La decisione è del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana. La nave della Ong tedesca quattro giorni fa ha sbarcato 456 migranti salvati in mare
«Speriamo che le autorità non ci impediscano di ripartire verso il Mediterraneo centrale con le assurde accuse a cui ci hanno abituati». Così twittava ieri pomeriggio la Ong tedesca Sea Watch, a proposito di una delle sue due navi umanitarie, la Sea Watch 4, attualmente davanti al porto di Trapani dopo avere, quattro giorni fa, sbarcato 456 migranti salvati in mare con sei diverse operazioni di soccorso e avere assistito, documentandole, a tre operazioni della Guardia costiera libica con cui altrettanti gommoni carichi di migranti sono stati riportati indietro, con le buone e anche con le cattive.
Si attendeva il solito «Post State control» della Guardia costiera, l’equipaggio della Sea Watch 4, che sarebbe arrivato quasi certamente al termine della quarantena. Operazione che di solito porta a un fermo amministrativo della nave. Questo temeva ieri la Ong, ma non poteva immaginare che il fermo amministrativo di fatto c’è già: ripristinato quello di sei mesi che, da settembre 2020 a marzo di quest’anno, aveva tenuto ferma la nave a Palermo. La decisione è del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana – l’organismo giudiziario che in Sicilia sostituisce il Consiglio di Stato in virtù dello Statuto autonomistico – riformando la decisione che il Tar per la Sicilia aveva emesso due mesi fa accogliendo la domanda di sospensione del provvedimento di fermo richiesto dalla Ong.
Dunque la Sea Watch 4 si deve nuovamente fermare e per le medesime motivazioni per le quali a settembre dello scorso anno la Guardia costiera italiana aveva emesso il fermo amministrativo. Nell’ordinanza collegiale del Consiglio di giustizia amministrativa è scritto che «in assenza di specifiche prescrizioni sulle caratteristiche tecniche delle unità di salvataggio, il servizio di pattugliamento, ricerca e soccorso in mare deve avvenire in condizioni di sicurezza per le stesse persone soccorse, per l’equipaggio (riguardo, tra l’altro, alla sufficienza dei servizi igienici e ad adeguate turnazioni del personale), per la navigazione, per l’ambiente; condizioni che allo stato non sono riscontrabili a bordo». L’ordinanza lascia comunque uno spiraglio, affermando che il fermo decadrebbe nel caso in cui la Ong apportasse modifiche alla nave, adeguandosi «alle prescrizioni dettate dall’amministrazione o modulando il servizio alle condizioni strutturali della nave».
«Ne prendiamo atto – dice la portavoce di Sea Watch, Giorgia Linardi – fermo restando che per noi la partita vera si gioca a livello della Corte europea. Rileviamo comunque come prosegua l’accanimento della Guardia costiera nei confronti delle Ong».
Fonte lastampa.it