La mafia delle sensalie

Blitz di Polizia a Calatafimi, arresti eccellenti, indagato il sindaco

Arresti nel feudo del latitante Matteo Messina Denaro. A Calatafimi Segesta dove si racconta iniziò nella sacristia di una chiesa la latitanza del vecchio don Ciccio Messina Denaro, il patriarca del Belice morto nel 1998 e dove poi lo raggiunse il figlio, il capo di Cosa nostra trapanese ricercato dal 1993. Mafia ed elezioni, mafia e gestione di assunzioni e disbrigo faccende, mafia e controllo del territorio. È lo spaccato del blitz che stamattina ha azzerato il clan mafioso del Comune di Calatafimi Segesta. Tredici arresti sono stati eseguiti dal Servizio Centrale Operativo della Polizia e dalle Squadre Mobili di Trapani e Palermo. Indagato il sindaco Antonino Accardo, per corruzione elettorale con l’aggravante della mafia, un altro colletto bianco è stato invece arrestato, Salvatore Barone, dirigente nel ramo dei pubblici trasporti, da ultimo al vertice dell’ATM, azienda di trasporto urbano a Trapani. Le indagini sono state coordinate dalla procura di Palermo, a firmare i fermi sono stati il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, l’aggiunto Paolo Guido e i pm sostituti Pierangelo Padova e Francesca Dessì, lo scenario è quello dei nuovi boss che reggono il “sistema” Messina Denaro, c’è pure un agente della polizia penitenziaria in servizio nel carcere palermitano di Pagliarelli: è accusato di rivelazione di notizie riservate. In manette. Il nuovo capo della famiglia mafiosa è Nicolò Pidone, 57 anni, ex operaio stagionale della Forestale che era stato già arrestato nel 2012, dopo avere scontato la condanna era tornato in sella. Era il punto di riferimento per chiunque avesse un problema da risolvere. Le intercettazioni della polizia hanno svelato incontri e contatti. “Abbiamo disarticolato un’organizzazione mafiosa potente e stabile sul territorio – dice il prefetto Francesco Messina, il direttore centrale anticrimine della Polizia di Stato – un’organizzazione che operava sotto ogni punto di vista, anche politico amministrativo ed economico imprenditoriale. E’ il “metodo” Messina Denaro, – dice ancora il capo dell’anticrimine del Viminale – quello di una mafia tornata ad essere mediazione e affari. Cosa nostra trapanese è l’humus di sostentamento del latitante, che sfrutta le intrinseche caratteristiche dell’organizzazione”.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.