L’obiettivo è quello di sensibilizzare il governo affinché riconosca il ruolo di chi ogni giorno informa i cittadini. I giornalisti consegneranno ai prefetti un documento unitario
Per la dignità del lavoro, per la tutela degli enti della categoria, per la difesa della previdenza dei giornalisti del loro Istituto, l’Inpgi, per il diritto dei cittadini a ricevere una informazione completa e plurale. Dopo la manifestazione di Roma, lo scorso 20 maggio, i giornalisti italiani tornano a mobilitarsi nei capoluoghi di regione con presidi e flash mob e con la consegna ai prefetti del documento con le rivendicazioni per il futuro dell’informazione nel nostro Paese.
Prima tappa sabato 29 maggio, a Bologna, con la manifestazione organizzata in piazza Maggiore dall’Aser. Ospiti del presidente dell’Assostampa, Matteo Naccari, e del presidente della Commissione nazionale lavoro autonomo, Mattia Motta, il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, e alcuni giornalisti precari insultati e minacciati durante lo svolgimento del loro lavoro.
Il primo giugno manifestazioni in contemporanea nei capoluoghi di regione, con la partecipazione in numerose città dei sindacati confederali al fianco dei giornalisti.
A Roma il presidio si terrà in piazza Santi Apostoli, di fronte alla prefettura, dalle 11 alle 13. Prevista la partecipazione del segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso.
Il presidente Giuseppe Giulietti sarà invece in piazza a Verona, dove si riunirà in sessione straordinaria il Consiglio direttivo del Sindacato giornalisti Veneto.
Ad Aosta il presidio si terrà in piazza Chanoux a partire dalle 11.30. Alle 12 incontro con il presidente della Regione, Erik Lavevaz, che riveste anche le funzioni di prefetto.
Il Consiglio direttivo dell’Assostampa Puglia si riunirà, con la partecipazione di consiglieri dell’Ordine regionale e dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil pugliesi, in piazza della Libertà, a Bari, sempre alle 11. Al termine del sit-in, una delegazione di giornalisti sarà ricevuta dalla prefetta Antonia Bellomo.
A Firenze i giornalisti toscani si mobiliteranno davanti alla prefettura e al Consiglio regionale, in via Cavour, alle 11. Prevista la presenza dei presidenti della Giunta e del Consiglio regionali e del sindaco.
Alle 16 le giornaliste e i giornalisti liguri daranno vita ad un presidio sotto la sede della prefettura di Genova. Con loro i rappresentanti della Cgil regionale per i quali riconoscere ruolo e dignità degli operatore dell’informazione «è importante sempre, ma diventa un principio non più derogabile nell’attuale contesto sociale in cui la quantità di informazione spesso surclassa la qualità», con «crisi editoriali e precariato diffuso che continuano a falcidiare un settore strategico, del quale però – scrivono in un nota – la democrazia non può fare a meno». E la Uil Liguria «si unisce alle richieste dei giornalisti», rende noto il segretario generale Mario Ghini. In piazza anche la Cisl regionale.
A Milano giornalisti in piazza, alle 11, davanti alla prefettura per un flash mob al termine del quale, come nelle altre città d’Italia, una delegazione incontrerà i rappresentati delle istituzioni per consegnare il documento unitario con le rivendicazioni della categoria.
A Napoli flash mob del Sindacato unitario giornalisti Campania alle 11 in piazza del Plebiscito.
Davanti alla prefettura, a Palermo, si ritroveranno, dalle 10.30 alle 12, anche i giornalisti siciliani.
A Perugia, l’Associazione Stampa Umbra invita i giornalisti a unirsi all’iniziativa che si terrà alle 11in piazza Italia, davanti alla prefettura, con l’adesione dell’Ordine dei giornalisti dell’Umbria.
Il presidio del Sindacato Giornalisti Abruzzesi si svolgerà a Pescara, in piazza Italia, con inizio alle 11.
Anche a Potenza, flash mob del sindacato, con l’adesione dell’Ordine regionale dei giornalisti, alle 11 davanti alla prefettura per chiedere di difendere la libertà di stampa, il pluralismo dell’informazione, il diritto dei cittadini ad essere informati.
A Torino il presidio sarà preludio di una manifestazione in programma il 19 giugno con i parlamentari piemontesi.
