Una storia che resta carica di interrogativi

Stefano Santoro, alcamese, trapiantato a New York, free lance video, da alcuni anni si occupa della strage di Alcamo Marina, la sua ricostruzione proverebbe l’esistenza di falsi nella verità uscita fuori dai processi di revisione

di Stefano Santoro

27 Gennaio 1976, ad Alcamo Marina i carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, vengono uccisi  in un raid notturno all’interno della casermetta dove prestavano servizio.

12 Febbraio 1976, una volante dei carabinieri arresta Guseppe Vesco, è in possesso di due pistole, una rubata nella casermetta, l’altra è quella che ha ucciso i due carabinieri. Vesco fa i nomi dei complici e rivela agli inquirenti  il luogo dove hanno nascosto armi, divise  e  il resto della refurtiva.

Alla sbarra  i complici: Giuseppe Gulotta, Vincenzo Ferrantelli, Gaetano Santangelo e Giovanni Mandalà. Nel 1989 dopo una serie di processi, tra assoluzioni e condanne, gli imputati vengono condannati a pene pesanti, tra ergastoli e lunghi  anni di galera. Santangelo e Ferrantelli scappano in Brasile, Gulotta e Mandala’ vanno in carcere. Dovrebbe essere   la fine di questa vicenda, ma non lo è.

Dobbiamo allora spostare  le lancette dell’orologio  al 7 Dicembre 2007. Su un blog di Alcamo, Roberto Scurto  giovane universitario, scrive un articolo sulla strage. Tra i vari commenti spunta tal Seddik 74, sostiene di conoscere le vicende di quella strage.  Passano pochi mesi e Seddik 74, ovvero Renato Olino ex carabiniere,  tramite  l’avvocato Maurizio Lo Presti, viene ascoltato dalla Procura di Trapani. Olino rivela che le confessioni di Giuseppe Vesco, avvennero in una casermetta di Sirignano, e che il giovane alcamese fu sottoposto a torture per ammettere le accuse.  Acqua e sale, scariche elettriche ai genitali. Ma l’ex Brigadiere fa anche i nomi dei torturatori, capeggiati a suo dire dal Tenente Colonnello Russo, ucciso due anni dopo a Ficuzza,  dal commando di  Totò Riina.

Ma come mai un ex carabiniere che vive a Napoli, fuori dal contesto alcamese,  riesce a trovare quel blog locale,  Alcamo.it ed in particolare  tra i tanti articoli,  quello su Alcamo Marina? Qualcuno avvertì Olino ? E  chi era a conoscenza che l’ex brigadiere  aveva partecipato alle indagini?   Forse uno dei legali degli imputati  leggendo gli atti, aveva notato  in risalto la firma dell’ex sottufficiale?  E perché inizialmente si nascose dietro un pseudonimo se aveva tanto desiderio di rivelare i fatti? Domande che difficilmente troveranno risposte. Olino comunque  è la novità assoluta, e gli avvocati degli imputati, procedono per la richiesta del processo di revisione.  È il 13 febbraio 2012, la Corte di Appello di Reggio Calabria revoca la sentenza di condanna emessa dalla corte di Assise di Catania, in data 29 Novembre 1989, e  assolve Giuseppe Gulotta dai reati ascritti per non aver commesso il fatto. Olino con le sue dichiarazioni è riuscito a dare giustizia a Gulotta e di conseguenza agli altri condannati.  L’ ex carabiniere va ringraziato per il suo coraggio  e per le sue rivelazioni…anzi no!  L’avvocato Lauria, difensore di Gulotta,   durante una intervista sostenne  che,  secondo una sua personale opinione, “Olino probabilmente non è mai uscito dall’arma dei carabinieri, forse è uscito dalla porta ed è entrato dalla finestra. E se così fosse saremmo di fronte ad uno scenario ben diverso da quello che finora è stato disegnato dalle sentenze penali” Cosa intendeva dire l’avvocato Lauria con quelle dichiarazioni? Perché nutre dubbi sul congedo di Olino? Tra il legale di Gulotta e Olino ora cala il gelo.  Ma cosa ha detto l’ex sottufficiale, tra  la sua deposizione al processo di Gulotta e le varie interviste di giornali e tv? Andiamo per ordine

