Maxi confisca contro Vito Marino VIDEO

Polizia e Finanza hanno eseguito il provvedimento dei giudici delle misure di prevenzione per un ammontare di 15 milioni di euro. Il direttore dell’anticrimine del Viminale, Linares. “Grande risultato contro l’infiltrazione criminale nel settore dei pubblici finanziamenti”

Spadroneggiava assai andando in giro per Paceco, il suo paese, alle porte di Trapani, l’imprenditore agricolo Vito Marino, 54 anni, e questo a cominciare dai primi anni del 2000, dopo che Cosa nostra trapanese aveva anche deciso di sdoganarlo, cancellando le colpe del padre, Girolamo Marino, detto “Mommo u nanu”, capo mafia ucciso da Matteo Messina Denaro nel 1986, a punizione di uno sgarro. Vito Marino non è mai stato affiliato alla mafia, ma potè crescere come imprenditore grazie ad un sostegno sotterraneo delle famiglie locali, tanto che quando si è dovuto rifugiare nella latitanza, per sfuggire ad una condanna definitiva all’ergastolo, furono proprio i mafiosi più vicini a Matteo Messina Denaro ad aiutarlo. Vito Marino è in carcere da due anni. Accusato di aver fatto strage nel 2006 della famiglia di un bresciano, Angelo Cottarelli. Adesso la confisca del patrimonio per 15 milioni di euro. Ergastolo e confisca hanno un comune denominatore, una maxi truffa sui fondi messi a disposizione dallo Stato e dall”Unione europea per l’agricoltura. E’ al carcere a vita per avere sterminato nell’agosto 2006 un intero nucleo familiare a Brescia, la famiglia di Angelo Cottarelli, sgozzato assieme alla moglie Marzenne Topor e al figlio Luca di appena 17 anni. E questo al culmine di un irrisolvibile contrasto tra Marino e Cottarelli, insorto nell’ambito della maxi truffa ordita proprio da Marino, a capo di un’associazione a delinquere della quale fecero parte altri soggetti, professionisti e faccendieri, vicini anche a esponenti all’epoca dei Governi regionale e nazionale, per accaparrarsi illeciti finanziamenti Di mezzo fatture gonfiate per l’importo di svariati milioni di euro, Cottarelli sarebbe stato uno dei fornitori di false fatture, ma ad un certo punto Vito Marino, che si riteneva essere divenuto un imprenditore sopraffino e furbo del malaffare, che giammai poteva essere tradito, capì che Cottarelli non gli aveva girato tutto il denaro ottenuto con quelle fatturazioni fasulle. E un giorno d’estate, nell’agosto 2006 raggiunse Brescia e la casa di Cottarelli, compiendo la sua orribile vendetta. Una scena raccapricciante si presentò ai poliziotti quando la mattina del 28 agosto 2006 entrarono nella villetta dei Cottarelli, nel quartiere Urago Mella, alla periferia di Brescia. La coppia Cottarelli e il figlio sgozzati come animali. Vito Marino è stato adesso raggiunto anche dalla confisca dei beni. Con quella truffa si era fortemente arricchito, realizzando aziende agricole, comprando immobili,  investendo in titoli quel denaro sporco del sangue di tre morti ammazzati. La commissione nazionale antimafia all’epoca presieduta dall’on. Francesco Forgione scoprì che nonostante quella indagine sulla truffa sulla quale la Polizia indagava ancora prima del triplice omicidio dei Cottarelli a Brescia, il ministero per lo Sviluppo Industriale e la Regione Sicilia continuavano ad erogare finanziamenti a Vito Marino. Il Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani ha confiscato il patrimonio intestato a lui e a suoi familiari, valore 15 milioni di euro. Il guadagno di una raffinata quanto spregiudicata infiltrazione criminale nel mondo dei pubblici finanziamenti. La decisione dei giudici è arrivata a conclusione delle indagini condotte dalla Divisione anticrimine della Questura di Trapani, diretta dal primo dirigente Giovanni Leuci, e dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Trapani comandato dal tenente colonnello Fabio Sava. Indagini rilevanti come evidenzia il direttore del Servizio Centrale Anticrimine del Viminale, Giuseppe Linares. “L’odierna operazione di confisca – dice Linares che da capo della Squadra Mobile di Trapani indagò sulla truffa e anche sulla strage dei Cottarelli – costituisce un importante rappresentazione plastica delle infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore dei finanziamenti per lo sviluppo agricolo . La proposta di confisca del Questore di Trapani è stata perfettamente recepita e condivisa dai giudici del Tribunale. L’azione sinergica tra Polizia Anticrimine e Guardia di Finanza nel settore della ablazione patrimoniale antimafia rientra tra le strategie avviate dal Servizio Centrale Anticrimine nel suo impulso ai Questori sul territorio nazionale”.  Tra le società beneficiarie di ingenti contributi pubblici furono la Vigna Verde, la Olearia Pacheco, e la Ceralseed, società cartiere per arraffare fondi pubblici. La confisca ha riguardato 26 beni immobili,2 beni mobili e 9 società (con i relativi capitali sociali e i pertinenti beni aziendali) nonché 8 conti correnti e rapporti bancari. Il Tribunale di Trapani ha disposto il sequestro per equivalente – per coprire i costi della maxi truffa – di ulteriori somme facenti parte della cooperativa “Cantina Sociale Rinascita”. Uno dei progetti di Vito Marino era quello di commercializzare vini con etichette che forse avrebbero dovuto far capire con chi si aveva a che fare, “Malandrino”,

“Baciamo le mani”, “Ciri Ciuri” e “Maria Carmela”. Il nome di Vito Marino spuntò fuori pure in un foglietto scoperto durante una perquisizione a casa di un massone di Paceco,  cosa che fece sospettare l’appartenenza di Marino ad una loggia segreta.

 

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.