Gli arrestati ed i reati contestati

Blitz “Ruina”: l’atto di accusa firmato dalla Procura distrettuale antimafia di Palermo

Associazione mafiosa per Nicolò Pidone, Giuseppe Aceste, Giuseppe Fanara, Giuseppe Gennaro, Stefano e Rosario Tommaso Leo, Gaetano Placenza, Salvatore Barone. Nicolò Pidone è ritenuto il capo della famiglia mafiosa di Calatafimi, Aceste, Fanara, Gennaro, Placenza e Barone, sarebbero stati i suoi “picciotti”, occupandosi anche dei contatti con esponenti di altre famiglie mafiose (fra cui Francesco Domingo, della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo, e Rosario Tommaso Leo e Stefano Leo, per la famiglia mafiosa di Vita), acquisendo la gestione diretta e indiretta e il controllo delle attività economiche, realizzando gli atti intimidatori. Andrea Ingraldo è accusato di associazione mafiosa per aver messo a disposizione della famiglia mafiosa la propria azienda agricola. A Pidone, Aceste, Sabella e Fanara viene anche contestata l’accusa di danneggiamento, l’incendio avvenuto nel marzo scorso nella frazione ericina di Napola, dell’auto di proprietà di Antonino Craparotta. Pidone, Aceste e Ingraldo rispondono poi di false dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria: Ingraldo è accusato di aver detto il falso a proposito del procedimento per l’applicazione della misura di prevenzione cui erano soggetti Pidone e Aceste, affermando l’esistenza di rapporti di lavoro. Accusa di furto per Giuseppe Gennaro, a proposito della sottrazione di un mezzo agricolo di proprietà di Maria Cristina Riserbato, furto commesso in concorso con il boss di Castellammare del Golfo, Francesco Domingo e con Sebastiano Stabile e Salvatore Mercadante. Reato di procurata inosservanza di pena per Stefano Leo, indagato per avere aiutato nella sua latitanza il pacecoto Vito Marino, condannato all’ergastolo per la strage compiuta nell’agosto 2006 a Brescia, dove morì un intero nucleo familiare, quello del bresciano Angelo Cottarelli, ammazzato assieme alla moglie e al figlio diciasettenne. Marino, arrestato l’anno scorso, aveva trovato rifugi tra Vita e Salemi. Favoreggiamento per Ludovico Chiapponello per avere aiutato Pidone nella ricerca di microspie collocate in un casolare di campagna, dove si tenevano summit mafiosi. Domenico Simone e Leonardo Urso sono indagati per favoreggiamento, per avere aiutato Pidone, Stefano e Rosario Tommaso Leo, nell’organizzare incontri tra di loro. In particolare Urso sentito dall’autorità giudiziaria forniva dichiarazioni false e reticenti. Rosario Tommaso Leo è accusato anche della violazione della sorveglianza speciale, non rispettando l’obbligo di soggiorno nel Comune di Marsala. Violazione della sorveglianza speciale anche per Pidone. Le indagini della Polizia hanno messo in evidenza come l’attività della famiglia mafiosa locale si è sviluppata tra il 2015 e sino a pochi mesi addietro. Il fermo è scattato per evitare che alcuni degli indagati riuscissero nell’intento di darsi latitanti e per impedire un grave atto di ritorsione, ordinato dal capo del clan Pidone.

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