Il Presidente della Commissione Antimafia di nuovo a Napoli per udienza in Tribunale contro il maresciallo che indagava sugli affari del centro commerciale
“Mi piacerebbe che sul sistema Montante, e quindi su tutto ciò’ che rappresenta un corollario di quelle trame fittissime di relazione e di potere che hanno impedito alla legge dello Stato di esser tale, ci fosse la dovuta attenzione da parte di tutti gli organi di informazione”. E’ quanto auspica il Presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra che ha presenziato ieri alla ennesima udienza del processo in corso davanti al Tribunale Militare di Napoli a carico dell’ex comandante della stazione dei carabinieri della stazione di Capaci (Palermo) Paolo Conigliaro. Conigliaro indagava su un centro commerciale da realizzare nel Comune palermitano, ma, dapprima si è visto spossessato dell’indagine, mandata velocemente in archivio dalla Procura di Palermo e poi trasferito dal comando della stazione, ed infine a finire sotto processo è stato lui. Indagato per diffamazione, a seguito di querela presentata da altri militari dell’arma, politici in carriera proprio a Capaci, e che erano finiti citati nelle informative del luogotenente Conigliaro, è stato prosciolto dalla Procura di Palermo, la magistratura militare lo ha invece mandato sotto processo. Un processo che va avanti da qualche tempo e dal quale sono emerse stranezze forse non adeguatamente valutate dalla stessa Procura militare: è il caso di alcune chat tratte da whatsapp prodotte dalle presunte parti lese, che ad una prima valutazione della difesa di Conigliaro sono apparse parecchio artefatte. Un processo attorno al quale sono emersi altri particolari. Come una proposta di scioglimento del Comune di Capaci (relativa all’amministrazione precedente all’attuale) che è misteriosamente sparita negli uffici del comando provinciale dei Carabinieri di Palermo, mai trasmessa alla Prefettura. Proposta di scioglimento legata anche alla modifica della destinazione d’uso dell’area dove imprenditori vicini ad Antonello Montante avevano presentato il progetto per la realizzazione di un centro commerciale. Ed è di questi giorni la testimonianza resa dall’ex commissario Irsap, Alfonso Cicero, sentito in uno dei processi scaturiti dal cosiddetto caso Montante (il presidente di Sicindustria Sicilia incastrato dai pm di Caltanissetta per l’antimafia farlocca praticata e per il giro di affari realizzato attraverso essa), che ha parlato di contatti tra il cerchio magico di Montante con investigatori anche parecchio qualificati. E’ probabilmente dentro questa rete di rapporti che sarebbe stato deciso di fermare le indagini del luogotenente Paolo Conigliaro sul sistema affaristico criminale concentratosi sul Comune di Capaci. Uno degli imprenditori indicati da Cicero ad avere contatti ravvicinati proprio con alti ufficiali dell’Arma, era Massimo Romano, finito sotto indagine con Montante Romano era proprio l’imprenditore che partecipava alla cordata che doveva costruire il centro commerciale a Capaci. Dal processo in corso, attraverso il deposito di alcuni atti, stanno venendo retroscena incredibili e incredibilmente tenuti segreti da alti ufficiali dell’Arma. Per esempio, chi oggi ha querelato Conigliaro, si è dimostrato consapevole delle indagini che Conigliaro stava conducendo e che non potevano essere note. “Questo – ha sostenuto il presidente dell’Antimafia Nicola Morra – è un processo che fa luce sull’importanza del sistema Montante. La mia presenza oggi qui è funzionale alla richiesta che fa la presidenza della Commissione Antimafia di maggiore attenzione su questa singolare vicenda. Il caso Conigliaro è legato al caso Montante, che è un caso di cui l’informazione italiana non si occupa sufficientemente e sul quale invece bisognerebbe tornare insistentemente perché quando si scopre che un ex direttore della Dia in qualche modo era coinvolto in questa trama la questione diventa un pochino scottante. E purtroppo non c’era solo lui ma tanti e tanti personaggi che hanno tuttora ruoli importantissimi nelle nostre istituzioni che dovrebbero garantire rispetto delle regole istituzionali”. Proprio nell’udienza di ieri sarebbero emersi i contorni di alcuni “patti” stretti in ambienti del comando Carabinieri di Palermo, proprio per danneggiare la figura del luogotenente Conigliaro. Lo spaccato che emerge assume sempre più contorni simili a quelle vicende raccontate dallo scrittore Leonardo Sciascia ne “Il giorno della civetta”. Nella realtà è Conigliaro ad aver subito quella defenestrazione capitata nel romanzo di Sciascia dal capitano Bellodi, sostituito al comando dopo aver arrestato il capo mafia del paese dove è ambientato il racconto. “Noto che “Il Domani” – ha evidenziato Morra – a firma di Attilio Bolzoni, torna spesso su tali questioni. Noto che pero’ accanto ad Attilio Bolzoni sono pochi i cronisti di giudiziaria e anche di politica criminale impegnati a far emergere queste verità. Tuttavia non sono passati cinquanta anni, ma solo pochissimi anni, e forse sarebbe il caso di continuare perché’ alcuni procedimenti sono in corso”. Quanto al procedimento per diffamazione militare che vede coinvolto Conigliaro, Morra ha evidenziato che “si tratta di un dibattimento importante, anche considerando quanto ribadito da altri soggetti tutto rinvia a una questione che il Paese deve ancora affrontare a tutto tondo, la questione del sistema Montante”.