PALERMO. Tornano in libertà Letizia Di Liberti, dirigente della Regione siciliana, Salvatore Cusimano, funzionario dell’assessorato regionale alla Salute, e Emilio Madonia, il dipendente di una società che si occupa della gestione informatica dei dati, indagati nell’ambito di una inchiesta sui dati falsi sull’andamento della pandemia comunicati all’Istituto superiore di sanità.
Il gip di Palermo, che dopo il trasferimento dell’indagine da Trapani al capoluogo era chiamato a decidere sulla rinnovazione della misura cautelare ha revocato per tutti gli arresti domiciliari. A Di Liberti e Cusimano è stata imposta la sospensione dal servizio.
E’ il secondo colpo di scena in una inchiesta che ha destato molto clamore. Il fascicolo, aperto a Trapani perché l’indagine nasce da accertamenti in un laboratorio di analisi della provincia, è passato a Palermo nei giorni scorsi.
La Procura del capoluogo, però, ha eliminato dalle contestazioni fatte agli indagati la parte relativa alle false dichiarazioni sui decessi. Nella ricostruzione originaria dell’accusa , fatta dai pm trapanesi, dall’assessorato siciliano sarebbero stati dichiarati meno morti e meno positivi al virus per evitare che l’isola finisse in zona rossa.
Ma la valutazione della Procura di Palermo è stata diversa: il numero dei decessi, infatti, non incide in alcun modo nella decisione che colloca i territori in una fascia di colore invece che in un’altra. L’accusa, dunque, andava riformulata.
Sentita nei giorni scorsi la dirigente si è difesa sostenendo che proprio dall’assessorato sarebbe arrivato il “suggerimento” all’Istituto di Sanità di inserire la Sicilia tra le zone a rischio in quanto, nonostante i dati non fossero ancora tali da richiedere una scelta immediata in tal senso, il trend era molto preoccupante. Circostanza che, a suo dire, la scagionerebbe dall’accusa di aver dato numeri falsi per evitare il “rosso”. L’inchiesta, che ha portato ai domiciliari la dirigente, riguarda anche l’ex assessore alla Salute Ruggero Razza che si è dimesso dopo l’avviso di garanzia.
“La Procura di Palermo – dice l’avvocato Paolo Starvaggi, legale assieme a Fabrizio Biondo della Di Liberti – ha recepito solo in parte l’ipotesi accusatoria della Procura di Trapani e, anche alla luce, degli ulteriori accertamenti effettuati, ha formulato solo 7 dei 36 precedenti capi d’imputazione, stralciando i capi 1 e 10 e tutti quelli riguardanti la falsificazione dei bollettini giornalieri. Il quadro accusatorio è fortemente ridimensionato”.
“In buona sostanza – spiega – è rimasta in piedi l’accusa per concorso in falsità ideologica e falsità materiale. I pubblici ministeri, nella richiesta al gip, della sola misura cautelare dell’interdizione dai pubblici uffici, per Di Liberti, Madonia e Cusimano, hanno chiarito che ‘rispetto alle contestazioni avanzate davanti al giudice di Trapani questo ufficio non contesta, allo stato, la falsificazione indotta dei bollettini giornalieri che le indagini fino a questo momento svolte hanno dimostrato avere una funzione di tipo solo divulgativo, non potendo pertanto essere considerati atti pubblici”.