Processo contro i presunti falsi testi del delitto Rostagno: ieri le prime arringhe, il giornalista Vassallo parla in aula
Una Procura attenta quella di Trapani sulle intercettazioni, oggi diventato un tema caldo e forse anche mal posto in questi giorni in cui è esploso il caso dei giornalisti e degli avvocati ascoltati dagli investigatori (in maniera legittima, per i provvedimenti assunti dal gip) per l’inchiesta Ong. Ieri, nel corso dell’udienza del processo dove sono imputati dieci presunti falsi testi a suo tempo ascoltati dalla Corte di Assise di Trapani per l’omicidio del giornalista e sociologo Mauro Rostagno (processo frattanto conclusosi in via definitiva con la condanna all’ergastolo del capo mafia di Trapani Vincenzo Virga), il pm Sara Morri ha fatto presente al giudice monocratico Roberta Nodari e alle parti che per errore nel supporto informatico dove sono state riportate le trascrizioni di alcune intercettazioni, erano presenti le trascrizioni dei colloqui tra indagati e propri difensori e ha quindi chiesto al giudice di riconvocare il perito per produrre un nuovo supporto informatico che ne fosse privo. La trascrizione si è appurato è stata fatta dal perito senza che quei file fossero stati indicati. All’epoca dell’avvio delle indagini sui presunti falsi testi, la Procura infatti aveva proceduto a convocare gli indagati per interrogarli e contemporaneamente chiese e ottenne dal gip di disporre le intercettazioni sulle rispettive utenze telefoniche. Sono così finiti intercettati anche colloqui tra indagati e difensori. Trascrizioni che il pm Morri si è ritrovata e alla prima udienza utile ne ha quindi chiesto la immediata rimozione. Il 21 aprile quindi in aula tornerà il perito per consegnare al giudice e alle parti un nuovo supporto informatico contenente la trascrizione di quelle intercettazioni ritenute indispensabili. La questione posta però ha visto solo un difensore opporsi. L’avvocato Giuseppe De Luca, difensore del luogotenente dei Carabinieri Beniamino Cannas, tra i dieci imputati, ha invece chiesto di far restare trascritte quelle intercettazioni, ritenendole indispensabili alla difesa, sebbene la norma vieti di intercettare e qualora accada incidentalmente, trascrivere i colloqui tra indagato e difensore. Una questione che mai si è verificata e sulla quale il giudice Nodari si è riservata di decidere. Fuori dalle trascrizioni invece già tutte le altre che per la verità non sono molte e toccano la posizione del giornalista Salvatore Vassallo, anche lui tra i dieci imputati e che all’epoca del delitto Rostagno lavorava con lui presso l’emittente televisiva locale Rtc. E l’udienza di ieri è stata caratterizzata dalle dichiarazioni spontanee di Vassallo, per il quale il pm ha chiesto tre anni. Vassallo è imputato per non aver voluto indicare alla Corte di Assise, a quale investigatore si rivolse dopo aver ricevuto da un impiegato di banca, Ignazio Placenza, la notizia che Rostagno sarebbe stato presto eliminato. La frase esatta: “Rostagno è segnato e verrà spento entro il mese successivo”. Un colloquio avvenuto nei giorni successivi ad una delle tante inchieste giornalistiche del Rostagno, in particolare un’inchiesta sul Comune di Trapani intitolata “ Il Comune e i 40 ladroni”. Il pm Morri nella requisitoria aveva anche indicato il contenuto di un colloquio tra Vassallo e la figlia, avvenuto subito dopo quel’ interrogatorio per il quale era stato convocato in Procura a Trapani, durante il quale Vassallo disse che sapeva delle cose ma che non poteva dirle. “Ho sempre sostenuto – ha detto ieri Vassallo – che Rostagno era stato ucciso da Cosa nostra e lo andai a dire subito dopo il delitto quando venni sentito dalla Squadra Mobile. Da allora in poi non sono stato mai più sentito se non durante il processo in Corte di Assise ( che si è svolto 23 anni dopo il delitto ndr) e confermo ancora oggi di non ricordare a quale investigatore della pg andai a dire la circostanza di quel colloquio che mi suscitò preoccupazione perché si trattava di una persona imparentata con un mafioso di Buseto Palizzolo. Il paese del boss Vincenzo Virga. Nostri pg di riferimento – ha proseguito – erano Voza della Finanza, Cannas dei Carabinieri e Guzzi della Polizia. Se avessi voluto uscirmene tranquillo avrei potuto fare il nome di Guzzi che è scomparso e quindi non potevo incorrere in smentite, ma ho voluto dire la verità e cioè di non ricordarmi con chi parlai”. A proposito poi di quella frase detta alla figlia, Vassallo ha spiegato: “In tanti anni mi sono fatto una idea precisa e cioè dell’esistenza di depistaggi ma non ho le prove, questo intendevo dire a proposito di sapere delle cose ma di non poterle dire”. A discutere la posizione di Vassallo è stato il suo