A Trento l’appuntamento è alle 9.30 nella corte interna di Palazzo Roccabruna dove si riuniranno i Consigli direttivi di sindacato, Ordine dei giornalisti e Articolo21 regionali, con il Cdr del Trentino. Interverranno anche i segretari provinciali di Cgil Andrea Grosselli, Cisl Michele Bezzi, Uil Walter Alotti. Attesi anche il prefetto Sandro Lombardi, il presidente PAT Maurizio Fugatti.
A Trieste Assostampa Fvg, Ordine regionale dei giornalisti e Articolo 21 Fvg consegneranno al prefetto un documento sul gravissimo stato di crisi e le richieste per il futuro dell’informazione nel nostro Paese.
Fra le adesioni alla mobilitazione anche quella dell’Ucsi, l’Unione cattolica stampa italiana.
Le piazze saranno collegate via Zoom e la diretta della manifestazione sarà trasmessa sulla pagina Facebook della Fnsi. Hashtag della giornata: #UnFuturoPerLInformazione.
Il documento che sarà consegnato ai prefetti.
Un patto con le Istituzioni per il futuro dell’informazione
Il dovere di informare, il diritto di essere informati in maniera corretta e pluralistica devono restare i pilastri di valore del mondo giornalistico. Ma nella nuova Italia che nascerà dall’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) c’è posto per l’informazione intesa come attuazione dell’articolo 21 della Costituzione? È questo il tema della mobilitazione dei giornalisti che stanno manifestando per la dignità, il lavoro, la libertà della stampa, insieme alla salvaguardia del proprio istituto di previdenza, l’Inpgi. Il settore da oltre un decennio sta soffrendo difficoltà strutturali solo in parte dovute alla trasformazione del modello produttivo: tra il 2013 e il 2020 sono andati perduti oltre 3 mila posti di lavoro, pari a quasi il 17% del totale. Un’emorragia occupazionale che non ha eguali. E se non bastassero il ricatto occupazionale e lo sfruttamento lavorativo, i cronisti sono limitati nel loro mestiere anche dalla minaccia delle querele bavaglio e del carcere per il reato di diffamazione. Il Parlamento può fare qualcosa? Sì, adottare alcuni provvedimenti che non hanno alcun impatto sul bilancio dello Stato, ma che ne hanno uno fortissimo sulla democrazia e sulla libertà di stampa: – rilancio dell’occupazione: occorrono incentivi a carico del sistema generale per favorire le assunzioni; – modifica dell’attuale normativa sui prepensionamenti: bisogna prevedere l’obbligo di un’assunzione di un giovane giornalista o la stabilizzazione di un collaboratore di lungo corso per ogni uscita anticipata; – riforma della legge di sistema dell’editoria; – legge sull’equo compenso 233/ 2012, che non è mai stata attuata. È necessario rideterminare una soglia minima dignitosa di pagamento in un mercato del lavoro che oggi, invece, vede articoli pagati sette, cinque o addirittura un euro; – abolizione del cococo, il collaboratore coordinato e continuativo, che è una figura impiegata in maniera massiccia nel settore editoriale e maschera lo sfruttamento selvaggio di quelli che sono ormai i “braccianti” o “rider” dell’informazione, giornalisti che svolgono lo stesso lavoro dei dipendenti ma senza tutele. La norma era stata inserita nel Milleproroghe del 2019 e affossata all’ultimo miglio; – riforma della Rai: si invoca il varo di una legge che sottragga la governance ai governi in carica, restituendo all’azienda il ruolo di servizio pubblico che sta alla base della sua attività; – riforma del sistema delle provvidenze pubbliche: cooperative, minoranze, emittenza radio tv locale. Non servono più i contributi a pioggia, vanno premiate solo le aziende che fanno buona informazione e danno occupazione regolare; – querele bavaglio, diventate ormai una vera emergenza democratica: se si vuole impedire a un giornalista di fare il proprio mestiere basta fargli pervenire una richiesta di risarcimento milionario. La proposta di legge – in un unico articolo – è ferma in Senato; – norma per l’abolizione del carcere per i cronisti. Anche questa la proposta di legge giace in Senato: nel giugno del 2020 l’allora presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, ora ministra della Giustizia, ha firmato un’ordinanza che dava un anno di tempo al Parlamento per intervenire sulla pena detentiva: manca un mese e nulla ancora è stato fatto.