Conferme e dimissioni

Mafia, operazione “Ruina”: restano in carcere dodici indagati, per l’enologo Urso scatta obbligo di dimora. Intanto a Calatafimi è crisi in aula consiliare, l’opposizione lascia i banchi

E’ cresciuto, così lui stesso racconta, all’ombra di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione ucciso dalla mafia il giorno dell’Epifania del 1980. Era componente della sua segreteria. Ma il percorso seguito dal professore Nino Accardo, 73 anni, alla luce dell’operazione antimafia “Ruina” appare essere fortemente distante dalla politica del presidente Mattarella. E’ indagato di corruzione elettorale, ma su di lui il forte sospetto di avere usato Cosa nostra per risolvere alcune pretese creditizie. L’accusa della Procura distrettuale di Palermo, che ha raccolto le indagini svolte dalla Squadra Mobile di Trapani diretta da Emanuele Fattori, è quella di avere avuto appoggi per “comprare” voti alle

elezioni amministrative culminate il 1 maggio 2019 con la sua proclamazione a sindaco di Calatafimi Segesta. Intercettato è stato ascoltato raccontare di come gli stava pesando l’esborso di denaro per saldare i conti (nascosti) della sua campagna elettorale. Intanto agli atti del Comune di Calatafimi Segesta c’è la sua dichiarazione ufficiale: per la campagna elettorale ha dichiarato di aver speso appena che 150 euro. Davanti ai magistrati antimafia appena un paio di giorni addietro ha scelto di non rispondere, avvalendosi della facoltà di non rispondere, che se forse va bene per qualsiasi altro indagato, stona un poco per uno come lui per l’incarico ricoperto di primo cittadino. Ma c’è amaramente da dire che dalla sua parte c’è una comunità, quella di Calatafimi Segesta, che non si è poi così indignata o si è sentita tradita da quel sindaco che alla gente si è sempre presentato col volto quasi del benefattore. Unica reazione è arrivata dalla minoranza consiliare. I consiglieri comunali di opposizione della lista Futuristi (che sostenevano la candidatura a sindaco del vecchio leone della destra siciliana, Nicola Cristaldi) poche ore fa hanno rassegnato le dimissioni. Vincenzo Mucaria, Silvio Guida, Patrizia Parisi e Dario Ardito hanno dichiarato “non vogliamo entrare nel merito delle indagini, ma non c’è dubbio che dalle indagini condotte dalla Procura di Palermo emerge un quadro triste e disarmante sotto tutti i puniti di vista. Abbiamo aspettato qualche giorno prima di decidere, nella speranza che da parte delle forze di governo della città arrivasse un segnale, ad oggi questo non è avvenuto, pertanto, sarà la minoranza a tentare di ridare dignità alla politica. Crediamo che in occasioni come queste, aldilà di come si risolverà la vicenda giudiziaria, la politica ha il dovere di fare un passo indietro. Calatafimi, dopo l’amministrazione Cristaldi non ha più avuto pace, la politica in questi anni ha dimostrato di non avere gli anticorpi necessari a renderla impermeabile alle logiche ed ai centri di potere pericolosi ed inquinanti al punto da rendersi necessario l’intervento della magistratura. A queste condizioni riteniamo necessario che la politica si fermi a riflettere, spiace che la maggioranza non abbia compreso la gravità della situazione, ed auspichiamo che le nostre dimissioni possano essere motivo di riflessione ed il segnale che non tutta la politica e gli uomini che la rappresentano sono uguali”. L’indagine giudiziaria intanto ha conosciuto una evoluzione dopo i tredici fermi operati nelle prime ore dello scorso 17 dicembre. Dodici dei tredici fermi sono diventate misure cautelari in carcere, all’esito degli interrogatori condotti dai gip dei Tribunali di Trapani e Marsala. E’ tornato libero l’enologo di Petrosino Leonardo Urso, per lui solo obbligo di dimora. Urso è personaggio parecchio conosciuto nel marsalese, gestore di un centro camping e balneare a Petrosino, il suo sembra essere uno dei ristoranti “in” del litorale marsalese, sempre affollato di politici. Era stato incluso nei fermi giudiziari per aver tenuto una condotta reticente durante la fase istruttoria delle indagini, un silenzio omertoso stigmatizzato dai pm della Procura distrettuale di Palermo. Per il resto degli indagati dunque continuerà la detenzione in carcere, a cominciare dal “colletto bianco”, ex manager del trasporto urbano pubblico di Trapani, Salvatore Barone e poi per il capo della famiglia mafiosa di Calatafimi, Nicolò Pidone ed i suoi sodali come Rosario Tommaso Leo e suo cugino Stefano Leo, Domenico Simone, Gaetano Placenza, Andrea Ingraldo, Giuseppe Aceste, Antonino Sabella, Giuseppe Fanara, Giuseppe Gennaro e Ludovico Chiapponello. Oltre al sindaco Accardo vi sono altri otto indagati, tra questi l’agente penitenziario Vincenzo Ruggirello.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.