Olino ha raccontato ai giudici della Corte di Reggio Calabria, che aveva già provato a denunciare le torture dell’interrogatorio di Vesco, subito dopo la strage, prima attraverso un appuntamento al comando dei Carabinieri di Napoli, poi tramite un colloquio con il magistrato Palma, ed infine  attraverso il giornalista Francesco La Licata.   Ma Olino invece dopo il suo congedo, collezionò  soltanto un arresto per banda armata,  poi prosciolto in istruttoria, una condanna per la detenzione illegale di una pistola, e fu coinvolto, secondo quanto riporta un articolo di anni fa, nell’omicidio del giornalista Siani,  ma anche in questo caso, subito  prosciolto in fase istruttoria.

Ma i dubbi e le contraddizioni sulla deposizione e i racconti dell’ex Brigadiere Olino sono davvero tanti, a partire dalla  motivazione del suo congedo. Olino dice davanti i giudici della Corte di Reggio Calabria, di essersi congedato alla fine del 1976, dopo aver appreso della morte di Vesco, trovato ‘suicida” al carcere di San Giuliano di Trapani. Falso: Vesco muore il 26 Ottobre del 1977 e le date non coincidono.  Olino arriva insieme alla squadra anti terrorismo di Napoli, diretta dal capitano Pignero insieme ad altri sei colleghi, ma nella deposizione ne ricorda solo due : Angelo Merola e Stefano Clemente. Riesce però a ricordare tutti i nomi della squadra del Colonnello Russo del comando di Palermo.

Olino narra di perquisizioni successive alla strage, solo ai militanti di sinistra, ma in realtà l’arma condusse centinaia di perquisizioni anche a militanti di destra, tra cui lo scrittore Romano Davare  e ai  mafiosi della zona.  Olino in una trasmissione  Rai crede di…, per poi davanti la  Corte senza alcun dubbio, dice aver  partecipato alla perquisizione a casa di Peppino Impastato,  sostenendo che  i carabinieri cercavano il volume “In caso di golpe”. Poca cosa per una indagine di strage. Stesso  riferimento  al libro, durante una sua  intervista, come oggetto di una   perquisizione nella cella di tal Sansone, brigatista, al carcere di Favignana. Sansone è il soggetto che fu menzionato nelle lettere -memoriale scritte da Giuseppe Vesco.  Già le lettere.

Allora dobbiamo fare un passo indietro. Il blogger Scurto dopo i primi commenti sull’articolo di Seddik 74, entra in contatto con Renato Olino. Scurto però dice che Olino era restio a far vedere il suo volto durante le chat video. Olino tuttavia indica a Scurto, dove poter trovare le lettere di Giuseppe Vesco, pubblicate alla fine degli anni 70, sulla rivista Anarchismo di Alfredo Maria Bonanno  e Controinformazione. In quelle lettere sono descritte le torture subite dal Vesco. Come mai Olino ricorda quegli articoli sulla rivista Anarchismo, ma durante  gli anni precedenti non le porta a conoscenza della stampa o degli inquirenti? E come mai durante una intervista è certo che sulla busta delle lettere c’è l’indirizzo del carcere di Trapani, se Alfredo Maria Bonanno pubblica solo lettere, omettendo la busta ? Abbiamo provato a interloquire con l’anarchico Bonanno, ma ogni tentativo è stato respinto. L’ultima email ricevuta cosi  sentenzia ” Alfredo Maria Bonanno non rilascia interviste”.

Olino nella sua esposizione ai giudici, dice che il coinvolgimento del Colonnello Russo avviene solo dopo la cattura di Vesco, ovvero quando lui si  recò a Palermo per la perizia sulla pistola trovata in possesso di Vesco. Il maresciallo Scibilia però, sempre davanti alla Corte di Reggio, sostiene che si recò ad Alcamo Marina i 27 gennaio , insieme a Russo e ai suoi stretti collaboratori, e che fu lui stesso insieme al colonnello Russo a consegnare la pistola per  la perizia balistica al Dottor Pellegrino. Altro dato contrastante.

