Secondo la relazione sul secondo semestre 2020, al latitante i capimafia della provincia “riconoscono unanimemente l’ultima parola sull’investitura o sulla revoca di cariche di vertice all’interno dell’associazione”
Matteo Messina Denaro avrebbe mantenuto attive le comunicazioni con i capi delle famiglie agrigentine e un ruolo di rilievo per le decisioni strategiche”. E’ quanto emerge dalla relazione della Dia, che è coordinata dal vice questore Robero Cilona, per il secondo semestre 2020 sulla provincia di Agrigento. Secondo la relazione, al latitante i capimafia della provincia “riconoscono unanimemente l’ultima parola sull’investitura o sulla revoca di cariche di vertice all’interno dell’associazione. Il boss castelvetranese sarebbe quindi a tutt’oggi in grado di assumere decisioni delicatissime per gli equilibri di potere in cosa nostra, nonostante la sua eccezionale capacità di eclissamento e invisibilità”.
Provincia divisa fra Cosa Nostra e Stiddra
La provincia di Agrigento appare caratterizzata “dalla pervasiva presenza sia di Cosa nostra sia, in specifiche aree, della stidda. Su alcune porzioni del territorio provinciale opererebbero in ossequio alle tipiche logiche mafiose anche altri gruppi a base familiare quali i ‘paracchi’ e le ‘famigghiedde’. Sodalizi questi ultimi che risultano ricercare forme di intesa o di cooperazione subalterna con le consorterie appartenenti a Cosa Nostra e alla Stidda”. Emerge sempre dalla relazione della Dia per il secondo semestre 2020 sulla provincia di Agrigento. Cosa Nostra agrigentina rimane “un’organizzazione verticistica e rispettosa delle tradizionali regole” con collegamenti con le famiglie catanesi, nissene, palermitane e trapanesi, “non disdegnando rapporti con realtà criminali oltre lo Stretto”. Sette i mandamenti (Belice, Burgio, Santa Elisabetta, Cianciana, Canicattì, Agrigento, Palma di Montechiaro) che la compongono all’interno dei quali operano 42 famiglie. “Un numero di articolazioni – evidenzia la Dia – particolarmente elevato in relazione alla limitata vastità del territorio e soprattutto considerando che anche la stidda continua a registrare un ruolo di rilievo in alcune porzioni della provincia”.
Gli agrigentini si rivolgono a Cosa Nostra per risolvere i problemi
Una “capillare pressione mafiosa” che “condiziona lo sviluppo economico depauperando il tessuto sociale e produttivo” e un “pervasivo condizionamento sociale” evidenziato dalla “inclinazione verosimile dei cittadini a rivolgersi all’organizzazione mafiosa per la risoluzione di problematiche private”. E’ questa la fotografia della provincia di Agrigento scattata nella relazione della Dia. Lo stesso capoluogo, Agrigento, si legge nella relazione, “versa in una situazione critica evidenziando carenze infrastrutturali e organizzative dovute alla ‘parassitizzazione’ dell’imprenditoria e del commercio da parte delle consorterie”. Una condizione evidenziata anche dal prefetto di Agrigento, Maria Rita Cocciufa, secondo cui “la povertà culturale, non disgiunta da quella economica, determina una situazione di arretratezza nella quale continuano a proliferare le regole dettate dalla criminalità organizzata”. Per quanto riguarda l’inclinazione dei cittadini a rivolgersi a Cosa Nostra per la soluzione di questioni private, “emblematico” è il caso dell’arresto di tre persone (10 settembre 2020) per l’omicidio di un imprenditore reo di aver importunato alcune donne sposate tra cui la nuora. “Il mandante dell’assassinio sarebbe stato il figlio che per risolvere la questione si era rivolto a Cosa Nostra”.
Fonte agrigentonotizie