difensore Salvatore Longo che ha a lungo argomentato facendo riferimento anche alle dichiarazioni spontanee del suo assistito ed ha chiesto una sentenza di assoluzione. A seguire ha discusso l’avvocato Giuseppe De Luca, difensore del luogotenente Cannas. Per Cannas il pm ha chiesto la dichiarazione di prescrizione, ma evidenziò che certamente gli elementi raccolti se non ci fosse stata l’intervenuta prescrizione avrebbero portato a una richiesta di condanna. De Luca non ha rinunciato alla prescrizione ma ha chiesto al giudice di pronunciare una assoluzione. Cannas secondo i familiari di Rostagno, la compagna Chicca e la sorella Carla, avrebbe detto in settimane precedenti al delitto, che Rostagno aveva avuto concesso un mese di vita in più. Frase in particolare che secondo i giudici fu riferita da Cannas al giornalista Alberto Cavallone della trasmissione Telefono Giallo di Corrado Augias. Cannas ha sempre negato. Augias ascoltato in Corte di Assise ha detto che Cavallone (scomparso da qualche tempo) non gli disse mai che un maresciallo dei carabinieri gli aveva fatto questa confidenza: “Se fosse stato vero – ha evidenziato De Luca – per quella trasmissione certamente la cosa sarebbe stata uno scoop e Cavallone l’avrebbe riferita ad Augias”. La frase poi emerge anche da un racconto dello stesso Rostagno fatto all’indomani di un colloquio che avrebbe avuto col boss mafioso di Campobello di Mazara Natale L’Ala: “Ma Rostagno non incontrò mai L’Ala (ucciso nel 1990 ndr) – ha ancora detto De Luca – e questo in Corte di Assise è venuto a dircelo la sua compagna, Giacoma Filippello”. “Le intercettazioni – ci ha detto l’avv. De Luca – sono un evidente prova della non colpevolezza del mio assistito, ci sono colloqui importanti dove ricostruisce i fatti parlando anche con suoi familiari dimostrando che quella frase lui non l’ha mai detta ne di averla mai saputa come detta da altri”. Ha depositato invece una procura speciale con la quale rinuncia alla prescrizione un altro imputato, il luogotenente della Guardia di Finanza Angelo Voza. Il pm Morri aveva chiesto per lui l’assoluzione, richiesta alla quale si è accodato il difensore di Voza, l’avv. Andrea Magaddino, discutendo anche lui ieri dinanzi al giudice Nodari. Ma Voza ha voluto mettere per iscritto la rinuncia alla prescrizione per ottenere una assoluzione piena, come ha spiegato il suo difensore. Voza è stato uno degli investigatori di punta della pg in quegli anni in cui a Trapani si sosteneva l’inesistenza della mafia. E’ stato tra l’altro tra gli investigatori scelti dal pm Carlo Palermo quando arrivò a Trapani nel 1985. Voza fu anche firmatario del rapporto investigativo che portò al processo per la massoneria segreta Iside 2 di Trapani, scoperta nel 1986. Conosceva bene Rostagno e Voza ha sollecitato alla parte civile la sua citazione nel processo in Corte di Assise per venire a raccontare di quando fu testimone delle minacce rivolte a Rostagno da parte del capo mafia di Mazara Mariano Agate. Tutto si aspettava fuorché vedersi finire tra i presunti falsi testi, per quella circostanza che vede coinvolto il giornalista Vassallo. Secondo i giudici se Voza non ha taciuto sulle minacce di Agate, lo avrebbe fatto non dicendo che Rostagno si era rivolto a lui per riferire delle minacce indirette di Placenza raccolte da Vassallo. “L’odierno processo -ha sostenuto l’avv. Magaddino – ha dimostrato che non esiste alcun elemento idoneo a dimostrare che il Voza potesse essere a conoscenza delle minacce proferite dal Piacenza all’indirizzo di Rostagno e che, di conseguenza, la testimonianza fornita alla Corte di Assise di Trapani possa qualificarsi come falsa o reticente”. Accorata la difesa di Magaddino: “La contestazione mossa al Voza rischia di macchiare come un’onta indelebile, da un lato la sua immagine pubblica, prima contraddistinta dall’appartenenza alla Guardia di Finanza e da una carriera costellata da anni di successi nella lotta alla criminalità organizzata e, dall’altro, di minarne la sfera degli affetti e il ricordo di un leale rapporto che per anni lo ha legato a Mauro Rostagno”. In verità anche il giudizio della Corte di Assise era stato lusinghero, qualificandolo come “uno dei militari della Guardia di Finanza più impegnati nelle indagini successive alla perquisizione del Centro Scontrino”. Il legale ha ricordato che gli indagati del processo Iside 2 parlavano di Voza indicandolo ,come uno che “aveva rotto le scatole”. Insomma una persona dalla quale è difficile e improbabile attendersi una falsa testimonianza. Il 21 aprile si terrà l’udienza per cancellare le trascrizioni delle intercettazioni indicate dal pm Morri, il 27 maggio discuteranno gli altri difensori e in questa stessa giornata è prevista la sentenza.