L’ex brigadiere poi espone i momenti dell’interrogatorio di Vesco.  Sostiene che Russo  coordinò l’interrogatorio e diede il via alle torture. Giuseppe Vesco nel suo memoriale descrive il suo torturatore. “Si fa chiamare Colonnello” scrive,” alto circa 1.70, e snello”. È ovvio che  la descrizione di Vesco, non corrisponde con quella del Colonnello Russo, egli infatti era alto 1.85 e portava i baffi, un dettaglio difficile da dimenticare e da non mettere nero su bianco.

Ma a questi dettagli se ne aggiunge ancora uno. Vesco era stato già interrogato nella caserma di Alcamo, dal Colonnello Russo subito dopo il suo arresto, poteva quindi nelle sue lettere, fare riferimento all’ufficiale che aveva incontrato precedentemente, e invece non lo fa. Ma un ufficiale come il Colonnello Russo, conosciuto dalla stampa, che aveva deposto pubblicamente  in diversi processi di mafia, che aveva raccontato davanti la commissione antimafia le vicende della scalata dei Corleonesi, e grande amico del giornalista Francese, anche egli ucciso per mano mafiosa, poteva mai esporsi spudoratamente e senza nessun copriviso, ad un interrogatorio tortura, con il rischio di essere riconosciuto, di essere sottoposto a processo e di veder troncata la sua brillante carriera?  Perché allora Olino racconta che si oppose a quelle torture durante l’interrogatorio di Vesco, puntando il dito sul Colonnello Russo, mentre dimentica di dare un ruolo ai suoi colleghi di Napoli che improvvisamente escono dalla scena delle indagini?

 Ma se è vero che l’interrogatorio fu effettuato nella caserma di Sirignano, ubicata tra lunghe distese di vigneti, siamo certi che Olino vi sia mai stato? Olino descrive la casermetta di Sirignano con dei gradini sul ciglio della porta, poi la stanza d’ingresso (dove Vesco viene sottoposto a torture), con la luce già accesa al momento dell’ingresso, e le pareti spoglie di mobili. I dettagli raccontati da Olino, coincidono perfettamente  con quelli scritti nelle lettere. Un copia e incolla  eccellente ! Chi conosce bene quel luogo però, ci confida che nel 1976 a Sirignano non c’era l’energia elettrica, e che nella caserma di Sirignano era ubicato un vecchio gruppo elettrogeno, quasi mai funzionante, praticamente i carabinieri facevano molto uso di cera per illuminare le stanze della caserma.

Anche il particolare delle pareti spoglie dei mobili, lasciano qualche perplessità, poiché dalle intercettazioni predisposte dal Procuratore Giacomo Bodero Maccabeo, nei confronti dei carabinieri della ex squadra del colonnello  Russo, i loro familiari, riferendosi a Sirignano, parlano di spostamento di mobili e di pittura delle stanze. Allora come mai Olino descrive le pareti spoglie, forse ha solamente riportato le parole di Vesco?. Lo stesso Procuratore Maccabeo, nel corso del primo incontro con Renato Olino, chiese all’ex carabiniere, se il suo racconto fosse, frutto della sua  lettura delle lettere di Giuseppe Vesco, quelle stesse lettere che Olino indicò dove trovare,  al blogger Roberto Scurto.

Nella sentenza di Revisione di Giuseppe Gulotta, vengono ancora riportati i momenti crudeli delle torture. Olino prima sostiene che vide il carabiniere Pignatella azionare la manovella del telefono da campo, per azionare le scariche elettriche sui genitali del giovane alcamese, poi immediatamente dopo, dice di essersi trovato fuori dalla stanza e di aver dedotto in base al suono percepito, il rumore delle scariche elettriche.  Ma come mai il giovane Vesco non descrisse minuziosamente le torture subite ad eccezione delle scariche elettriche ?  Eppure non era un dettaglio comune.  Forse Olino ha voluto esasperare il racconto? Anche in questo caso contraddizioni.

