armi. Nell’udienza di oggi pomeriggio sono stati sentiti poi due massoni che fecero parte della famigerate logge massoniche Iside e Iside 2, scoperte a metà degli anni ’80 dietro le quinte del circolo culturale “Antonio Scontrino”. Logge massoniche capeggiate dal gran maestro Gianni Grimaudo, morto da anni, dopo essere stato condannato per la violazione della legge Anselmi contro la massoneria segreta, e della quale fecero parte due dei falsi testimoni oggi imputati, Antonio Gianquinto e Natale Torregrossa. La loggia Iside fu aperta con la “benedizione” del gran maestro palermitano Giuseppe Mandalari, poi riconosciuto essere il commercialista del capo dei capi di Cosa nostra, Totò Riina. E lo scandalo che emerse dalla scoperta, fatta dagli investigatori della Squadra Mobile di Trapani, diretta da Saverio Montalbano, fu quello che in quelle logge erano iscritti famigerati mafiosi e che Grimaudo teneva super segreta la loggia “C” – coperta – dove si intrecciavano personaggi autorevoli della città, con boss mafiosi. I due testi sentiti sono stati Nicola Formusa e Giovanni Guitta, citati dalle difese degli imputati Gianquinto e Torregrossa, presenti in aula, difesi dagli avvocati De Felice e Dara. Lo scenario di quelle logge sono state presentate dai due testi senza fare riferimento alle connessioni che si svilupparono dentro quelle logge, hanno parlato di quelle logge, verso le quali Rostagno aveva puntato la sua attenzione, riuscendo anche a raccogliere anche in questo caso confidenze che se fosse riuscito a mettere in onda avrebbe certamente smantellato ciò che all’epoca si diceva e cioè che la Iside e la Iside 2 non erano certo tutto quello che all’epoca si diceva nelle indagini giudiziarie. I testi hanno quasi celebrato la figura del gran maestro Gianni Grimaudo e del suo più stretto collaboratore, Natale Torregrossa, che con Grimaudo fu condannato per la violazione della legge Anselmi. Rostagno proprio sulla sua inchiesta giornalistica sulla loggia Iside fu sentito dai carabinieri e dall’ufficio istruzione del Tribunale di Trapani, verbali che però scomparvero in un primo momento, per venire fuori proprio durante il processo di primo grado in Corte di Assise. Rostagno aveva individuato per bene le connessioni tra massoneria e mafia, un tema che purtroppo ai nostri tempi non è certo scomparso dal palcoscenico delle più recenti indagini giudiziarie. Eppure i due testi, rispondendo alle domande dei difensori di Gianquinto e Torregrossa, hanno detto che la Iside era il miglior luogo dove fare utili esperienze di vita. “La loggia Iside – ha detto Formusa – era il miglior luogo per chi come me aspirava a conoscenze affascinanti, per coltivare una scuola di virtù utile al miglioramento della persona”. Formusa si è soffermato poi sulla grande attività del centro Scontrino , “con conferenze – ha detto – di grande valore , gli incontri erano sempre affollate con la presenza di tante autorità locali per gli ospiti ragguardevoli come il rabbino Toaff, la scrittrice Dacia Maraini, professori universitari”. Formusa ha ricordato che per le numerose adesioni alla loggia Iside , fu necessario lasciare la piccola sede di via del Legno e trasferirsi in altra sede più grande e creare diverse logge, lui, Formusa, ha detto di essere appartenuto alla Hiram dove era scritto anche Gianquinto. Una persona dalle tante professioni Gianquinto, “capace e intraprendente” lo ha definito Formusa, negli atti di accusa è indicato con Torregrossa tra coloro i quali ebbero ad incontrare Rostagno, ma che poi in aula hanno negato. Gianquinto avrebbe conosciuto Rostagno perché faceva “il dentista nella comunità Saman”, Formusa ha però ricordato che Gianquinto era ufficiale della marina mercantile, pilota di aerei. Da questa descrizione viene fuori una sorta di figura camaleontica, parrebbe proprio un pezzo di quel puzzle massonico sul quale Rostagno aveva puntato la sua attenzione e certamente non perché dentro quelle logge si coltivavano pensieri virtuosi. Giovanni Guitta, ex capo reparto dei Vigili del Fuoco di Trapani, anche lui massone della loggia Hiram, ha indicato Natale Torregrossa come un capo dell’obbedienza massonica, “non apparteneva a nessuna loggia di preciso, era semmai un capo”, anche lui ha parlato della necessità di suddividere la Iside in diverse logge, e questo ha spiegato “per permettere contatti più diretti per la esigenze spirituali e di meditazione”. Guitta ha detto di essere inizialmente appartenuto alla loggia Cafiero prima di passare alla Hiram, loggia alla quale “apparteneva anche Gianquinto”. Oggi pomeriggio con la chiusura del dibattimento il processo si avvia alla discussione. La requisitoria del pm Sara Morri è stata fissata per il 28 gennaio dell’anno prossimo, a seguire a febbraio gli interventi delle difese e poi la sentenza. Una sentenza che potrebbe restare senza pronunciamenti di condanne o assoluzioni, e sciogliersi in dieci pronunce di prescrizione. Facendo così restare segreti determinati intrecci che somigliano più a un depistaggio e non a false testimonianze, ma all’epoca delle testimonianze – raccolte dai giudici della Corte di Assise in un periodo tra il 2011 e il 2014 – nel nostro codice penale non esisteva ancora il reato di depistaggio, introdotto dal Parlamento proprio sulla spinta anche del caso Rostagno.