Il “re” dell’accoglienza va a processo

Operazione “Brother”: rinvio a giudizio dell’on. Norino Fratello per le truffe sui migranti

In tredici rinviati a giudizio per l’indagine della Procura di Trapani sul business illegale relativo all’accoglienza dei migranti. Principale indagato l’ex deputato regionale dell’Udc, l’alcamese Norino Fratello, 57 anni. Il gup giudice Franco Messina ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio firmata dal procuratore aggiunto Maurizio Agnello e dalle pm Sara Morri e Francesca Urbani. La richiesta riguardava 14 indagati, ma uno di essi ha scelto di essere processato col rito alternativo. Il 5 maggio con l’on. Fratello compariranno dinanzi al Tribunale: Maria Adragna, Davide Amodeo, Gaetano Calvaruso, Cristina Coppola, Benedetto Costantino, Antonino D’Angelo, Sebastiano D’Angelo, Maria Fileccia, Salvatore Fratello, Baldassare Marchese, Patrizia Messina e Marisa Oliveri. Rito alternativo per Anna Maria Montemagno . In generale le accuse sono quelle di estorsione, intralcio alla giustizia, bancarotta, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, indebita percezione di fondi pubblici, truffa allo Stato, omesso versamento di contributi. L’ex deputato Norino Fratello è accusato di aver violato le prescrizioni previste per i condannati per mafia, controllando in maniera occulta quattro coop (Dimensione Uomo 2000, Letizia, Consorzio Servizi e Solidarietà, Benessere) che gestivano dei centri d’accoglienza ad Alcamo e Castellammare del Golfo, con picchi di 250 migranti, e due società di gestione di centri sportivi (Wellness Sport Center e Sport-E) oltre che una multiproprietà a Favignana. Secondo i pm Fratello avrebbe percepito indebitamente dall’Inps delle indennità di maternità di cinque dipendenti, “in realtà mai corrisposta ai lavoratori”. Ma è accusato anche di estorsione in concorso con Antonino D’Angelo e Benedetto Costantino, 73 enne sfuggito a un agguato di mafia e fratello di un indiziato mafioso ucciso nel 1989 dal latitante Matteo Messina Denaro.     Nel mirino erano finiti l’ex prestanome Lorenzo La Rocca, che nel 2015 decise di raccontare ai magistrati il sistema delle cooperative, e il suo legale di fiducia, l’avvocato Josè Libero Bonomo. I fatti contestati risalgono all’ottobre 2017, quando con “minacce, implicite, in ordine ai “guai” che avrebbe passato l’avvocato Bonomo laddove non avesse rinunciato all’assistenza legale in favore di Lorenzo la Rocca o comunque non avesse modificato le memorie difensive redatte nell’ambito del predetto mandato difensivo”. Le richieste riguardavano un procedimento pendente davanti al Tribunale di Palermo (sezione Lavoro), in cui La Rocca “aveva chiamato in causa Fratello in qualità di effettivo titolare della gestione”. Nel corso dell’indagine sono emersi i contatti politico-affaristici per l’apertura di alcuni centri d’accoglienza con un altro ex deputato, Giovanni Lo Sciuto, poi arrestato nel blitz Artemisia con l’accusa di truffa e corruzione, oltre che per aver costituito una loggia massonica coperta.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.