Perché la Corte non ha tenuto conto di queste incoerenze nei racconti dell’ex sottufficiale e perché non si è proceduto  all’incidente probatorio per assicurare la genuinità delle prove, ovvero se  Olino sia mai stato a Sirignano? Eppure noi che abbiamo di recente visitato la caserma, possiamo condividere altri dettagli evidenti del sito, che sono sfuggiti al  “distratto” Olino. Il pozzo  davanti la porta di ingresso, il casolare del  maneggio dei cavalli dei carabinieri  a circa venti metri dalla porta di ingresso, l’agglomerato delle  case di cui facevano parte i locali della caserma. Ma Olino nella descrizione esterna della caserma, si è fermato solo a quei pochi gradini, e guarda caso anche questi descritti nelle lettere di Vesco: “Scendiamo dal pulmino e mi portano all’interno di una casa. Nel breve tragitto incontro degli scalini, io non vedo niente ma li conto”.

Abbiamo la sensazione che chiunque abbia avuto la possibilità di leggere le lettere di Vesco, poteva improvvisarsi testimone di quei fatti, anche con  trentadue anni di ritardo. Se questo è stato l’atteggiamento dell’ex carabiniere è difficile dirlo, ma qualche dubbio rimane.

Chi è veramente Renato Olino, un carabiniere che congedato continuò a far parte segretamente dell’arma? Il salumiere, cosi come ci ha lui stesso raccontato,  amante delle pistole e di Prima Linea, e lettore di testi anarchici? Ma se inizialmente abbiamo espresso stima per il suo coraggio, anno dopo anno, ci siamo ricreduti. La deposizione dell’ex carabiniere lascia molti dubbi, ma ne lasciano ancora di più i mancati riscontri, di chi di dovere al Tribunale di Reggio Calabria. Insomma bastava leggere un giornale dell’epoca, per smontare la bugia sul motivo del congedo di Olino, o sulla distanza tra la caserma di Alcamo e quella di Sirignano, per constatare ancora una volta, che anche su questo particolare Olino ha fatto molta confusione.

Ma è stato lo stesso Olino a disorientarci  durante l’intervista a Napoli di due anni fa. L’ex brigadiere ha sostenuto che ricevette a Roma “un pensierino di diecimila euro in contanti”,  inviati da  Ferrantelli e Santangelo, (anche loro assolti con la Revisione),  tramite il fratello di Ferrantelli e l’avvocato Lauria.  Olino poi aggiunse che  insieme alla somma, ricevette anche un biglietto dove gli ex  condannati,  ringraziavano Olino e Dio per come erano andate le cose. Ferrantelli  da noi contattato, ha categoricamente smentito l’accaduto.  Durante l’intervista l’ex sottufficiale, inviò un video messaggio al  difensore di Gulotta,  rammaricandosi di non aver ricevuto risposte alle sue domande  e di aver ricevuto il rifiuto di un prestito, da parte di Gulotta.  Ogni commento è superfluo.

Rimane il mistero  su chi è Olino, uomo da una spiccata intelligenza, tanto da guadagnarsi nei primi anni 70,la fiducia del Colonnello Russo, ma certamente  singolare su alcuni aspetti. Rimane anche il dubbio sul suo congedo, che egli stesso ha pubblicato orgogliosamente sui social media. Ma il motivo del suo congedo lascia spazio a diverse interpretazioni, di cui solo lui e  forse i vertici dell’arma conoscono veramente.  È allora plausibile poter immaginare scenari che non potranno mai essere portati alla luce.  Chiudiamo con queste riflessioni  di Olino pubblicate tempo fa  su Facebook: ” Ribadisco che le torture descritte fanno riferimento al solo Vesco, in altre occasioni Gulotta si descrive sanguinante, confermo qualche schiaffo, una tirata di capelli a mio parere troppo poco per dichiararsi autore di un duplice omicidio…” In realtà Olino non era presente all’interrogatorio di Gulotta, ma questo è un capitolo diverso.

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