Operazione “Oro Bianco”: tutti i nomi degli indagati. Le intercettazioni
Il blitz di ieri notte, condotto dai poliziotti della Squadra Mobile e del Commissariato di Alcamo, ha visto l’arresto di otto persone. Ordine di custodia in carcere per Giuseppe Di Giovanni, 37 anni, già detenuto per scontare una condanna per mafia a quattro anni e otto mesi (arrestato nel 2017 blitz antimafia Freezer), soprannominato “testa pazza”, Francesco Di Giovanni, papà di Giuseppe, 66 anni, e Giuseppe Vilardi, 54 anni. Quest’ultimo il dominus dopo l’arresto del Di Giovanni e che aveva messo all’opera il suo intero nucleo familiare, genero compreso. Ai domiciliari ma col braccialetto elettronico: Gioacchino Guida, 44, Antonino Vilardi, 29, figlio di Giuseppe, Daniele Mascali, 29, Salvatore Regina, 42, Giuseppe Scarpulla. 49. Gli altri indagati raggiunti dal solo provvedimento di perquisizione: Vincenzo Aceste, 48, Federico Baglio, 27, genero di Giuseppe Vilardi, Gina Bertolino, 48, moglie di Giuseppe Vilardi, Francesco Camarda, 43, Giuseppe Cottone, 28, Filippo D’Arrigo, 37, Emilio Petralito, 22, Gioacchino Pocorobba, 49, Nicolò Rocca, 61, Giovanna Scozzari, 50, Maria Naomi Vilardi, 26, figlia di Giuseppe Vilardi, Vincenzo Savallo, 29. In totale sono 39 i capi di imputazione. Nelle circa duecento pagine dell’ordinanza firmata dal gip Filippo Serio sono descritte in maniera minuziosa le attività di traffico e di spaccio di droga con le quali il clan, dapprima capeggiato dal mafioso Giuseppe Di Giovanni e poi passato nelle mani di Francesco Di Giovanni e Giuseppe Vilardi, ha spadroneggiato tra Alcamo e Partinico in un ampio arco temporale dal 2017 sino all’arresto di 24 ore addietro. La droga , cocaina in particolare, chiamata in codice “bomboniera”, venduta a dose tra i 70 e gli 80 euro, arrivava da Latina e da narcotrafficanti che operano nel centro Italia. Una indagine importante, seguita dalle pm Alessia Sinatra, Procura distrettuale di Palermo, e Francesca Urbani, della Procura di Trapani, che ha scardinato uno dei più grossi centri nevralgici dello spaccio e del traffico di droga nel trapanese. Ingenti i quantitativi di droga che la Polizia è riuscita a intercettare a cominciare dai tredici chili trovati in possesso a Giuseppe Di Giovanni quando fu arrestato il 21 febbraio 2017 nel corso del blitz antimafia “Freezer”. Di Giovanni quando fu arrestato era in una casa di Alcamo Marina intestata a Giuseppe Vilardi, questi si premurò di presentarsi in commissariato dopo il blitz della Polizia, per dire che lui con la droga non aveva nulla a che fare e che aveva dato le chiavi di casa a Di Giovanni, dopo che questi, così raccontò, aveva litigato col padre e aveva deciso di andare ad abitare altrove. Le microspie della Polizia successivamente lo ascoltarono pavoneggiarsi con altri componenti del clan, convinto di avere raggirato i poliziotti, “quando incontri gli sbirri – così fu ascoltato dire – non fare mai il prepotente devi fare u babbu”. Vilardi era così certo del fatto suo e di aver fatto fessi i poliziotti che durante un colloquio in carcere con la moglie, Gina Bertolino (dopo essere stato arrestato in flagranza mentre spostava in auto 100 grammi di cocaina) la rassicurava che i poliziotti non avevano prove contro di lui per quei 13 chili di droga che erano stati trovati nella casa di Alcamo Marina dove era stato arrestato Di Giovanni. E mentre la moglie gli diceva che lei aveva saputo ben altro dall’avvocato, lui le intimava di non dar peso e anzi di non dire nulla di ciò che sapeva al legale. Per spostare la droga la banda usava lo stratagemma della staffetta, uno di questi a far da guardia sulla strada, Giuseppe Scarpulla che faceva anche da cavia per sondare la qualità della cocaina. Contro Scarpulla, e Giuseppe Vilardi, c’è inoltre l’accusa di aver gestito ben 150 chili di marijuana. Precise istruzioni poi Giuseppe Vilardi era solito impartire al figlio Antonino, quando lui non poteva essere in giro, “qui c’è il telefono, devi rispondere a tutti…basta che ti diano i soldi”. Contatti sono poi emersi con altro soggetto riconosciuto mafioso, il vitese Rosario Tommaso Leo, Giuseppe Vilardi ebbe ordinato dal carcere, da Giuseppe Di Giovanni, di fare una “partnership” proprio con Leo.